di Angelo Peretti
Oh, il vin jaune! Adoro questo complesso, complicato vino del Jura francese. Fatto in maniera arcaica, quasi seguendo un rito. Difficile da bere, per chi non ci è abituato. Poi se ci entri in sintonia non te ne stacchi più. Si fa solo con l’uva della varietà del savagnin. Viene messo in botticelle da 288 litri, e deve starci almeno sei anni e tre mesi. Niente ricolmature, e dunque man mano che il legno si beve parte del vino, l’aria si fa spazio. Sopra al vino si forma un velo di lieviti, che proteggono il liquido dall’ossigeno.
Posso dire che si tratta di un’ossidazione controllata? Boh, proviamo a buttarla lì. In ogni caso, poi hai le note ossidative che contrastano con un’acidità sferzante, montanara, e il vino è secchissimo, e quasi, per certi versi, ricorda un distillato, o anche uno sherry, ma qui non c’è aggiunta alcuna di alcol, nessuna fortificazione. Straordinario e unico. C’è poi che è un vino pressoché eterno, e anzi da quelle parti, nel Jura, consigliano di berlo molto avanti nel tempo, quando la complessità è divenuta estrema. Ricordo un ristorante stellato ad Arbois con una profondità straordinaria di etichette di vin jaune. Incredibile.
Qualche tempo fa, con un gruppo di amici, ho organizzato una degustazione di vin jaune. Il più giovane un 2007, il più vecchio un 1989. Più in là negli anni non ero in grado di andare, ma assaggiando ci siamo accorti che ne varrebbe la pena: più si avanzava nelle annate e più il vino diventava fascinoso. Occorrerà attrezzarsi per tastare roba più vecchia, prima o poi.
Negli assaggi che ho proposto, abbiamo aperto bottiglie di tre delle quattro appellation del Jura che prevedono la tipologia del vin jaune: Cotes du Jura, Château-Chalon e Arbois, mentre non avevo bocce di vin jaune de L’Etoile. A proposito di bottiglie: sono le clavelin da 0,62. Una misura simbolica e unica al mondo (ovunque impera la 0,75), per significare la parte di vino che è stata “bevuta” dal legno durante i sei anni e passa di affinamento.
Ecco cosa abbiamo bevuto.
Cotes du Jura Vin Jaune 2007 Domaine Labet Un bebè. Il naso, certo, ha la traccia ossidativa inconfondibile del vin jaune, ma la bocca è acidissima, secondo lo stile dei Labet. Ovvio che tanta freschezza giovanile aggiunge in beva e toglie in complessità.
Cotes du Jura Vin Jaune 2004 Benoit Badoz Ossidazione più acidità più sale. Si apre con lentezza, e con incedere pigro vira verso la frutta candita, verso ricordi di panettone, direi. Succoso di frutti tropicali, ma tutto sommato un po’ monocorde.
Château-Chalon 2004 Domaine Macle Troppo, troppo giovane. Però di già impressiona il contrasto fra le memorie di distillato colte all’olfatto e l’enorme spettro aromatico del palato. Grandissimo ora, chissà cos’avrebbe potuto essere più in là.
Château-Chalon 1998 Stéphane Tissot La Cave de la Reine Jeanne Wow! Tartufo, funghi, spezie, frutta secca, erbe officinali, menta, e poi un’incredibile beva salata, e che uno vino così reclami il secondo o il terzo calice ha dell’incredibile, del magico. Clamorosamente buono.
Arbois Vin Jaune 2002 Rolet Père et Fils Be’, l’esordio non è granché, con quegli odori riduttivi che ricordano la gomma bruciata. Poi lo porti alla bocca e “pam!”, esplode in un tripudio di frutti tropicali, di rosmarino, di timo. Che giovinezza!
Arbois Vin Jaune 2003 Domaine de la Tournelle E ancora mi tocca dire: troppo giovane! Spettacolare la freschezza scattante di questo vino. Timo, tracce officinali, frutta gialla, tanta, e tropicale. Una finezza che ti lascia a bocca aperta. Splendido.
Arbois Vin Jaune 1991 Fruitière Vinicole d’Arbois Altra sorpresa, e qui l’età comincia a giocare un ruolo importante. Succoso di agrumi, di kumquat e arancia, freschissimo e quasi tagliente e insieme ruvido di petrolio, e anche iodato, marino.
Vin Jaune d’Arbois 1989 Jacques Tissot Lo metti nel bicchiere e avverti, netta, l’affumicatura. Ne prendi un sorso e ti si apre un mondo di erbe alpestri, di macchia mediterranea, di profumi officinali, e poi di legno di bosco, di resina. Sbalorditivo.
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