Credo che questo vino sia giunto al capolinea. Se qualcuno ne ha ancora una bottiglia mi faccia un fischio per favore. Ieri, giornata di pioggia, il piacere di stare al chiuso e di cucinare un pacchero con la salciccia, la voglia di stappare qualcosa di vecchio che ancora resiste nella mia casa in città. Resiste da tempo immemorabile, appunto, uno degli Aglianico che mi hanno sempre appassionato tantissimo, era il vin odi punta di Ocone a Ponte, una vecchia vigna adiacente alla cantina, la prima partita ad essere trattata in barrique sempre con ottimi risultati perchè mai il legno ha mortificato il frutto. Ci prendiamo allora la briga di scriverne qualche riga a ben tredici anni dall’ultima scheda, annata calda ma equilibrata quando ne scrivemmo, annata caldissima quella di questo millesimo che però, come tutti gli Aglianico del 2003 a cui stiamo chiedendo le ultime emozioni, si presenta in perfetta forma. Fatta eccezione per il tappo che si spezza e un residio anche naturale visto che il vino non è stato filtrato. Un biologico ante litteram, assolutamente piacevole e dallo stampo tradizionale, in cui dominano i sentori di amarenza sotto spirito, tabacco, un po’ anche il cuoio. Ottima la freschezza, ancora vibrante e che fa la differenza quando si beve, compreso il fatto che la bottiglia finisce che è una bellezza. Un grande rosso che ricorda un’epoca ancora pionieristica per il vino in Campania, quello della scoperta e del racconto. Lascio intatta la mia previsione sbagliata: nel 2003 il vino mi sembrò muscoloso e già pronto per lo stappo, ma ancora una volta l’Aglianico dimostra di essere un vino immortale quando ben vinificato. In qtutti queti anni l’acidità ha sostenuto l’impianto regalandoci una bella bottiglia domenicale, e il paicere del suo profumo pulito, senza cedimento, questo lunedì mattina.
Scheda del 19 ottobre 2007. Anche quando, come questa, le stagioni sono calde l’Aglianico si difende perché è a vendemmia tardiva e la frutta ha la possibilità, con le piogge e la ripresa di decise escursioni termiche, di ricomporsi e recuperare. In Irpinia, ad esempio, la vendemmia è sicuramente anticipata rispetto alla media, ma è ancora in corso. Il Sannio, parliamo della Valle Telesina, è invece un po’ più caldo, Mimmo Ocone ha chiuso la sua in quel di Ponte: esposizione a Sud, siamo circa a 300 metri, il terrreno è calcareo, la resa per ettaro di questa antica vigna a ridosso della cantina viaggia sui 70 quintali per ettaro. L’uva fermenta in tini, poi riposa in vasche d’acciaio, infine si eleva in barrique e in vetro prima di uscire a quattro anni dalla vendemmia. Siamo dunque alla 2003, la seconda edizione della seconda serie del Vigna Pezza la Corte che Ocone aveva sospeso e poi ripreso dietro mia insistenza perché ho sempre amato molto questo Aglianico in purezza. Nelle degustazioni coperte a giugno, con quattro mesi di bottiglia in meno, era oscillato fra i 75 e gli 80 punti: una dato da prendere come riferimento, ovviamente, e non come valore assoluto perché ogni degustazione segna la perfomance di un vino in un certo momento dato limitandosi a fare una previsione sulla sua evoluzione, previsione basata soprattutto sulla esperienza degli assaggi. Comunque un punteggio alto. Il millesimo si presenta anche in questo caso cone le caratteristiche che conosciamo tutti ormai affermate quasi ovunque, molti sentori di frutta rossa matura anche se non cotta, mai cotta nell’Aglianico, la tradizionale eleganza lascia il posto ad una pomposa esibizione muscolare alquanto inedita, soprattutto la freschezza non ha un tono proprio ragionato, ma sostiene dietro le quinte con lavoro operaio e discreto il vino segnato stavolta soprattutto dalla morbidezza e dalla immediatezza di una sensazione dolce solo lievemente corretta nell’ultimo tratto del finale. Dunque, per quanto paradossale possa sembrare, come tutti i 2003, anche questo rosso non potrà avere una ulteriore evoluzione molto lunga, va consumato da qui a due, massimo tre anni, il che comunque non è poco considerata la stagione davvero terribile. Il top wine aziendale si conferma un vino comunque immediato, molto pulito e netto, risultato di una azienda dopo si pratica l’agricoltura biologica e tutto il processo di vinificazione avviene per caduta verticale delle uve, in questo caso il vino non viene neanche filtrato. Un rosso da bere in preparazioni di carne in umido, su roast beef, su pecorini non particolarmente stagionati, pollo arrosto e piccione alla cacciatore della Trattoria La Frangiosa a Ponte, un punto di riferimento irrinunciabile quando si scorazza per la Valle Telesina.
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