di Enrico Malgi
La valenza della viticoltura campana, a parte i vini che produce, si esprime e si misura anche attraverso i suoi talentuosi rappresentanti. In questo contesto un posto di riguardo spetta di diritto al giovane e già affermato Vincenzo Mercurio. E’ da poco tempo che l’ho conosciuto e devo dire che ne sono rimasto subito affascinato e ne ho ricavata una positiva impressione. Mi hanno fortemente colpito la sua preparazione, la sua determinazione, il suo già ricco curriculum nonostante la giovane età, la sua serietà, la sua pacatezza nell’approcciarsi, la sua capacità di dedicarsi a molteplici consulenze enologiche e, soprattutto, la sua dote migliore: l’umiltà. Pochi giorni fa l’ho chiamato per fissare un appuntamento, perché ci tenevo a colloquiare con lui in modo informale ed amichevole. Ecco cosa n’è venuto fuori.
Ho letto di recente che hai avuto la nomination all’Oscar del vino da parte dell’AIS come miglior enologo nazionale insieme con la maremmana Graziana Grassini e al friulano Gianni Menotti (la premiazione avverrà il prossimo 28 maggio all’hotel Cavalieri Hilton di Roma).
Quello che mi ha impressionato fortemente è stata la motivazione della tua candidatura: “Qualche anno fa Vincenzo Mercurio era una promessa dell’enologia nazionale, oggi è una certezza. Dall’Università di Napoli alla Francia, il percorso di studi di questo giovane enologo ricalca quella liason culturale che nel Settecento e nell’Ottocento vedeva i migliori cervelli della borghesia partenopea viaggiare nel Paese dei lumi per trarne le conoscenze più nuove. Vincenzo Mercurio lavora sui dettagli, indaga sugli aromi dei vini, esplora le pieghe più nascoste degli elementi, sottolineando in ogni sua etichetta quei geni unici della territorialità dei vini”.Qual è il tuo commento a questi lodevoli apprezzamenti?
“Mi sento lusingato naturalmente e non so se merito tutti questi elogi. E poi mi sento anche molto responsabilizzato, perché quest’anno la mia è l’unica candidatura di tutto il comparto vitivinicolo della Campania”.
Vuoi accennare brevemente al tuo curriculum?
“Sono nato a Castellammare di Stabia nel 1974. Nel 1999 ho conseguito la laurea in Scienze delle Tecnologie Alimentari presso la Facoltà Agraria di Portici, con relatore il prof. Luigi Moio. Nello stesso anno ho ricevuto una borsa di studio e mi sono interessato delle microvinificazioni presso la Cantina del Taburno. Successivamente ho svolto ricerche all’UMR di Digione in Borgogna. Tornato in Italia mi sono specializzato in Scienze Viticole ed Enologiche sempre a Portici (con il massimo dei voti N.d.R). Dal 2001 al 2007 sono stato responsabile di produzione (quindi capo enologo N.d.R.) dell’azienda Mastroberardino. Dopo aver lasciato questo incarico, mi sono dedicato all’attività di Consulente Enologico e attualmente collaboro con una quindicina di Cantine della Campania, Puglia, Sardegna, Basilicata, Lazio e Calabria. Spero di incrementare presto le mie consulenze anche con aziende del nord Italia e dell’estero. Di queste regioni, infatti, ho una buona conoscenza dei vitigni locali; in futuro, però, nutro l’aspirazione di confrontarmi con altre varietà regionali, come il Nebbiolo per esempio”.
So che hai stretto una vera amicizia col famoso cattedratico Francese Denis Dubourdieu
dell’Università di Bordeaux, cosa ti ha spinto a cercare la sua collaborazione?
“Il prof. Dubourdieu è un vero luminare della viticoltura mondiale e, oltre che docente, è anche un grande enologo che presta la sua attività presso i più prestigiosi Chateau francesi, di cui ti posso citare Chateau d’Yquem, Grand-Puy Ducasse, Cheval Blanc, Pichon Longueville Comtesse de Lalande, Chevalier e tanti altri. Quello che mi colpisce in lui, a parte la sua inarrivabile competenza e professionalità, è la semplicità con cui opera, forma e istruisce. L’idea di questa collaborazione nasce dalla comunanza della visione del mondo del vino e della filosofia d’approccio alla coltivazione dei vitigni, oltre che dalla forte passione per la storia della viticoltura”.
I tuoi vini sono spesso premiati dalle guide specializzate, che emozioni provi al riguardo?
“Per me è importante soprattutto fare bene il mio lavoro, tutto il resto conta fino ad un certo punto. Certamente, non posso negare che mi fa molto piacere constatare che gli altri apprezzano quello che faccio”.
So che tu hai in grande considerazione la viticoltura biologica ce ne vuoi parlare?
“Certo, però il discorso è lungo e non si può licenziare in poche parole, perché l’argomento è vasto e meriterebbe maggiore approfondimento. Per adesso ti dico solo che la viticoltura biologica è quella più propriamente naturale, per cui mi auguro che essa venga sempre più incrementata, perché rappresenta sicuramente il futuro della viticoltura mondiale”.
Ultima domanda: tu hai molte collaborazioni con aziende vitivinicole e, quindi, tratti tanti vitigni soprattutto autoctoni, hai qualche preferenza in proposito?
“Si può tranquillamente affermare che tutti i vitigni che adopero sono come dei miei figli e li amo quindi tutti alla stessa maniera. Ma proprio perché mi sento “padre” ho qualche leggera preferenza, diciamo una piccola debolezza. Ti cito solo tre di questi che ho avuto modo di apprezzare: il campano Fiano, il calabrese Magliocco e il sardo Cagnulari”.
Si è fatto tardi, il sole lambisce per l’ultima volta le ampie vetrate del ristorante e disegna ordinati ghirigori sfavillanti, prima di tuffarsi nelle calde acque del mare antistante l’isolotto di Rovigliano.
E’ ora di andare, quindi. Saluto Vincenzo e lo ringrazio per l’opportunità che mi ha fornito.
E’ stata una bella esperienza. Devo dire che Vincenzo Mercurio è veramente un grosso personaggio, schivo, semplice e cordiale. Gli auguro di vero cuore le migliori fortune e spero che possa essere lui il vincitore del titolo di miglior enologo d’Italia. Se lo merita davvero! Ad majora!
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