BENITO FERRARA
Uva: greco di Tufo
Fascia di prezzo: da 5 a 10 euro
Fermentazione e maturazione: acciaio
Con il passare degli anni adoro sempre di più questo magnifico Greco. Sapete la mia passione per i bianchi invecchiati, ma ritengo che in questo caso più che elevamento ci sia scarnificazione del bianco che perdendo aromi di fermentazione e riequilibrandosi in bottiglia lasciando da parte agrumato e pesca per far posto agli idrocarburi, al fumé e allo zolfo. In queste condizioni, accentuate in annate calde che ho l’impressione facciano proprio bene al Greco, berne un bicchiere durante il pranzonon è una esperienza, ma una assoluta necessità sgrassante e ripulente del palato. In una parola, parliamo di un vino utile, un vino che serve a mangiare e che gratifica le papille con questa sua forza incredibile, quasi tannica.
A distanza di tre anni il Vigna Cicogna, bevuto in analoghe circostanze, e provato anche in verticale con Gabriella Ferrara appare ancora più risoluto ed efficace della precedente degustazione. Maturo, ricco, freschissimo. Un vino di grande carattere che ha ancora qualcosa da dire nei prossimi anni. Evviva
Scheda del 27 dicembre 2012. Ci si chiedeva, nella estate di quattro anni fa, quale destino aspettava questo vino apparso eccessivamente carico e poco dinamico nelle prime battute. Ebbene, adesso possiamo rispondere, contenti per la scorta disponibile: una bella avventura. In tutto questo tempo la componente acida, che regge l’impianto materico di questo bianco imponente, è rimasta assolutamente inalterata mentre i toni sulfurei, spesso cangianti in fumé e cenere, si sono accentuati pur lasciando margine ad una frutta a pasta bianca ancora fresca e matura.
Il naso è dunque molto incisivo, piacevole, profondo e ricco di suggestioni che si concludono con i toni minerali dominanti. In bocca il vino è pieno, secco, lungo, rinnova di contoinuo la voglia di berlo e la bottiglia finisce nel corso del nostro pomeriggio natalizio in cui una chiacchiera tira l’altra.
Certo l’acidità si fa ancora sentire, domina la beva, ma quando decidiamo di accompagnare l’ultimo bicchiere con uno zito al ragù arruscato in padella entriamo nel senso profondo di questo bianco. Una incredibile capacità di empatia chimica con le papille, grande spazzino del palato, capace, nella sua semplice complessità, di scaldare davvero il cuore davanti al caminetto acceso.
Ma quanto è bello godere questi bianchi dopo i due anni.
Scheda del 4 agosto 2008. Per citare un fortunato post di Ernesto Gentili e Fabio Rizzari, fa molto enosnob affermare di preferire il base anziché il top wine dell’azienda. C’è chi lo fa per stupire, chi lo assume come metodo, chi lo ripete ogni volta perché ha mangiato lingua di pappagallo. La verità, ovviamente, sta nella concretezza delle cose, nel senso che difficilmente il secondo vino può essere superiore a quello sul quale le aziende, parlo delle cantine serie che seguono tutta la filiera ovviamente, concentrano i loro sforzi in campagna e durante il processo di lavorazione.
Spesso ho notato semplicemente che i tempi di elevamento sono diversi per cui nelle degustazioni alla cieca primaverili e di inizio estate durante le quali si concentra il lavoro delle guide, spesso effettivamente prevalgono i vini di più facile e immediata beva perché gli altri hanno ovviamente bisogno di più tempo per esprimersi. Ciò avviene soprattutto per i bianchi perché i rossi importanti vengono comunque presentati dopo un lungo periodo di affinamento e giustamente le aziende di esperienza preferiscono a volte passare: è accaduto l’anno scorso con Paternoster e Martino, quest’anno con Maffini.
A Vini Buoni è capitato sistematicamente con tutti i top delle grandi cantine e sia il Greco dei Feudi che il Fiano di Mastroberardino sono entrati nelle prime 60 etichette della finalina che ha preceduto l’assegnazione delle corone a Caserta superando blasonati cru e selezioni. In passato era avvenuto sistematicamente per il Fiorduva e stavolta ci è successo con il Greco di Gabriella Ferrara. Benché riproposto in assaggio, sempre coperto ovviamente, due diverse commissioni hanno mostrato di preferire il base, grande vino in questo millesimo.
Beh? Cosa ti hanno fatto Vigna Cicogna? Nulla di serio, è che l’annata è stata mediamente più calda e dunque tutti i parametri su cui si regge l’equilibrio di questo vino, ormai testato da molti anni, hanno cambiato composizione e, in presenza di maggiore concentrazione c’è un’accentuazione di alcuni elementi a discapito di altri, nello specifico della freschezza che, pur molto elevata, appare un passo indietro rispetto al resto. Bisognerà dunque aspettare per capire a favore di chi può giocare il tempo, se cioé l’acidità resiste oppure se il vino si avvia verso un processo scoliotico che ha segnato quasi tutti i bianchi del 2003.
Parliamo, non è una pezza a colori, comunque di un grande bianco, segnato dalla forte presenza di zolfo e dalla sapidità spinta, starei per dire esagerata, intenso e persistente sia al naso che al palato. Ma, rispetto al base, pecca un po’ in eleganza, appunto. Potete allora utilizzarlo, se non volete aspettare per vedere come va a finire, in abbinamento a piatti di pesce molto ben strutturati e niente affatto delicati, come una cernia di scoglio al suo ragù, oppure su sapori netti come il salmone affumicato nelle sue diverse varianti, compresa la tartare un po’ speziata.
Sede a Tufo, frazione San Paolo. Tel e fax 0825.998194. Enologi: Attilio Pagli e Paolo Caciorgna. Ettari: 7 di proprietà. Bottiglie prodotte: 50.000. Vitigni: gfreco di Tufo, fiano, coda di volpe e aglianico.
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