Non c’è niente di più bello per gli appassionati di vino condividere le bottiglie con chi ne capisce più di te. Ecco perché il Vigna della Congregazione Fiano di Avellino di Villa Diamante pensato e realizzato 14 anni fa dal compianto Antoine Gaita è arrivato a fine corsa nel contesto giusto. Ovviamente, dopo tante degustazioni, ero certissimo di trovarlo in perfette condizioni e con una verve giovanile a dispetto del tempo passato ancora da spendere, una specie di Brad Pitt sul tappeto rosso di Venezia. E così è stato. Quando l’ho sorseggiato, con quei sentori di frutta ben evoluta, le note di macchia mediterranea, il rimando fumé che da sempre ne fanno l’unico bianco di Montefredane in grado di competere con l’areale di Lapio, mi è venuto in mente il costo all’epoca (siamo sui 15-18 euro) e il paragone con l’ultimo dei Mersault, ovviamente vincente per Antoine.
Solo in acciaio, a conferma della potenza dell’areale irpino mediato da una testa pensante vera in grado di sfruttarla.
SCHEDA DEL 1 NOVEMBRE 2013
Quando ero ragazzo capitava a volte che mia madre voleva farmi un regalo per rendermi felice e così mi ripeteva un’espressione in vernacolo napoletano che mi è sempre piaciuta e che è rimasta impressa nella mia mente fino adesso come eredità: “Guagliò tengo ‘na bella cosa astipata pe’ te!”. E da allora l’ansia di verificare che cos’era sta “bella cosa astipata”, cioè conservata, mi ha accompagnato per tutta la vita, perché allora, come adesso, rimanevo sempre affascinato ed incuriosito da questa sorta di gioco sfizioso, che immancabilmente si tramutava in gioia quando finalmente potevo scoprire di cosa si trattasse.
Ecco proprio quello che mi è capitato in questi giorni, anche se con effetto opposto purtroppo, quando ho dovuto tirare fuori “una cosa astipata” straordinaria che sicuramente non era giunto ancora il momento di scoprirla, ma che in un certo senso sono stato costretto a farlo. Mi riferisco alla bottiglia di Fiano di Avellino Docg 2010 Vigna della Congregazione di Villa Diamante di Antoine Gaita. E, come tutti sanno, un vino simile, seppur già pronto ma non ancora pienamente all’apice della completa maturità, è un vero peccato assaggiarlo così giovane, perché, cosa molto rara a livello nazionale, può durare nel tempo anche oltre dieci anni come una bottiglia di Chablis Premier Cru di Francois Raveneau o di Jean Dauvissat tanto per intenderci. In Italia sul versante bianchista abbiamo pochi riscontri analoghi, almeno per quanto riguarda un vino derivante da vitigno autoctono. Mi ricordo che proprio durante l’evento di Carovigno il Vigna della Congregazione è stato oggetto di una stupenda verticale molto apprezzata dagli esperti convenuti da tutto il mondo. Soltanto un collega non era molto convinto, perché sosteneva che in Italia ci fossero altri vini bianchi migliori e più longevi del Fiano di Avellino. In tutta franchezza, devo dire che non sono stato assolutamente d’accordo con il suo giudizio, ma ognuno ha il diritto di esprimere il proprio parere liberamente, anche se non necessariamente condivisibile come nella fattispecie.
Antoine, con trascorsi giovanili nel Belgio vallone, è una persona solare, competente, gentile e sempre molto disponibile al dialogo. Persegue una viticoltura espressamente derivante da agricoltura biologica, perché crede che il vino sia un elemento vivo e naturale e che non abbia alcun bisogno di essere aiutato con interventi esterni invasivi. Da poco tempo oltre al Fiano sta sperimentando un poco di Aglianico e di Greco, ma la sua grande passione rimane comunque sempre il suo insuperabile Fiano di Montefredane.
Dopo la canonica fermentazione, il vino riposa in contenitori di acciaio per circa un anno e poi passa in bottiglia per l’elevazione per alcuni mesi, prima di essere messo in commercio. Il valore alcolometrico è di 13 gradi C.
Nel bicchiere il vino cerca ancora un suo consolidato assestamento cromatico, che per adesso è ancora in un’evolutiva fase di spinta e quindi si limita a sfoggiare un colore paglierino al centro e luccicante ai bordi. La vena aromatica esordisce con un naso scalpitante, fitto d’intensi e ricchi profumi permeati da un coté di frutta bianca matura, come la pesca e la pera, parvenze mediterraneamente erborine, spruzzi balsamici e fragranze terrose e mineralizzanti che galleggiano tra le narici ed il cervello. La bocca vuole scrupolosamente testare la bontà del sorso appena versatole sulla lingua e così la scansione gustativa che ne esce fuori offre subito un’immagine di per sé dinamica e tensitiva e connotata poi da un tratto espressivo di godibile purezza. In successione si coglie un vezzo sapido, poi uno splash idrocarburico, come un Riesling alsaziano di Zind-Humbrecht, una freschezza infinita che alita il palato come il ponentino romano, una succosità fruttata, una sfumata nota fumé in sottofondo ed infine un seducente equilibrio, che diventa il punto di riferimento della beva, come la terra promessa per Mosè e gli ebrei fuggiti dall’Egitto, perché tutte le componenti sono perfettamente bilanciate ed amalgamate. Chiude con un finale lungo, pervasivo e godibilissimo, frutto di un vino stupefacente, avvolgente, meraviglioso e dall’incalcolabile longevità, checché ne dica quel collega… Io se fossi in voi ne farei grande scorta per l’avvenire, perché ne vale la pena credetemi, anche per il prezzo contenuto. L’abbinamento può spaziare dai classici piatti di mare, a minestre di verdura, a carni bianche, ad un tagliere di salumi e/o a formaggi a pasta filante come la mozzarella di bufala. Ma fra qualche anno il vino potrà essere accostare anche a piatti più sostanziosi. Prosit!
Questa scheda è di Enrico Malgi
Sede a Montefredane (Av) – Via Toppole, 16
Tel. 0825 670014
Villadiamante1996@gmail.com – www.villadiamante.eu
Enologo: Antoine Gaita
Ettari vitati: 3,5
Bottiglie prodotte: 15.000
Vitigni: Fiano di Avellino, Greco di Tufo ed Aglianico di Taurasi
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