TERRE DEL PRINCIPE
Uva: pallagrello nero (70%) e casavecchia
Fascia di prezzo: da 20 a 25 euro
Fermentazione e maturazione: legno
La mia predilizione per il bianco è ormai nota agli appassionati che mi seguono, ma stavolta devo confessare di essere stato particolarmente colpito dal rosso di Manuela, certo la migliore scoperta in un Vinitaly nel quale è tornato l’ottimismo, pieno di vini molto ben fatti, ma con poche bottiglie capaci di stupirmi. E’ anche vero che ormai, dopo 15 anni di vendemmie, si ha bisogno soprattutto di certezze più che di conferme, e queste non sono sicuramente mancate, a cominciare dall’Impeto 2002 di Torre del Pagus che aspettavo con ansia dopo lo straordinario 2001, e ancora il Cenito 2003 di Maffini, la bella batteria di Taurasi (oltre i soliti noti cito Cantina dei Monaci), la sostenuta schiera di Falanghina dei Campi Flegrei sempre più tipica e irripetibile, l’Aglianico del Vulture di Titolo, La Luce, Camerlengo, Macarico, l’esercito di bianchi beneventani, eccetera. Solo il Vigna Piancastelli mi ha però spiazzato guadagnando rapidamente la prima posizione nella fila delle schede che vi proporrò nei prossimi giorni. Il motivo è molto semplice, banale: è davvero molto buono. Non bisogna aver bevuto tanti vini per coglierne le sfumature, vedi mineralità, freschezza, sentori del legno o altro, perché è sufficiente berlo per apprezzarlo. Ci sono poi altre due considerazioni a seguire: la prima è che il primo, vero, autentico, vino rosso del Sud a rappresentare lo stile dell’Amarone che consiste, secondo me, in quella particolare tecnica di surmaturazione delle uve capace di conservare il gusto secco e soprattutto l’eleganza. Abbiano infatti sentito parlare spesso di Amarone del Sud, e quando riferii questa nostra espressione nella relazione dell’Anteprima Amarone a palazzo Cangrande i produttori veneti si riempirono d’orgoglio. In realtà, noi usiamo questo modo di dire soprattutto per alcuni vini pugliesi, come il Patriglione e il Graticciaia, dove in realtà prevale la potenza del frutto più cotto che maturato al sole. Una sfumatura che segna il confine sottile ma solido tra Nord e Sud dovuto sicuramente anche alle caratteristiche varietali di alcuni vitigni come il negroamaro, il cannonau e il gaglioppo. Le caratteristiche della Campania appenninica, clima rigido, buona escursione termica, suolo vulcanico, rendono possibile lavorare con maggiore possibilità di successo verso la finezza e l’eleganza. Segue a questo punto la seconda considerazione: lo straordinario risultato ottenuto è regalato da due vitigni sconosciuti sino a sei anni fa, di cui si ignoravano completamente le potenzialità. E’ dunque un bellissimo segnale, l’ennesimo, che viene dal Mezzogiorno dove sta tornando la viticoltura di qualità proprio come era al tempo dell’antica Roma. Sarà interessante, tra un paio d’anni, fare una orizzontale di una bella batteria di Amarone 2003 e inserire il Vigna Piancastelli come pirata. L’uva viene da un solo vigneto in località Beneficio e la piccola quantità di bottiglie, appena poco più di mille, oltre il lavoro di tre anni, giustifica sicuramente il prezzo. Ma veniamo al dunque: la differenza sostanziale tra questo e altri Supercampani è in bocca più che nell’olfatto. Mentre Montevetrano, Taurasi di Molettieri, Terra di Lavoro di Galardi, Ara Mundi di Telaro, Taurasi di Mastroberardino, Vigna Cataratte di Fontanavecchia, Cenito di Maffini, Impeto, hanno un filo conduttore comune a prescindere dalle uve e dal territorio in cui la ricchezza del frutto si abbina alla mineralità, in questo caso vince l’opulenza del frutto, una sensazione che si avverte sin dal primo impatto e prosegue dritta senza deviazioni sino alla fine della beva avvicinandosi più allo stile di Zero di Bruno De Conciliis. Il Vigna Piancastelli è annunciato sin dal colore rosso rubino intenso come sontuoso, complesso al naso e al palato in linea con tutti i veri grandi vini, sicuramente in odore di interessante evoluzione nel corso dei prossimi anni, ha una sua compiutezza capace di fare a meno di qualsiasi abbinamento per non rimanda ad altre esigenze papillose o mentali, da meditazione davanti al camino in inverno o in una terrazza dei grandi alberghi della Penisola Sorrentina. Stupisce, davvero stupisce, lo straordinario equilibrio tra il frutto, il legno assolutamente non invasivo, la freschezza che comunque sostiene la beva, l’alcol: tutto, in realtà, supporta soprattutto il sapore dell’uva che invade gradevolmente il palato presidiandolo all’infinito. Grande vino, il top di una gamma a nostro giudizio davvero straordinaria, quel che ci si aspetta da vigneron moderni dove la manualità significa soprattutto tanta cultura sostenuta da tantissima passione.
Sede a Castel Campagnano, Contrada Mascioni. Tel. 0823.867126. www.terredelprincipe.com Enologo: Luigi Moio. Ettari: 6 di proprietà e 5 in affitto. Bottiglie prodotte: 50.000. Vitigni: pallagrello bianco, pallagrello nero e casavecchia.
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