Pollino DiVino, la Vineria di Rotonda di Carlo Miraglia

Pubblicato in: I vini da non perdere

Pollino Divino Enoteca a Rotonda
Corso Garibaldi 5/7
Tel.340 172 8969
Sempre aperto dLLE 19 ALLE 13, DALLE 17 ALLE 1 IN estate

Pollino DiVino

Carlo Miraglia è nato, vive e lavora a Rotonda nel cuore del Parco del Pollino, il più vasto d’Europa, un polmone verde che comprende il Nord della Calabria e parte della Basilicata. Tutto qui? Non proprio, ora ha 46 anni ed è tornato da due anni al suo paese dopo aver lavorato per oltre un quarto di secolo in giro per il mondo. E il bello è che per il secondo anno consecutivo è tra i primi dieci nel suo lavoro: “Carlo Miraglia è un vero e proprio imprenditore”. Ha dichiarato Filippo Gastaldi, presidente dell’Aepi (Associazione enotecari professionisti italiani), lanciando il concorso Migliore enotecario professionista d’Italia patrocinato dal ministero. Questo per sottolineare che, a differenze dei “ritorni” nel proprio paese di un tempo da fine carriera, lui è diventato un riferimento proprio grazie al fatto che si è trasferito al Sud.

“No, nel piatto  – dice Carlo Miraglia – tutto il Pollino calabro-lucano. Facciamo i peperoni cruschi, prosciutti, salumi e formaggi secondo le ricette di mia madre, senza coloranti e senza conservanti, secondo protocolli che risalgono alla notte dei tempi, ovviamente nel rispetto delle regole attuali. Poi non dimentichiamo che Rotonda è il paese di ben due dop, la melanzana rossa che a molti sembra un pomodoro, e il fagiolo bianco tondo. Aggiungi l’olio d’oliva eccezionale di queste terre oltre alle verdure. Che vuoi di più? La modernità, anzi, il lusso del cibo è avere questi prodotti che piacciono a tutte le generazioni”.

Gastronomia e agroalimentare sono da sempre attrattivi anche al Sud. Tu come hai cominciato?
“Sono sempre stato appassionato di cibo e di vini, per questo mi sono diplomato all’Istituto Alberghiero di Maratea e immediatamente ho iniziato a girare per lavorare lontano dal paese. Ho scelto la sala perchè tutti volevano andare in cucina e poi per approfondire il discorso del beverage che è da sempre la mia vera e grande passione.
Come mai hai girato l’Italia e il mondo per 25 anni?
“In questo lavoro è essenziale girare molto per entrare in contatto con altre mentalità e imparare il mestiere. Sono stato negli hotel di lusso, anche a Napoli per un periodo al Romeo, ma soprattutto al Nord, a Stresa sul Lago Maggiore, a Bellagio su quello di Como, poi a Firenze, Londra, Locarno, Saint Mortiz perfezionandomi in continuazione e approfondendo il discorso del vino”.
Poi la decisione di aprire la vineria Pollino Divino nel tuo paese, ed è qui che sei diventato famoso nel settore, da due anni tra i primi dieci enotecari italiani. Come è successo?
“Come è accaduto a tanti meridionali in giro per il mondo, il Covid ha un po’ resettato alcuni valori di vita fondamentali. Ci siamo accorti che il sistema metropolitano è fragile e non garantisce chi vive solo del proprio lavoro quando c’è una emergenza. Se non avessimo avuto la rete delle famiglie al Sud per molti di noi sarebbe stata una tragedia. Giusto coltivare l’ambizione, ma bisogna anche dedicarsi alle cose che contano. Abbiamo colto l’opportunità offerta dal Bando “Io resto al Sud” e con mia moglie Elvira siamo diventati imprenditori di noi stessi”.
Qual è il modello che ti ha ispirato?
“Quello delle vecchie cantine dei nostri paesi dove ci si trovava la sera dopo il lavoro nei campi per bere, giocare a carta e parlare. Era questo l’unico svago prima dell’arrivo della televisione e poi ovviamente di internet”.

-Dallo Sciannachiello ai Riedel…
“Beh si, i tempi sono cambiati, lo Sciannachiello, cioè il bicchierino di osteria tipico delle nostre parti, evoca ricordi, dodici fanno un litro e serviva a capire quanto si beveva. Ma oggi i tempi sono radicalmente cambiati, una vineria moderna non può essere un museo. E’ cambiato il mondo del vino, così ho ricreato l’ambiente di un tempo, ma con moderna hotellerie, servizio efficiente, bicchieri giusti, soprattutto vini del territorio ma anche i grandi classici italiani, francesi, compreso tanti Champagne. E poi gin, distillati, liquori, cocktail. Ho coltivato la passione mia e quella dei miei clienti sino ad essere scelto tra i primi dieci in Italia, quest’anno spero di essere il primo”.

Ti manca la vita degli alberghi di lusso, la tensione di avere ospiti importanti e famosi, essere comunque sempre sotto esame?
“Sinceramente no. C’è una età per tutte le cose: da giovani è giusto girare il mondo e non fermarsi a conoscerlo attraverso i social, ma quando si arriva al punto, direi che è bello poter fare qualcosa di assoluto valore a casa propria. L’enogastronomia offre questa possibilità se non sei presuntuoso. Il Pollino è ancora poco conosciuto ma è in fermento proprio grazie ai giovani, non sono solo a lavorare in questa direzione, siamo sempre di più. Il Sud è una opportunità incredibile. Si dice non si campa di solo aria. Stiamo imparando che avere aria, vivere senza stress da traffico, avere l’acqua non sono cose scontate. Ma una straordinaria cornice a chi ha buone idee”.


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