La lasagna di Carnevale napoletana, un piatto grasso, ricchissimo, succulento, che negli ultimi anni è diventato ancora più ricco grazie alla possibilità di trovare facilmente gli ingredienti necessari.
Non ci sono dubbi che i piatti italiani di tradizione preferiscono i vini di territorio.
Meglio affidarsi dunque alla sapienza degli antichi, confortata dalla tecnica dei sommelier, per dirigersi verso prodotti del territorio. A Napoli c’è solo l’imbarazzo della scelta perché tutte le doc offrono una comodo e facile possibilità di abbinamento.
Certamente il Gragnano è in pole position grazie all’azione sgrassante del frizzantino che lo rende molto utile anche sulla pizza. Ormai ce ne sono di buonissimi, da Iovine a Pimonte a Ottouve di Salvatore Martusciello a Quarto, e ancora Sannino sul Vesuvio, giusto per citare i più famosi. È anche l’occasione per provare il primo sorso del millesimo 2013.
Per questo piatto servono vini molto freschi, di corpo, tannici. Molto bene anche il Piedirosso, quello che entra della doc Lacryma Christi (Villa Dora, Cantina del Vesuvio, Sorrentino, Cantine Olivella, Territorio dei Matrone, Cantine Matrone, Bosco dei Medici, Michele Romano) appare più indicato per la sua essenzialità e soprattutto per la nota amarognola finale assolutamente necessaria per liberare la bocca dal boccone.
Più delicato quello dei Campi Flegrei (ancora Grotta del Sole, Agnanum, Contrada Salandra, Cantine Astroni, Iovino), magari da spendere su una lasagna dal sugo non troppo elaborato come vuole la tradizione dura e pura.
E nelle altre province? Qui prevale l’Aglianico sicuramente, ma è bene sceglierlo giovane, quando è ancora squilibrato proprio per fargli trovare la giusta compensazione nel piatto. La scelta è davvero sterminata, indichiamo al volo i base di Mastroberardino, Montesole, Donnachiara, D’Antiche Terre, Villa Raiano facilmente reperibili ovunque. Buono anche, per chi ama i gusti più decisi, Buccenere di Giacomo Pastore, il Gioviano della cantina il Cancelliere, Rasott di Boccella
Nel Sannio puntare sul base della Guardiense o della Cantina di Solopaca, oppure sui rossi di Aia dei Colombi, Fontanavecchia, Torre dei Chiusi, Venditti, Ciabrelli, Cautiero, Fattoria La Rivolta.
Infine nel Casertano Falerno di Papa, Moio e Villa Matilde o il Pallagrello Nero di Terre del Principe mentre nel Salernitano l’Aglianico di Rotolo e Bacioilcielo di De Conciliis rispondono alla grande. Come anche il Tintore a Tramonti: Reale, Apicella, San Francesco, Monte di Grazia.
E Ischia? Le fiches tornano al Piedirosso con Pietratorcia, Cenatiempo e D’Ambra.
Insomma: provincia che vai, abbinamento che trovi. E per chi è fuori regione puntare su Gaglioppo in Calabria, Nero di Troia e Negroamaro in Puglia e, ovviamente, su Aglianico del Vulture in Basilicata o Tintilia nel Molise.
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