![Zero Infinito - Azienda Agricola Pojer e Sandri](https://www.lucianopignataro.it/wp-content/uploads/2016/10/Zero-Infinito-Azienda-Agricola-Pojer-e-Sandri.jpg)
di Fabio Panci
“Agitare prima dell’uso, per chi ama la versione rustica contadina”. Basterebbe questa frase, contenuta nella scheda di presentazione del vino, per capire l’ovvia scelta di parlare dello Zero Infinito all’interno dell’appuntamento di Ottobre della rubrica “vini nudi e crudi”.
Rustico, contadino, ancestrale, montano, tutti aggettivi perfetti per descrivere l’ultima creazione del mitico duo trentino costituito da Fiorentino Sandri e Mario Pojer. Da 40 anni sulla cresta dell’onda, grazie ad un certosino lavoro di recupero e valorizzazione di vitigni autoctoni tra la valle dell’Adige e la Val Di Cembra. Il numero “0”, attorna a quale ruota l’intero progetto zero infinito, comporta zero fitofarmaci, zero solforosa, zero lieviti, zero filtraggi, zero antiossidanti. Il vino è composto “solamente” da uve, lievito autoctono e processo di rifermentazione in bottiglia, tecnica quest’ultima di antichissime origini essendo presente nel territorio compreso tra pianura padane e trevigiano sin dai primi del 900’. Ulteriore particolarità, come se non bastasse quanto esposto nelle soprastanti righe, è il trovarsi di fronte ad un solaris in purezza (sigh!). Avete capito bene, trattasi di vitigno tedesco, creato in laboratorio per resistere alle condizioni climatiche estreme (sopportando temperature fino a -20 gradi) e malattie come peronospera e oidio.
Arrivando al momento della beva, la goduria è immediata sin dal momento in cui ti viene presentata la bottiglia lasciando a te il compito di optare per una versione limpida (“no bad”), ed una versione torbida (personalmente ho optato per quest’ultima). Zona olfattiva dominata da cedro, scorza di pompelmo e susina gialla con piccoli fiori di campo a chiudere il cerchio. Poi mettendo da parte la scheda AIS, giù per il gargarozzo (mi scuso sin d’ora con i lettori per l’espressione “poco british”, ma vi giuro è la migliore per descrivere il vino) va un mix di rusticità, leggiadria, sfrontatezza, genuinità e franchezza. Insomma utilizzando un’espressione in voga in un noto programma radiofonico nazionale: siamo al top, siamo al top!
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