di Fabio Panci
Parte con questo primo articolo una nuova rubrica, che vi terrà compagnia con cadenza mensile su questo blog, all’interno della quale andrò a degustare vini definibili “nudi e crudi”. Proprio così la mia ricerca sarà destinata, volta per volta, a portare nel bicchiere vini schietti, singolari, a volte anche spigolosi, espressione autentica del territorio e del vignaiolo che li ha prodotti. Lo stesso linguaggio utilizzato sarà diretto, senza filtri, mettendo da parte inutili tecnicismi. Cercando di mettere per iscritto le prime sensazioni, quelle “basiche”, spesso sottovalutate ma indubbiamente rivelatrici del carattere unico ed irriproducibile di un vino.
Bottiglia ospite della prima puntata è il riesling 2010 dell’azienda Ducal. Situata nel cuore della verde Slovenia, precisamente nella val Trenta a pochi km dal confine austriaco, con 5,5 ettari di vigne rigorosamente bio e con produzione massima di 25.000 bottiglie annue.
Vino che presenta un colore “oro medaglia olimpica”, databile ultime edizioni del millennio scorso, proprio per questo non brillantissimo ma con un suo valore trattandosi pur sempre di premio riservato al primo classificato ogni 4 anni. Passando alla parte olfattiva, il primo odore che esce dal calice non lascia spazio a dubbi. Trattasi indiscutibilmente di idrocarburo, come quello che ti entra dal finestrino dell’auto in fila il giorno prima dello sciopero dei benzinai. Poi però si va oltre ed insieme ai miei “amici di degustazione” (tutta gente fidatissima con cui ho condiviso le migliori ma anche le peggiori bevute) parte una girandola di improbabili termini quali: “sento della plastica”, “no fidati è paraffina”, “mi sembra di stare in Alsazia”, “ma non avevamo detto che aveva i sentori tipici della Mosella”, “ a me il riesling piace a prescindere, lo potrebbero fare anche su Marte”, “questi sloveni mi hanno sorpreso come fece Iličič la prima volta che scese in campo con la maglia del Palermo” . Cercando di mettere un freno a questo eccessivo “pindarismo dialettico” passiamo all’assaggio. Qui siamo per una volta tutti d’accordo nel ritrovare “l’effetto benzina”, poi riparte la ruota dei descrittori: miele, grappa alla mela verde, leggera affumicatura e come ultimo ricordo gustativo il cedro(sarà il mio forte background siciliano ma l’ho avverto davvero netto). Poi finalmente arriva una scarica di acidità, fondamentale per rendere il vino vibrante, grintoso ma allo stesso tempo elegante. Insomma andando in ambito tennistico lo definirei un mix perfetto tra la fisicità di Monfils e il rovescio sublime di Gasquet tanto per intenderci.
***Un ringraziamento particolare a Enrico e Marco per aver ospitato il sottoscritto e la sua “brigata di malati enofili” presso lo spazio Tuscanative (www.tuscanative.com) di Arezzo.
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