QUINTODECIMO
Uva: aglianico
Fascia di prezzo: da 120 a 130 euro
Fermentazione e maturazione: legno
Luigi in azienda. Sullo sfondo il vigneto dove nasce questo Taurasi. (foto Ais Napoli)
Diciamo anzitutto che è un vino che farà discutere e che dividerà molto: per il prezzo, per lo stile, perché Luigi non è mai una persona capace di passare senza lasciare traccia. Lui non mediatico si arrabbierà e forse soffrirà, io invece so per presa diretta come le critiche e gli attacchi, anche quelli più immotivati e stupidi, sono sempre salutari anzitutto per limitare ogni eventuale sensazione di onnipotenza, poi soprattutto per l’effetto trasmissione della notizia. Siccome non possono cambiare le cose né mai fermare la marcia di chi lavora sodo e sta sui fatti, gli attacchi fanno bene e non bisogna mai smettere di ringraziare chi ci odia istintivamente. La polemica e l’invidia sono il sale di ogni successo. Resta inteso come spesso i colpi a freddo immotivati vengono da persone notoriamente malate o instabili psicologicamente, o condannate a restare eterni secondi e dunque frustrate, sino al punto da dimenticare gli elementari doveri professionali e di educazione. Ma alla fine anche questi pazzi fanno brodo e se sconfinano nella calunnia c’è sempre la possibilità di fare causa e bastonarli per bene in sede civile.
Il secondo momento di riflessione riguarda il razionalismo illuministico di Moio. Un razionalismo maniacale, non solo pignolo, didattico dalle mattonelle dell’azienda ai colori delle capsule delle bottiglie, tutto deve corrispondere ad un’armonia impegnata a fare contraltare al grande caos della natura ma soprattutto della società campana. In fondo l’ordine da Roma in su è un sistema poco elastico ma efficace di relazionarsi alla modernità, a Napoli è una reazione meditata e consapevole dovuta alla grande forza di volontà di reagire, di non rassegnarsi alla forze irrazionali. Ed è così che troverete napoletani molto più maniacali nella puntualità e nell’ordine di quanto non possiate pensare, come forma di difesa. Non a caso nel ‘700 la corrente illuminista più forte, con grandi agganci alle prime teorie economiche, si è diffusa qui.
Poi c’è lo stile del vino. Ed entriamo nel cuore del tema ormai al quarto assaggio (il primo era ancora in botte). Secondo me Luigi è l’azienda campana più vicina alla filosofia produttiva e commerciale di Angelo Gaja: grande esperienza internazionale e di mercato, costruzione di vini identitari ma al tempo stesso non condannati a pietire un po’ di attenzione per strada vestiti da barboni. Il progetto della bottiglia non nasce da quanto gli ha suggerito il suo importatore americano, ma dallo studio dello stile bordolese e al tempo stesso dalla conoscenza sempre più profonda dell’Aglianico e dei suoi comportamenti, visto che ormai ha quattordici vendemmie alle spalle nel corso delle quali è successo un po’ di tutto. Dunque l’Aglianico non modifica il suo percorso come è avvenuto in altri casi molto blasonati, ma segue il suo progetto evolutivo sin dalla nascita, parlo della vigna a ridosso dell’azienda a 420 metri su terreno argilloso e calcareo con 5000 ceppi per ettaro che vedete nella foto alle spalle di Luigi. Altro che chilometro zero, i raccoglitori potrebbero lanciare direttamente l’uva nei tini di fermentazione. Poi ci sono 24 mesi di barrique nuove e altri 24 di bottiglia. La vendemmia fu fatta il 31 ottobre 2004.
Anche la scelta del prezzo è in stile Gaja. Quando la pressione su alcune cose diventa insopportabile è bene sparigliare il tavolo. In fondo nel mercato globale 2200 persone disposte a comprare una bottiglia così, dove solo il tappo e il contenitore costano quanto un terzo dei vini in commercio, si trovano facilmente. E poi bisogna scommettere sulla ripresa, sulla voglia della gente di tornare a vivere e a produrre. Un anno? Due? Tre? Chissà: tanto più passa il tempo e più questi vini migliorano. Non c’è fretta.
L’assenza di fretta è una delle caratteristiche dei magistrati e dei professori universitari. L’esatto opposto di noi giornalisti impegnati a chiudere tutto in giornata, detto fatto. Anzi, fatto detto.
Il vino ha una piacevole gradevolezza annunciata dall’unghia indicativa di non concentrazione. I profumi del Taurasi classico, tabacco, amarena sotto spirito, sono avvolti da uno spiccato e piacevole carosello di note balsamiche, odori intensi e persistenti in cui il testacoda naso-palato corrisponde in pieno, con una materia sicuramente densa ma non imponente, buona freschezza contenuta dentro i giusti argini ma al tempo stesso tanto presente da poter raccontare il futuro tra dieci e passa più anni. Un vino da meditazione ma anche da abbinamento, complesso, abbastanza morbido, lunghissimo, ben equilibrato in bocca. Capace di imporsi ma al tempo stesso di evocare inverni rigidi davanti al camino, abituato alle degustazioni ospedaliere ma anche alle bevute tra amici con cibi di territorio ben caratterizzati come i mugliatielli e il pecorino Laticauda stagionato. In degustazioni coperte mi è piaciuto molto, bevuto scoperto mi ha affascinato, raccontato da Luigi mi ha ammaliato.
Non potrete dire di conoscere la Campania e l’Aglianico se non lo avete bevuto.
Nulla è affidato all’improvvisazione. Lo scopo di Luigi, anche se lui lo nega, è fare il Taurasi più buono di tutti. Ci è riuscito.
Sede a Mirabella Eclano, via San Leonardo
Tel. e fax 0825.449321
Sito: http://www.quintodecimo.it
Enologo: Luigi Moio
Bottiglie prodotte: 50.000
Ettari: 5 di proprietà
Vitigni: aglianico, fiano, greco e falanghina
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