MOLETTIERI
Uva: aglianico
Fascia di prezzo: da 35 a 40 euro franco cantina
Fermentazione e maturazione: acciaio e legno
Monumentale. Questo il termine con cui abbiamo sempre descritto i vini di Molettieri. Però dopo lo spettacolare 2003 strappato alla bella cantina di Palazzo Petrucci, aggiungiamo con piacere il termine classico. Si, davvero, un rosso in cui c’è un equilibrio perfetto tra il legno e il frutto, con i tannini lisci ma presenti, l’alcol forte ma contenuto dalle altre componenti. Un classico che ci fa tornare alla mente le parole pronunciate da Lucio Mastroberardino una decina di anni fa, quando si malediva l’annata 2003 perché calda, tropicale, esagerata, insostenibile. Aspettate, dice, e vedrete che ci saranno belle sorprese. In effetti l’Irpinia sta rispondendo bene a distanza di tanti anni, il caldo fa bene alle zone fredde e quelli che non hanno vinificato per stupire, aglianico o fiano e greco poco importa, regalano oggi dei piccoli grandi capolavori. Salvatore Molettieri all’epoca era uno che aveva caricato i valori dell’Aglianico di Montemarano e i suoi vini piacevano da matti a tutti. Poi, come sempre succede, anche in viticoltura, le mode passano in nome delle novità indispensabili. Eppure forse in nessun settore come nel vino il tempo è davvero galantuomo perché restituisce il valore concreto di una bottiglia in modo esatto e senza fronzoli.
Abbiamo goduto del Taurasi di Molettieri su uno spettacolare trancio di ricciola su letto di patate e brodo di porcini pensato da Lino Scarallo. Un abbinamento che dimostra di come sia possibile consumare questi rossi anche in riva al mare in città.
Bisogna crederci ed esserne orgogliosi perché, credetemi, forse non saranno i vini più buoni del mondo, ma sicuramente unici. Difficile, tanto per dire, avere un 2003 così giovane a distanza di tanti anni. Come un uomo che ha 80 anni ha ancora tutti i capelli neri.
Scheda del 2 luglio 2008. Dopo un paio di anni all’insegna dell’incertezza, ma, sia chiaro, parliamo di otto invece di nove, Salvatore Molettieri riprende saldamente in mano il genius loci del Taurasi di Montemarano con una doppietta di rispetto. Il 2004 e questa riserva, per non parlare dell’Aglianico cosiddetto base. Si tratta di rossi d’alta quota, che corrispondono alla capacità perfetta di parlare ad un pubblico internazionale, segnatamente anglosassone, con alcuni valori di vino autoreferenziale, cioè la concentrazione, la masticabilità quasi, l’essenza dei legni dolce e balsamica, l’ingresso abbastanza morbido, alcol a quota alta, senza però rinunciare alla tipicità del vitigno che si esprime con una grande freschezza in bocca e tannini assolutamenti vivi e presenti nella beva, ben estratti in fase di vinificazione.
Intendo dire che se l’italiano, il latino in genere, concepisce il vino in abbinamento al cibo, l’anglosassone lo beve in quanto tale. Questa è la differenza, dunque, quando si parla di gusto internazionale, frainteso alla carlona con la banalizzazione dell’autoctono attraverso l’uso massiccio della barrique e magari l’aggiunta di un po’ di bubbazza per accorciare i tempi di elevamento e renderlo un po’ più morbido. Questa ricetta va bene per la fascia meno acculturata dei consumatori, Molettieri invece risponde al bisogno alto degli stranieri di bere il vino, di quelli che nel bicchiere ricercano carattere e capacità di far pensare, imporsi con autorità durante la beva. Ecco dunque che questi vini, pur essendo esagerati e molto poco italian style, non per questo possono considerarsi fuori territorio. Anzi, tutt’altro, lo esprimono in maniera forte e decisa, non lo rinnegano ma per certi versi lo esaltano senza scorciatoie. Chi fa vino caricaturale dovrebbe fare uno stage qui per capire davvero cosa si intende con l’espressione gusto internazionale, da non confondere assolutamente con gusto omologato. C’è la stessa differenza che passa fra un McPanino e un sushi fatto a mestiere. Ha giovato, in questo lavoro, diciamo anche in questa trasformazione sempre più accentuata, il rapporto con Marc de Grazia che si avverte con chiarezza soprattutto a partire dall’annata 1999. La riserva 2003 si presenta dunque con questa veste da vinone, sin dal naso molto complesso che parte dagli effluvi balsamici, per certi versi resinosi dolci, per poi declinare verso la frutta matura e la conserva di amarena, e proseguire con sentori di cacao, liquirizia. La cavalcata del naso non entra nell’universo animale, ma resta saldamente nei descrittori appena enunciati, non rischia cioé, ma saggiamente si mantiene su nuances piacevoli e ammalianti. In bocca dovremmo partire dal caldo, visto che l’etichetta dichiara 15 gradi, ma siamo sicuramente sopra, eppure la grande costruzione del vino non fa avvertire questo livello davvero poco latino di alcol perché già materia prima esagerata. Devo dire che è proprio questa interpretazione della materia prima, quella della frutta 2003, che mi ha colpito positivamente: infatti la maturità avvertita al naso ha una sua precisa prosecuzione anche in bocca, ma il tutto è sostenuto da estratti altissimi oltre che da una impressionante freschezza che rivela un lavoro nei campi prima ancora che in cantina non comune. Sono stato spesso in cantina da Salvatore e dai figli e so come lavorano: la sosta nei legni è decisa di volta in volta, gli assaggi sono continui, quotidiani, il processo di elevamento è seguito come e se non più della stessa fase fermentativa e il vino è coccolato come un neonato in una incubatrice sino a quando non arriva in bottiglia, Grazie a questa forza produttiva i Molettieri riescono ad ottenere risultati davvero impagabili. La maturità di questa riserva 2003 mi fa sospettare una non lunghissima evoluzione, a differenza per esempio della 1999 che potrebbe celebrare il mezzo secolo con molta tranquillità, ché la polpa è assolutamente ben presente. In fondo, cosa ci si aspetta di più da questo vino? Perchè dobbiamo aspettare ancora per berlo? A queste domande credo si debba rispondere con la curiosità verso la terziarizzazione e, sostanzialmente, una ulteriore fase di composizione, magari anche di dimagrimento del frutto, nell’arco di un paio di anni. Staremo a vedere se mi sbaglio. Certo fa davvero impressione vedere sino a che livelli di costruzione in bottiglia può raggiungere l’Aglianico e Molettieri ha segnato da questo punto di vista un percorso sul quale nessuno sinora si è avviato. Va bevuto, per restare nella filosofia produttiva, da solo, con un pezzetto di pecorino stagionato per sostenere ancora di più il bicchiere e giocare di sponda.
Sede a Montemarano, Contrada Lampenne. Recapito Contrada Musanni, 19/b. Tel. 0827. 63424, fax 0827. 63722. www.salvatoremolettieri.it Enologo: Giovanni Molettieri. Ettari: 7 di proprietà. Bottiglie prodotte: 20.000. Vitigni: aglianico, fiano, greco, coda di volpe
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