Scriveva Marziale: «se vuoi bere del vino spenderai un sesterzio; del buon vino te ne costerà due; ma se vorrai il magico Falerno dovrai esserne pronto a pagarne sei». Abbiamo salutato ieri mattina l’uomo che all’inizio degli anni ’90 mi guidò nei vigneti di un territorio che nell’impero romano era considerato alle stessa stregua della Bordeaux di oggi. L’avvocato Francesco Avallone era assistente di Arangio Ruiz quando scoprì nei testi latini la passione dei romani per questo vino che con la fondazione di Villa Matilde a ridosso degli scavi di Minturno ha contribuito in maniera fondamentale a rilanciare, in un momento in cui la viticoltura campana riusciva a fare un clamoroso scatto di reni riprendendosi così un primato antico. Oltre trent’anni fa, insieme ad alcuni amici appassionati, piantò aglianico e falanghina mentre nelle campagne avanzavano sangiovese e trebbiano e, tra una causa e l’altra, portò avanti questa passione fino a farne una ragione di vita, assieme alla capacità di dare nuovo lustro attraverso il Parker’s, l’ex Britannia, alla spettacolare tradizione dell’ospitalità partenopea in anni molto difficili per la città. Una struttura che Francesco Avallone ha sempre messo disinteressatamente a disposizione per i soci dell’Enohobby di cui era fondatore con Mimì Monzon e Lia Ferretti e, più in generale, coloro che avevano voglia di promuovere la cultura del vino campano: per questo il Grand Hotel Parker’s, è sempre stato un punto di riferimento nel mondo vitivinicolo meridionale. Ricordiamo il nostro caro amico, la cui opera continua grazie ai figli Maria Ida, Sissi, Bice e Tani, con il vino rosso che forse ha amato di più, il Vigna Camarato, un cru ottenuto dalla vigna più antica di aglianico ai bordi della tenuta di Villa Matilde. Un rosso che riflette il suo stile elegante, deciso, capace di giocare sui tempi lunghi le sue infinite potenzialità valorizzato da Riccardo Cotarella come espressione compiuta del terroir. Villa Matilde, il nome è quello della moglie di Francesco, è stata, con Mustilli, la prima azienda campana ad essere pensata anche per l’accoglienza dei turisti e degli appassionati in un momento in cui il Movimento del Turismo del Vino non era stato neanche ancora fondato. Vedete dunque, come il miracolo di questi anni, si è manifestato soprattutto grazie alla incredibile capacità di alcuni uomini di vedere lontano, credere nel futuro valorizzando il poco che era rimasto di un passato travolgente ma ormai dimenticato, rischiando in prima persona energie e capitali. Di questi uomini, è chiaro, e dei loro vini resterà sempre memoria.