di Fabio Panci
Rieccoci qua a degustare, per la seconda puntata della rubrica “vini nudi e crudi”, una piccola gemma scovata nella mitica terra della Champagne. Ci troviamo precisamente a Bouzy, a 25 km da Reims, a 20 km da Epernay a 25 km da Chalons en Champagne (coordinate geografiche prese direttamente dal sito del produttore, nel caso vogliate farne una tappa del prossimo giro enoico francese). Sulla Montagna di Reims, il villaggio di Bouzy ha ricevuto la status di “Gran Cru” nel 1895 e solo da alcuni anni (colpevolmente) è stato scoperto dal sottoscritto, non potendo più fare a meno degli champagne provenienti da questa zona che definirei: “belli e accessibili”.
Nella fattispecie la degustazione “nuda e cruda” ha visto come protagonista la versione brut réserve Delavenne Pére & Fils, con uvaggio composto da Pinot Noir al 60% e Chardonnay al 40% frutto di due raccolti in due anni diversi. I proprietari recoltants-manipulants (elaborano e commercializzano i propri champagne, utilizzando solo vigneti di proprietà) ormai da generazioni, producono un numero limitato di bottiglie dal rapporto qualità/prezzo davvero super, anzi dire al limite dell’imbarazzante confrontandolo con “bollicine italiane” provenienti anche dalle zone più vocate dello stivale.
Premetto che la degustazione di questo champagne è avvenuta all’interno di un’interessante serata, organizzata dagli amici dello Store Tuscanative di Arezzo, tutta all’insegna del “metodo classico”. Insieme ad un bel gruppo di appassionati abbiamo messo a confronto Italia e Francia (con un’intrusa eccellente quale la Sant Lamvinus, una delle favolose birre di Cantillon), da sempre storiche rivali ed ahimè il verdetto è stato a favore dei nostri cugini d’oltralpe.
Proprio tra le file dei “galletti” ho apprezzato moltissimo il brut réserve di Delavenne, spiazzante nella sua facilità di beva e di “comprensione” per tutto il tavolo dei commensali. Essendo le bottiglie tutte rigorosamente bendate, il primo indizio non poteva essere individuato se non tramite l’esame olfattivo ed il responso è stato all’unanimità “siamo nella Champagne”. Troppo evidente il sentore di gesso, stile “Juri Chechi prima di iniziare il suo esercizio agli anelli”, la finezza e l’eleganza che uscivano dal bicchiere come due nobildonne parigine ad una première dell’Opéra National de Paris.
Passando alla parte gustativa, ancora conferme di essere nella terra di Madame de Pompadour (tanto per citare una delle più famose estimatrici di questo prelibato nettare) arrivano dalla forza (data dalla parte “nera” del pinot) abbinata alla grazia (data dalla parte “bianca” dello chardonnay) di questo champagne. Una beva nobile, sofisticata, ma allo stesso tempo “borghese”, la renderebbero una bottiglia perfetta da portar con sé ad una delle feste di inizio secolo scorso organizzate a casa Gatsby.
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