Antica Pizzeria Vicolo della Neve
Vicolo della Neve 24
Telefono: 089-7012684
Sempre aperto a pranzo e cena
di Francesco Costantino
Chi ha paura di cambiare, non lascerà mai traccia del proprio cammino.
Affrontare una sfida del genere, nelle condizioni attuali è da pazzi, ma ho paura a pensare, cosa sarebbe diventato questo posto, se altri ci avessero messo le mani sopra. Avere percezione di quanto sia importante, conservare gli aspetti positivi della tradizione, senza scimmiottarli o confonderli, è sintomo di grande riflessione, praticata con cultura e non con l’improvvisazione dilagante, che ha saturato il mercato. Quante volte sentiamo dire: “ come la fa mia mamma, non la fa nessuno”! È la verità . Perché i piatti classici non hanno una sola ricetta; cambiano da comune in comune, da paese in paese, a volte in base ai quartieri; per condizione economica e stato sociale: lo spaghetto con le vongole fujute, è un manifesto di questo principio. La verità è forse che qualcosa di tramandato, ha in sé molto più di quello che mangi. È evocativo. Profumi e sapori ricordano il tempo, gli affetti: questo si chiama amore.
È difficile che queste sensazioni possano essere trasmesse in luoghi affollati, dove gli ospiti si alternano senza soluzione di continuità. Qual è, allora, il compito di chi rileva un marchio storico come quello de’ il vicolo della neve? Approfittare della popolarità del brand, per superare la fase iniziale?
Come gestire le presunte delusioni o tradimenti, a cose che appartengono a un passato che non esiste più?
Non ho certo io la risposta, ma posso dire ciò che ho vissuto, seduto alla tavola del nuovo, vicolo della Neve.
Premesso, che avevo smesso di frequentare la precedente “versione”, da moltissimo tempo, nonostante gli riconoscessi il valore storico e rappresentativo per la città.
La cucina, quella degli ultimi anni, non mi faceva impazzire e non era l’unica cosa che mi lasciasse dei dubbi. Le stesse parole le dissi, tempo addietro, anche alla nuova proprietà, che in maniera informale mi aveva chiesto cosa pensassi dell’operazione. Sono anni che predico che il futuro della cucina, anche quella di grande tecnica, è nella tradizione. Ma una tradizione sostenibile, non legata a stereotipi di finta stagionalità o di pedissequa osservanza delle ricette. Il mondo di 50 anni fa non è questo. È stato importante confrontarsi con chi, quel posto lo ha vissuto davvero; con le nonne del centro storico, che hanno raccontato quello che mettevano a tavola, tutti i giorni o nei giorni di festa. Un viaggio a ritroso, fino alle origini. Da quando era una semplice cantina, dove si comprava il vino. Avventori che sentivano il profumo del cucinato al piano di sopra, che chiedevano conforto; volevano rifocillarsi. Qui l’origine di tutto. La pasta e fagioli ripassata, non era un vezzo, ma una necessità.
A mio avviso, però è stato importante fare i conti con la realtà.
Abbiamo abitudini e consumi diversi. L’attenzione alla salute è diventata primaria. Vedere il cibo galleggiare nell’olio, anche per i palati più robusti e goderecci, quelli del tanto e del saporito, è diventato complicato. Gli attentati al colesterolo sono subdoli, perché passano dal piacere, e sappiamo tutti, quanto sia difficile, rinunciare ad una scarpetta, inzuppata nel sugo.
In sintesi, l’esperienza come è andata ?
Ecco: ho trovato esattamente quello che mi aspettavo. Tante verdure, quelle di stagione. Ripiene, saltate, ripassate. Altre cose che non potevano mancare, come parmigiana e milza e al posto del pane, una focaccia.
Senza ipocrisia, per questi piatti non si può parlare esattamente di cucina salutistica, ma la tecnica, l’attenzione alle cotture, all’utilizzo di materia prima di qualità, di fritture asciutte e fragranti, mitigano il danno. Fanno in modo che le zucchine alla scapece, la scarola ripassata o quella ripiena, che la parmigiana o le polpette e financo ‘a mevez, siano invitanti, attraenti e non devastanti (litri di gaviscon per digerire). Colori vivi, olio di condimento a crudo, di grandissima qualità, ad impreziosire e regalare qualche grasso sano, a dispetto di quelli eliminati, approcciando le ricette con un concetto contemporaneo.
La cantina, per ovvie ragioni, attingendo da “uve nude” (enoteca personale delle proprietà), spazia in lungo e in largo, nonostante il tentativo, non riuscito, di ridimensionamento delle etichette in carta. È dinamica ma per convenienza.
Non credo sia necessario dire altrimo, se non che l’estetica è decisamente migliorata, il colore e l’attenzione ai dettagli recuperati, hanno valorizzato le mura e la luminosità ne ha amplificato la bellezza; il servizio è informale ma preciso e il costo, è davvero alla portata di tutti.
Pensatela come volete, ma andateci e verificate, prima di giudicare
Scheda del 26 maggio 2024
Il Vicolo della Neve riapre a Salerno con una consulente eccezionale: Nonna Maria Caputo!
Di Carmen Autuori
Quando nel 2021 si ebbe notizia della chiusura dell’Antica Pizzeria Vicolo della Neve, locale simbolo della gastronomia salernitana che prende il nome dal vicolo dove una volta nei sotterranei era conservata la neve e mirabilmente rappresentato nei versi del poeta Alfonso Gatto, al grande dispiacere e, forse anche al senso di vuoto, si aggiunse il timore che nulla sarebbe stato più come prima e invece, grazie a tre bravi imprenditori, l’anima di questo luogo che è storia e memoria squisitamente salernitana continua a vivere.
Parliamo di Fiorenzo Benvenuto e Gerardo Ferrari già titolari di Umi, uno dei migliori ristoranti giapponesi in Italia secondo la guida 50 Top Italy, di una enoteca in via Masuccio Salernitano in pieno centro storico e di un ristorante in riva al mare, La Crestarella a Vietri, con loro anche il cuoco Marco Laudato. E poi c’è la signora Maria Caputo, la nonna di Gerardo, che trasferisce ogni giorno la sua sapienza antica ai ragazzi della brigata. Sono sue le ricette che da sempre sono state proposte al Vicolo della Neve come il peperone imbottito, la parmigiana all’uso salernitano ovvero con le melanzane prima passate nell’uovo e nella farina e poi fritte, la milza, la pasta e piselli con i tocchetti di patate a dare cremosità e poi un’antichissima zuppa di cipolle con l’uovo che una volta si usava preparare per le puerpere per favorire l’allattamento.
Le sale conservano gli elementi più importanti di quelle originali come gli archi di pietra, parte di un dipinto del pittore Clemente Tafuri che rappresenta un pappagallo che, si dice, una volta appartenesse al locale e le fiamme dell’Inferno, un antico frigorifero, cucina a vista e ai muri alcune delle innumerevoli poesie di Alfonso Gatto, appassionato frequentatore dell’antica pizzeria dove amava intrattenersi con ospiti illustri come Eugenio Montale e Fabrizio De Andrè, ma anche con gente comune. Alla sua trattoria preferita il poeta ha dedicato una bellissima lirica, Il Vicolo della Neve.
Questo locale sospeso nel tempo non è solo un ristorante, ma anche un insieme di quadri di vita. Basta chiudere gli occhi ed immaginare la solitudine “dell’uomo triste che beve il suo vino appassito”, allungare lo sguardo sul vicolo e vedere il balcone dove una volta si affacciava “smargiassa” una delle tante donne di malaffare che abitavano nelle vicinanze, o ancora immaginare “l’odore di nassa” che inondava l’antica pizzeria che poi è quello del mare che s’intravede alla fine del vicolo: tutte figure che rimandano ad un tempo che fu e che continuano a vivere tra le mura di questo luogo iconico.
<<Il locale vuole essere il filo rosso che, attraverso la cultura gastronomica più autentica, ci riporta alle nostre radici più profonde – ci racconta Fiorenzo Benvenuto – e lo facciamo mantenendo il genius loci di Vicolo della Neve che, da sempre, è stato luogo di ritrovo oltre che di ristoro. La nostra cucina è improntata alla tradizione più pura, sia di mare che di terra, all’ insegna della territorialità e della stagionalità ed anche della ritualità, mi riferisco ai piatti tipici delle feste comandate, e su questo nonna Maria – la vera anima della nostra cucina – non transige. Abbiamo una piccola carta dei vini, soprattutto dei Campi Flegrei, beneventani, vesuviani, cilentani, ma c’è la possibilità per i clienti di poter acquistare anche altre tipologie di loro gradimento presso la nostra enoteca e consumarli qui>>
Cosa si mangia al Vicolo della Neve
Tra gli antipasti protagonista resta il peperone imbottito, rigorosamente senza carne. Morbidissima farcitura a base di pane, uova, capperi ed i peperoni rigorosamente privati della pelle.
Ad affiancarlo la parmigiana, compatta dove il pomodoro e il latticino sono in perfetto equilibrio, l’uno esalta l’altro.
E poi le morbidissime polpette, attenzione non con il pane grattugiato ma con la mollica di pane raffermo, prima fritte e poi immerse in un voluttuoso sugo di pomodoro: il gusto è lo stesso da oltre un secolo. C’è anche la versione light che nonna Maria ci ha ‘spoilerato’: <<Preparo il sugo senza soffriggere la cipolla, nel frattempo realizzo le polpette e le passo, dopo averle infarinate, nell’uovo sbattuto che diventa così il collante, le immergo nel pomodoro e le lascio cuocere. Queste polpette sono molto adatte ai bambini e a chi vuole mantenersi leggero>>.
Tra i primi, oltre alla pasta e piselli con le patate, immancabile la mitica pasta e fagioli ripassata al forno, oggi si chiama in doppia cottura una volta era uno straordinario piatto di recupero.
Tra i secondi la carne alla pizzaiola, il totano imbottito, le alici alla ‘piattella’, la frittura di paranza e tutto ciò che offre la stagione.
Le fiamme del forno a legna, mirabilmente rappresentate da Tafuri nel suo affresco, continuano a dorare il magnifico calzone di scarole e le pizze, come da tradizione, di stile salernitano.
Per dessert la Scazzetta di Pantaleone, le delizie al limone e la pastiera.
In conclusione, L’ Antica Pizzeria Vicolo della Neve resta la roccaforte di una sorta di mitologia tutta salernitana dove dei e dee sono i peperoni, la parmigiana, le alici appena pescate, la farina, il grano della pastiera e l’odore del forno perennemente acceso.
Antica Pizzeria Vicolo della Neve
Vicolo della Neve 24
Telefono: 089-7012684
Sempre aperto a pranzo e cena
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