Uva: aglianico
Fascia di prezzo:oltre 20 euro
Fermentazione e maturazione: acciaio e legno
Vista: 5/5. Naso 26/30. Palato 27/30. Non omologazione: 32/35
Il gioco essenziale è fare l’artigiano, ossia non avere il protocollo fisso. Ufficialmente il 50 per cento della matera fermenta in acciaio, l’altro in legno. Poi ci si alterna tra legno grande e barrique. Ma questo è solo un tracciato, il sentiero varia di anno in anno ed è nell’interpretazione della frutta fermentata in cantina l’asso della manica dei Molettieri.
Dunque annata dopo annata, persino la 2002, presenta qualcosa che fa discutere e che appassiona. Abbiamo più volte detto che questo stile muscoloso non è nelle nostre corde, ma non possiamo fare a meno di ammettere la verità di questa impostazione, l’idea di esprimere il vino secondo questa interpretazione.
L’aspetto più divertente della verticale comparata che abbiamo fatto a Taurasi con Caggiano è che si è giocato a parti inverse: Antonio esprimeva l’eleganza pur essendo a quota 320 e con un anticipo fisso di una decina di giorni di vendemmia, Salvatore dall’alto dei suoi 600 metri era il muscoloso. E allora, come la mettiamo con i luoghi comuni, le vite parallele ove altezza è mezza finezza?
In effetti, c’è un atteggiamento assertivo di Luigi Moio lapalissiano ma scomodo ai poeti: il vino è un progetto cerebrale prima di tutto, poi viene il resto.
Forse, prima ancora delle note sul terreno, i vitigni, la qualità dei legni e le procedure di vinificazione, è bene entrare nella testa di chi il vino lo fa, proprietario o enologo, per capire a fondo il bicchiere. Chi ha una vocazione commerciale non potrà che fare un vino con aspirazioni commerciali.
Salvatore mi ricorda un po’ Cosimo Taurino, sotto il profilo fisico, dal punto di vista dell’avventura umana, della possibilità di essere proiettato sul mercato mondiale. C’è tanta personalità nel suo vino.
La 2004, girando per il web esistono numerosi assaggi, era stata un po’ presa sottogamba. In linea di massima all’inizio anche da me, ma da almeno un paio di anni ne sono diventato un grande appassionato e credo proprio che mi aiuterà a sopravvivere alla 2007 di cui tutti tessono le lodi (soprattutto produttori e venditori perché è l’ultima) e che invece a me sconcerta per la banalità del frutto.
L’altezza aiuta il vino ad emergere, la spinta acida c’è, come se c’è, annunciata anche da incredibili lampi violacei. Ma, a differenza della maggior parte dei Taurasi, non disegna un profilo sensoriale autonomo, in una parola non è scissa, ma supporta invece con determinazione l’enorme massa. Questo è il segreto dei vini di Salvatore Molettieri.
L’Aglianico non se le passa molto bene, il Taurasi men che meno. Per trionfare sul mercato ha bisogno di diventare un rosso delle grandi occasioni. Il lavoro fatto da Caggiano e Molettieri è andato, sia pure su piste diverse, in questa direzione. Ed è questo il segnale lanciato dai prezzi di Moio.
In una parola, se questo vino accetta di mettersi in competizione a quattro, cinque euro, non potrà mai davvero decollare nell’immaginario collettivo.
Chi ha ragione? Difficile fare una previsione. Fatto è che tirare un tappo a Molettieri o a Caggiano non è mai la stessa cosa che farlo con gli altri. E un motivo ci sarà.
Vai con la 2004, allora.
Sede a Montemarano, Contrada Iampenne. Recapito Contrada Musanni, 19/b. Tel. 0827. 63424, fax 0827.63722. www.salvatoremolettieri.it Enologo: Giovanni Molettieri. Ettari: 7 di proprietà. Bottiglie prodotte: 20.000. Vitigni: aglianico, fiano, greco, coda di volpe
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