Abbiamo sempre pensato che le piccole aziende di vino nate negli ultimi vent’anni debbano restare tali e non imitare le grandi.
In una parola, il segreto è specializzarsi, fare vini che altri non producono, cercare di essere unici.
Purtroppo invece la maggior parte invece di ascoltare i propri bioritmi hanno seguito i consigli dei rivenditori e dei ristoratori, due categorie che, in linea di massima, notoriamente capiscono molto poco di vino, e tante piccole aziende hanno provato a riprodurre la stessa gamma delle altre. In Irpinia questo fenomeno è particolarmente clamoroso con il risultato che alla fine per essere tutti si diventa niente.
Sara e Luca Carbone annunciano un rientro alla retta via, ci è piaciuto il loro ragionamento e speriamo che sia di esempio. La crescita dei volumi non è di per se un valore positivo, l’obiettivo dell’artigiano deve essere quello di apprezzare ogni vino e non produrne tanti per inseguire le richieste. Solo così sarà inseguito invece di seguire.
di Sara e Luca Carbone
A 10 anni dalla nostra prima produzione ci siamo fermati a riflettere. Lo abbiamo fatto nell’anno in cui la critica forse ci ha dato il segnale più significativo di riconoscimento di crescita qualitativa.
Oggi i nostri vini ci somigliano di più, hanno una loro impronta che li rende riconoscibili.
La strada intrapresa ci soddisfa, ma non ci accontenta completamente.
Abbiamo imparato molte cose, commesso molti sbagli, fatto piccoli e grandi cambiamenti, portato a casa soddisfazioni, lodi e rimproveri.
Oggi, tra tutte, la cosa di cui abbiamo forse maggiore consapevolezza è ciò che vogliamo essere: artigiani, piccoli e consapevoli.
Ne consegue un semplice obiettivo: produrre meglio, fare vini migliori partendo dalla vigna e arrivando al cliente.
Per poterlo fare abbiamo preso una decisione che per noi è una sfida grossa: per produrre meglio riduciamo la produzione.
In concreto la scelta si traduce in meno ettari di vigneto, più facili da seguire direttamente, pochi ettari curati come figli.
Per il momento diamo in gestione a terzi, terzi di cui ci fidiamo, il vigneto di moscato e gli ettari di nuovo impianto più lontani dalla cantina. Il focus sarà sulla produzione sostenibile di aglianico e di una piccola quantità di fiano, un vino in cui crediamo molto.
Avevamo già cominciato a modificare l’approccio, lentamente ma con determinazione. Ci piacerebbe continuare con maggiore forza la strada della biodiversità in vigna. Vogliamo avere un terreno vivo e vitale. Siamo partiti piantando meli, fichi, amarene, piante nuove e piante perdute.
Vorremmo continuare su questo percorso, nei piani c’è anche la casetta delle api in vigna.
La nuova strada del produrre meno avrà riflessi anche in cantina: nel produrre meno bottiglie semplifichiamo la gamma rinunciando alla etichetta dell’aglianico base, Nero Carbone, già Terra dei fuochi. L’ultima prodotta sarà la annata 2013, per ora in commercio c’è la 2012, quindi non ci sarà un impatto immediato.
Un amico una volta ci disse: “Con questo vino avete fatto il 45 giri”. A noi pare che l’immagine calzi a pennello, dobbiamo molto a questo vino, ci ha aiutato ad entrare in alcuni mercati, ha avuto annate di livello davvero notevole, ma la cruda legge dei numeri suggerisce che siamo obbligati a sacrificare questa etichetta, andando ad incrementare leggermente le produzioni delle etichette Stupor Mundi e 400 Some.
Insomma, per continuare con la metafora suggerita, vogliamo provare a lavorare per un LP di qualità.
Pazzi? Coraggiosi?
Lo sapremo nei prossimi anni e nulla esclude che domani o domani l’altro, magari con l’ingresso della nuova generazione di Carbone, non decideremo di tornare sui nostri passi.
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