di Vittorio Guerrazzi
Personalmente guardo sempre con una certa attenzione alle iniziative in cui si cerca di superare i provincialismi tipici, soprattutto, del Sud Italia, e le visioni ristrette al proprio piccolo orticello, in cui, paradossalmente, l’erba è necessariamente più verde di quella del vicino.
Ecco che allora mi ha destato grande curiosità e simpatia l’iniziativa di Baldassarre Fiorentino, personal chef con lunghi e prestigiosi trascorsi nella ristorazione della divina costa, nonché titolare di un’affascinante residenza in quel di Positano, disponibile per un numero estremamente limitato ed esclusivo di ospiti, per lo più durante il periodo estivo.
Parliamo di Villa Balda, parte di una antica residenza dell’800, la cui terrazza si affaccia sull’esclusiva Positano, sospesa tra cielo e mare: solo 3 sono le stanze messe a disposizione, di cui una suite, per un turismo tendenzialmente estero che cerca qualcosa di più intimo del freddo ambiente di hotel.
L’idea qual è?
Quella di creare una sorta di “enoica Svizzera”, un lungo franco, in cui poter serenamente lasciar fuori personalismi e “primadonnismi”, aperta a tutti gli operatori della ristorazione interessati, in cui poter presentare una serie di piccole eccellenze della produzione vitivinicola italiana, che diversamente non sarebbe così facile andare ad intercettare.
Sommelier di lunga esperienza, Baldassarre ha comunque preferito, in questo progetto, farsi affiancare da Rino Di Maggio, dell’Azienda Agricola Brama, i cui contatti e consigli hanno permesso di selezionare delle vere, interessantissime chicche.
Si è iniziati col botto, ovvero con le bollicine di Marco Buvoli, monsieur Opificio del Pinot Nero!
La scelta è stata fortemente voluta proprio dai titolari dell’Azienda Agricola Brama, sia per il forte legame che li lega a Marco Buvoli stesso, con cui sovente ci si scambia dritte e consigli per lavori in vigna e cantina, sia per la perfetta aderenza dei prodotti al contesto in cui vengono presentati: il re dei vini nel mondo, nella sua più fine ed elegante espressione, le bollicine metodo classico, incontra la regina della costiera Amalfitana.
Un percorso straordinario quello proposto da Marco Buvoli, attraverso bottiglie che riportano in etichetta solo il numero di anni di maturazione sui lieviti, in una veste grafica elegante ed essenziale, diretta al punto, ovvero vini in cui la qualità non è qualcosa con cui scendere a compromessi.
Abbiamo quindi il Quattro (brut), il Cinque (pas dosè), il Super Sei (extra brut, figlio di una vendemmia particolarmente felice), il Sette Rosè (extra brut) ed infine il Dieci e Mezzo (extra brut): avete letto bene, sono proprio 126 mesi di affinamento!
Parlare con Marco è un’esperienza: i suoi occhi si illuminano quando parla di quel bicchiere, di quel caminetto, di quella sera da cui tutto è partito, quasi 20 anni fa. È la stessa luce, pur di qualità diversa, che anima i suoi tratti quando racconta del suo biondissimo figlio, che lo rapisce tanto quanto la presa di spuma dell’ultima annata.
Il suo percorso è stato sempre ben tracciato, con i punti di riferimento sempre lì sugli scaffali a ricordare la strada da dover e voler percorrere: Campagne sì, Borgogna certo, ma comunque massimo rispetto per la propria terra, in cui la scelta delle particelle di terreno in cui impiantare, la selezione delle varietà clonali direttamente in Francia, i protocolli lavorativi attentamente studiati ed approfonditi, hanno un che di maniacale.
Persino le attrezzature di cantina vengono curate come fossero macchine d’epoca: la personalità di Marco è in ogni singolo acino ammostato.
Raccontare i suoi vini è un viaggio, che sai quando inizia ma vorresti non finisse più: il 4 è un’esplosione naso/palatale, il 5 si ridimensiona su toni più eleganti ed affilati, ma non per questo meno caratteriali, il Super 6 coniuga ampiezza e verticalità con progressione impressionante, il 7 rosè, interpretato in chiave delicatamente ossidativa e bucciosa, è tanto raffinato quanto perfetto compagno della tavola, il 10 e mezzo è un quadro impressionista tracciato con mano rinascimentale, ossimoro organolettico e mentale.
Ad ogni modo, forse sarebbe più opportuno lasciare la parola ai tanti che hanno preso parte all’evento, anche se durante gli assaggi per lo più era il silenzio incredulo di fronte a tanta poliedrica qualità a serpeggiare.
Marco guarda compiaciuto la platea, resta disponibile per qualunque domanda, curiosità o aneddoto; e poi si rifugia in un calice del suo pinot nero, fermo questa volta, che ha avuto tutto il suo tempo per prendere confidenza con l’aria della costiera che, manco a dirsi, decisamente gli aggrada.
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