Vicorua Eboli
Via Vico Terzo Rua trav via Genovese
tel 347.8860916
prezzo medio 20-25 euro
Aperto la sera
di Marco Contursi
Ci sono cene che ricordi, per la bontà del cibo, o per la piacevole compagnia, o ancora, per la particolarità del posto in cui si svolgono. Poi ci sono quelle, in cui tutte queste tre cose coesistono e sei indeciso se scriverne, per una sorta di gelosia dei momenti piacevoli. Sono sempre così pochi, troppo pochi.
Ma poi alla fine lo fai. La racconti questa cena. Perchè anche altri possano goderne.
Qualcosa della serata, però, lo tieni solo per te.
Centro storico di Eboli, un mercoledì piovoso. Vicorua Pizza e Giardino.
Da venirci. Da tornarci.
Carmelo Vignes incarna il mio oste ideale. Simpatico, empatico, appassionato. Già lo adoro.
“Ho pensato di mettervi lí” dice indicando un tavolo a centro sala, “No Carmelo, il mio tavolo è quello in fondo” ribatto io. Voglio stare dove la pietra viva, definisce un angolino tranquillo, reso ancor più intimo dalla luce, malferma, di una candela. Le foto dei piatti non saranno perfette, ma pazienza, a me cenare così piace da morire. Ci sono certi piatti, ci sono certi vini, ci sono certe persone, che richiedono raccoglimento e silenzio per coglierne l’intima essenza. E nulla che faccia più luce di una candela. La sala nel frattempo si riempie. La tavola nel frattempo si riempie.
Ceci fritti, qualche salume che potrebbe essere migliore ma non è colpa di l’ha acquistato ma di chi lo produce. Due calici vuoti e una bottiglia di rosso.
Senza etichetta, è il vino che Carmelo fa fare per lui: Aglianico, Montepulciano e chissà che altro. Ma che mi importa saperlo. Scende giù bene.
E continuano ad arrivare piccoli panini coi broccoli, foglie e patate, polpette e tracchie, un quasi soufflé cotto nel forno a legna, lagane coi fagioli. E qualche peperone crusco, un po’ dovunque ad arricchire. Mi sembra tutto così buono.
Faccio un serio sforzo per non permettere alla piacevolezza della compagnia e dell’ambiente, di ammorbidire il mio giudizio sul cibo. Mi concentro, ci riesco e confermo la prima impressione sulla bontà della cucina.
La danza dei piatti non si ferma, arriva il ciauliello. Piatto simbolo di Eboli, verdure essiccate al sole, come si faceva quando non c erano i congelatori, per averne tutto l’anno. Poi tuffate in acqua bollente per reidratarle e quindi cotte con concentrato di pomodoro, olive e olio. Già l’ olio, qui a Vicorua è quello buono, frantoio Marsicani. Vi dico solo che col pane di Vincenzo Bardascino da grano carosella, questo olio ci sta da sballo.
Ancora, un assaggio di trippa e patate come da tempo non ne mangiavo. Setosa, accarezza il palato, gusto pieno, ammorbidito dalla dolcezza delle patate e dal tostato del crusco. Strappa una ola, silenziosa.
Un cannolino croccante per chiudere, la ricotta non è di pecora ma va bene uguale. La seconda bottiglia, di vattelapesca che uve, è finita e l’orologio segna l’una di notte.
Cavolo, sono andati via tutti, la sala è vuota ma Carmelo sa fare il mestiere e non ha detto nulla. Capisce quando la piacevolezza di una chiacchierata, ed un buon calice, alienano dallo scorrere del tempo. Anzi, si rammarica di non essersi seduto con noi, ma stasera si è lavorato alla grande e la sala era piena. Un valido motivo per tornare, magari una grassa pancetta la porto io, di quelle non in commercio ma buone per davvero. “Il martedì, nel primo pomeriggio sforniamo il pane caldo” dice Carmelo. Non serve aggiungere altro. Già segnato in agenda. Magari si inizia con pane caldo e pancetta e si fa sera con ciauliello e trippa. Non li ho capiti bene questi due piatti. Mi serve un ripasso. A volte, anche un critico esperto a tavola si distrae. Ma solo quando ha un valido motivo per farlo.
Vicorua
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