FONTANAVECCHIA
Uva: aglianico
Fascia di prezzo: da 10 a 15 euro
Fermentazione e maturazione: legno
Gira che ti rigira ci si ritrova sempre a parlare di aglianico, della sua austerità, della sua, a volte, sottile eleganza o come in questo caso, della sua possenza e veemente capacità emozionale. Unisce e divide a seconda di cosa si sta bevendo, del nome che si sta nominando e del territorio di cui ne rappresenta espressione.
L’Aglianico ha tante anime e tra le tante ce sono alcune da amare profondamente. L’Aglianico del Taburno ne possiede una tutta sua e sta imparando nel tempo a conservarla gelosamente, ceppo per ceppo, filare per filare, con la terra che diviene preziosa ed il vino che ne nasce l’unica forza di rinascita, di rivincita, forse di vittoria su vini sparsi qua e là a rubare la scena spesso indegnamente.
Torrecuso oggi è il comune più importante della doc Aglianico del Taburno, qualcuno ha definito camminare i saliscendi intorno al borgo vecchio come fare un giro nelle Langhe piemontesi più nobili, io aspetto con ansia di girare a Barolo e Barbaresco ma nel frattempo non oso immaginare niente di simile ai colori e ai profumi autunnali intorno a Fattoria La Rivolta e Fontanavecchia.
Dopo la vicina Castelvenere è il comune più vitato della Campania con i suoi oltre 24mila ettari e quello dove si concentrano il maggior numero di aziende vitivinicole. Il territorio ricade nel Parco Regionale del Taburno Camposauro istituito nel 1993 per proteggere i boschi secolari di castagni, lecci e faggi e gli abeti bianchi portati dai Borbone nel 1846.
Un paese completamente vocato alla viticoltura, dicevamo, come la storia e la tradizione della famiglia Rillo, di papà Orazio e del figlio Libero che ha saputo dare la sferzata necessaria a far crescere ed affermare Fontanavecchia come un riferimento di indiscutibile valore per i vini qui prodotti. L’intero areale torrecusano fino agli anni ’50 era per lo più spezzettato in piccoli poderi sui quali si coltivava di tutto con le tecniche del tempo e tutto ciò che vi si ricavava soddisfaceva appena i bisogni delle stesse famiglie che conducevano i poderi.
Solo qualche anno più tardi si scoprì quale fosse la vocazione più idonea che trovò nella vite e nell’aglianico in particolare la sua strada maestra, e sin da allora i Rillo scelsero bene quale strada intraprendere puntando sempre alla sua valorizzazione ed oggi, alcune loro interpretazioni, in certe annate sono assurti senza ombra di dubbio a capisaldi della viticultura campana.
Il colore di questo Vigna Cataratte Riserva è rosso rubino con riflessi granata, limpido, di buona vivacità e consistenza. Il primo naso è intenso e complesso su sentori di frutta rossa matura, prugna in confettura, poi vengono fuori note speziate, tabacco, sino all’emergere di sensazioni balsamiche, di liquirizia, poi ancora note di grafite. In bocca è secco e caldo, fresco quanto basta, dal palato tosto e coriaceo, dal tannino ben levigato dal tempo ma ancora presente e costante, vellutato solo sul finale di bocca grazie ad un residuo di frutto polposo, semizuccherino, ad abboccare la nota finale tostata tendenzialmente amarognola. La beva risulta costantemente di grande intensità e di notevole persistenza aromatica, avvolgendo il palato continuamente in una piacevole e sostenuta corrispondenza gusto-olfattiva. Un vino certamente robusto, figlio di una annata calda e probabilmente destinato ad una vita non lunghissima ma che ancora, dopo sei anni, mostra di avere carattere da vendere e godibilità da non perdere. Da bere su di una succulenta sella di coniglio farcita cotta a bassa temperatura, come quella di Francesco Sposito di Taverna Estia di Brusciano.
Questa scheda è di Angelo di Costanzo
Sede a Torrecuso, via Fontanavecchia. Tel. e Fax 0824.876275. www.fontanavecchia.it
info@fontanavecchia.it Enologo: Angelo Pizzi Ettari: 12 di proprietà. Bottiglie prodotte: 150.000. Vitigni: aglianico, piedirosso, cabernet sauvignon, merlot, falanghina
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