di Annito Abate
Superato il bivio e lasciato alle spalle un laconico cartello con la scritta “Campobasso”, si entra in un territorio dall’indubbio fascino dove il Taburno si vede e si sente, così come il verdissimo, ripido, versante dei Monti Caruso e Pentime, le cui vette si spingono oltre i 1200 metri sul livello del mare ed avvertono i “passanti” che la meta è quasi raggiunta.
Torrecuso “Città del Vino”, Torrecuso “Terra dell’Aglianico”, Torrecuso “Primo Comune d’Europa Detruciolizzato”.
Il Borgo Sannita la cui antica etimologia contiene il suo essere difensivo, necessario nel momento della sua origine medioevale, “torum licusi” (“altura o colle”) e Torre, avamposto a nord nel territorio, a difesa della Città di Benevento.
Che stavo attraversando un avamposto me ne sono accorto solo quando gli Uomini del Corpo Forestale dello Stato filtravano il traffico in entrata al Paese.
Più avanti i colori dominanti della Forza di Polizia a Guardia della Natura d’Italia, diventano sempre più fitti ed intensi: l’evocativo verde, ovviamente, il giallo evidente dei distintivi ed anche il tenue grigio delle divise che si parano, dinanzi a me, con sempre maggiore frequenza.
Man mano che procedo nel viale torto di accesso al Borgo l’aria diventa più frizzantina e si mischia ad un piacevole venticello che fa pensare all’uso di un abbigliamento meno estivo; la gente aumenta nella consapevole certezza di trovarsi in un imminente stato di ZTL, i Militari GrigioVestiti crescono in numero sommandosi ora anche ai Poliziotti BluAdornati ed ai Carabinieri NeroAbbigliati.
Mi chiedo se sta succedendo qualcosa in quanto un evento enogastronomico non raggiunge mai livelli tali da richiedere uno spiegamento di forze e di uomini in divisa di quella natura.
Mi faccio portare dalle ruote fin nel cuore della folla, mi spingo tra i fumi dei panini in cottura, tra caramelle e croccanti appesi alle luci delle botteghe mobili, le tende ed i gazebo che espongono, in degustazione, i prodotti delle Cantine aderenti all’Evento.
Con “Vinestate 2013 Edizione n°39”, la cui eloquente headline recita “un territorio che si fa esperienza” si “celebrano” i Vini del Taburno.
Riesco a parcheggiare l’auto in una posizione eccezionale, mi si avvicina un Carabiniere e mi invita, devo dire gentilmente, a spostarla dicendo «non sappiamo in quanti vengono e possono servire tutti i posti liberi».
Accidenti, penso, la cosa si fa seria, e mi chiedo se la manifestazione sia solo il contenitore di qualcosa di più “importante”.
Svelo presto il mistero, comunque già intuito per la presenza di macchine fotografiche, telecamere e di una folla di curiosi che, con sempre maggiore frequenza, allunga i colli in direzione di quello che appare come l’imminente arrivo dell’Ospite d’Onore.
Decido di proseguire verso la Piazza interna dove il giallo intenso dei banchi d’assaggio della Coldiretti diventa un indizio ancora più evidente.
Supero salumi di ogni forma e speziatura, formaggi di ogni stagionatura, una mortadella gigante si staglia sul fondo, è poco più piccola della persona che la sta “riducendo” in cubetti; arrivo fin sopra il Palazzo Caracciolo-Cito dove avrei dovuto partecipare ad una degustazione guidata (Le migliori Falanghine del Sannio con marco Sabellico del Gambero Rosso), sullo slargo mi appare l’altro indizio, questa volta inequivocabile, è un palco, tappeto verde stile prato inglese, con una dozzina di sedie azzurre disposte a forma di ferro di cavallo, equamente separate, ai lati, da due poltrone cubiche e bianchissime.
Dribblo qualche capannello di probabili intervenuti e ridiscendo verso gli stand enogastronomici e, sotto l’arco in pietra, incontro la Sannita Ministra delle Politiche Agricole e Forestali, On. Nunzia De Girolamo, che mi sorride e mi saluta mentre percorre veloce la distanza che la separa tra me ed il suo Appuntamento Agro-Politico (il vino e i prodotti agro-alimentari per il rilancio dell’economia italiana).
«La cosa importante è il marketing territoriale, bisogna implementare la diffusione dei prodotti, è necessario puntare ed investire sulla terra e sull’agroalimentare», dice la Giovane Governante del Nostro Vecchio Stato e chissà perché penso alla scena del Medieval Sacerdote che ammonisce chi è affacciato alla finestra, ricordandogli il trapasso dalla material vita terrena.
Non ci resta che piangere! No, non è quello che penso ma il titolo del film di Roberto Benigni e Massimo Troisi sopra citato.
Complice certamente la lunga scarpinata, su e giù per la via maestra, in alto ed in basso tra la Piazza interna ed il Palazzo Signorile mi si è sviluppato un certo appetito; prima di passare alle degustazioni liquide vado in cerca di qualcosa di solido e lo trovo, fragrante, tra “Le Dolcezze del Sannio” sul cui bancone sono adagiate, in bella mostra, lievitate prelibatezze.
Risparmiata, fortunatamente, la fila per la distribuzione di tracolla e bicchiere, gentilmente offerti dal prof. N, comincio la mia piacevole via crucis tra le quattordici stazioni enoiche a disposizione (il rosso aglianico del taburno ed il bianco falanghina del Sannio giocano in casa con compagini forti e collaudate): Cantine Iannella Antonio, Cantina del Taburno, Caudium, Fattoria La Rivolta, Fontanavecchia, I Colli del Sannio, Il Poggio, La Fortezza, Masseria Roseto, Taburni Domus, Terre d’Aglianico, Torre a Oriente, Torre dei Chiusi e Torre del Pagus.
Citando la nota canzone di “Neffa”, “prima di andare via”, mi spingo nell’antro caseario dove incontro il mio compagno di corso (ONAF) Carmine Marcantonio dell’omonima azienda agricola che espone i suoi favolosi Caciocavalli di Castelfranco in Miscano; ne assaggio uno sorprendentemente “saporito” nonostante la sua giovane età (circa due mesi).
Riprovo a mente le sensazioni e le emozioni vissute, qualche mese fa, nel momento della degustazione direttamente al Caseificio, era un esemplare di 11 mesi.
Sulla strada del ritorno vengo assalito da un pensiero: «prima che passi l’attimo fuggente devo chiamare Sabatino e verificare lo stato di affinamento della mia coppia di casi.a.cavallo che sostano nella sua fantastica cantina dallo stesso tempo».
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