di ἁρμονία
L’Associazione Vignaioli delle Colline Biellesi è sempre più attiva e unita. E sono i piccoli produttori a fare la differenza.
Sabbia, tanta sabbia. Ci sono antiche carte gialle e grigie, fatte di numeri e descrizioni di toponimi e prezzi di vendita dell’uva. Nei cortili quasi sempre si trovano vasche in cemento, vecchie presse e tonneau. Non è insolito poi trovare utensili in legno e centenarie bottiglie impolverate nelle ghiacciaie naturali dedicate all’affinamento dei vini in vecchie ville o cascine. Prove che confermano che già nell’800 il Nord Piemonte era tra le zone più produttive in Italia.
Colline foderate da vigne per 40.000 ettari vitati. Poi è arrivata la fillossera, la terribile alluvione del 1905 e l’abbandono della campagna in favore della manifattura tessile. Gli ettari vitati son scesi a 600 per ritornare oggi a 1000. La rinascita è in atto e sono le storie dei piccoli, piccolissimi produttori che presentano lo scenario futuro. Il territorio è contraddistinto dalla presenza di un super vulcano che si calpesta da Gattinara passando per Ghemme, Boca e Lessona.
E proprio a Lessona le colline si colorano di oro, le sabbie fini e compatte conferiscono all’uva Nebbiolo (qui nota come Spanna) una tale finezza… che insieme al PH acido crea un mix esplosivo che si trasforma in vini impattanti per l’eleganza e la longevità. Vini che “non temono il confronto con la Borgogna” come dice la maggior parte della critica internazionale che appoggia e sprona i produttori che vendono il loro 90% proprio all’estero.
Quando si parla di vini autoctoni poi è l’Italia tutta a non temere confronti. C’è una cosi ampia scelta, un ventaglio di uve in ogni luogo vocato al vino che quasi ci si perde… E quello dell’Alto Piemonte, a fianco del più noto Nebbiolo, inserisce nuovi gusti con le uve Vespolina e Croatina. Il clima poi è il vero valore aggiunto: la corona delle Alpi protegge le colline creando un habitat unico con ottimi sbalzi termici e temperature piuttosto fresche per via di una costante presenza di vento. I giardini si arredano di palme, ulivi e cipressi. È una musica mediterranea. Ma il sincero patrimonio storico di queste terre è la presenza di querce centenarie che non vengono rimosse anche se rischia di far ombra alle vigne. Piante che hanno uno schema preciso che regola la loro crescita verso il cielo con tanto di formula matematica chiamata “il numero divino”. Apparentemente solitarie, sono solide, generose e oneste. Con radici connesse a quelle degli altri alberi per sostenersi a vicenda.
Questa stessa natura e armonia si ritrova in Ermidio Di Betta, fondatore della piccola cantina La Badina. Un piccolo show room di squisita fattura sorta nel 1999 dopo una vita di lavoro. Di fatto un sogno realizzato che vanta la certificazione bio proprio quest’anno. La quercia regna in vigna e contribuisce a questa certificazione perché possibile, anzi fattibile: ci sono solo boschi, una sabbia bianca marina (del Pleistocene) e altri alberi da frutta ad incorniciare l’anfiteatro di 1 ettaro e mezzo di vigne appartenute dai Marchesi Lamormora.
E si dice che il PH del suolo qui sia il più acido dell’intera denominazione. Tutte carte vincenti insieme all’uso delle barrique di secondo passaggio in cantina. L’operato di Ermidio è un esempio di rivalorizzazione di un territorio da prendere come modello. Insieme a lui in cascina troviamo le figlie Linda e Sara, volpi, oche e altri animali ancora a rendere la visita divertente e vera. 1500 le bottiglie prodotte che si dividono tra Coste della Sesia DOC (Vespolina in purezza) e un Lessona DOC (35 euro) proposto anche in Riserva che riposa in cantina per almeno 30 mesi prima dell’uscita sul mercato. Perchè per Ermidio il Lessona merita l’attesa, l’affinamento in vetro è necessario per arrivare alla sua massima espressione di eleganza e finezza. E il 2011 (1000 bottiglie prodotte) si presenta con una persistenza e una solidità avvolgenti, penetranti con una scia iodata e balsamica fuse in tannini fini e vibranti, più tesi e morbidi nel finale.
E un secondo percorso sicuramente da raccontare è quello di Daniele Dinoia che si inserisce nel mondo del vino in prima persona (finalmente!) mettendoci la faccia. Creando vini a sua misura e a suo gusto. Dopo moltissime collaborazioni con cantine in Toscana e in Piemonte sceglie quest’ultima regione, a nord, perché per lui “è il territorio”. C’è il background e il potenziale (enorme!) per tornare a crescere. Oggi la sua casa-cantina si chiama Villa Guelpa.
Situata all’ingresso di Lessona è stata costruita nel 1882 vicino al torrente Strona. È stata casa del Ministro dell’Agricoltura Camillo Guelpa poi ceduta, ristrutturata e ampliata negli anni ’30 per diventare una dimora padronale di una importante fabbrica tessile che ritorna oggi alla sua vera natura: produrre vino. Si impiegano le vasche in cemento perché non avendo il gruppo frigo si opta per il naturale sbalzo termico per proseguire poi in acciaio e barrique usate ubicate nella parte interna della Villa, nelle cantine sotterranee. Quattro gli ettari totali tra Lessona, Sizzano, Mottalciata e Dorzano per una produzione di 15 mila bottiglie annue suddivise tra Erbaluce, Lessona e un rosato da Nebbiolo e Pinot Noir. In tutte le etichette si trovano la scritta “Longitudine 8” e il numero della parcella della vigna.
E quindi per il bianco è 10, per il rosé è 11 ed il Lessona (attualmente classificato come “vino rosso”) è 26. La villa poi offre ospitalità in B&B con camere eleganti e funzionali in cui non mancano lo charme e la praticità. Nella camera centrale e più spaziosa c’è anche la sauna. Daniele non nasconde di amare il frutto e si sente tutto nei suoi vini: ampi, generosi e profumati. Il Longitudine 8 26 2016 nasce in un ettaro e mezzo esposto a sud est in suoli alluvionali e ciottolosi con stratificazioni sabbiose da piante di 35 anni circa. Il vino è Daniele: c’è l’intensità nel racconto, la presenza, è cremoso in ingresso con accenni speziati e balsamici. I tannini attenuati da una bella polpa, quasi dolce e di frutti blu, è subito smorzata da una nuvola di cenere e pepe. L’acidità è in dare, e mantiene viva la beva. (45 euro).
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