A pochi giorni dal termine di Vesuvinum 2010, mi piace sottolineare come il programma della terza edizione abbia messo chiaramente in evidenza uno dei fini principali dell’evento: marcare le differenze e la tipicità dei vini del Vesuvio, il vulcano più famoso del mondo, comunicando attraverso il rapporto vino – territorio, l’importanza dell’l’influenza del terreno sul gusto e sui profumi del vino.
Per far comprendere al meglio questi concetti, come per la scorsa edizione, sono stati invitati rappresentanti di altri territori a matrice vulcanica: la Tuscia per i vini bianchi e il grande bacino dell’Etna per i vini rossi. La degustazione, prevista per un numero limitato di prenotati, ha riscosso tanto interesse, che i tre conduttori, la giornalista palermitana Alma Torretta, Alberto Capasso docente Slow Food per i Master of Wine e Marina Alaimo in rappresentanza di Luciano Pignataro Wine Blog sono stati “obbligati” a replicare per due volte fino a tarda sera.
Affascinante il confronto storico, climatico e geo-pedologico tra i due territori, arricchito dalla profonda conoscenza degli areali di appartenenza dei tre degustatori. Diverso e poco ingessato lo stile di conduzione della degustazione, grande convivialità e dialogo con i partecipanti. Al fine di comprendere appieno le differenze organolettiche dei vini in degustazione, si è discusso, invia preliminare, sugli elementi di diversità in termini geologici, climatici e geografici dei due vulcani. L’Etna, ha raccontato Alma Torretta, coordinatrice per la Sicilia della Guida Vini Buoni d’Italia, è un vulcano gigantesco, il più alto d’Europa, nel cui bacino si riscontrano una quantità disparata di microclimi.
Il clima, oltre a differire da quello del resto dell’isola, muta anche rispetto ai vari versanti del vulcano ed all’altitudine sul livello del mare. Particolarmente interessante è l’elevata differenza di temperature, in termini di escursione termica giorno – notte, che si registra in primavera-estate. I terreni sono formati da più tipi di lava di diversa età e da materiali eruttivi, lapilli, ceneri e sabbie. I terreni vulcanici etnei sono poco acidi, ricchi in microelementi e mediamente dotati di potassio, fosforo e magnesio. Caratteristiche, che, unite ai fattori climatici, danno vita a vini fini, eleganti, spesso scarichi di colore, molto profumati, complessi, freschi e longevi. La viticoltura sull’Etna è caratterizzata da terrazzamenti di pietra lavica, piccoli, parcellizzati e impossibili da raggiungere con mezzi meccanici. Sulla parete sud si trovano i vigneti più alti del vulcano, che in certe contrade superano i 1000 metri. Una discreta superficie vitata si trova nel territorio di Santa Maria di Licodia, dove, in contrada Cavaliere la vite raggiunge quota 1050 metri. Qui ha sede l’azienda Feudo Cavaliere, cantina storica (1880) citata come “ Vigna del Cavaliere”, anche da Federico De Roberto nel romanzo storico “I Vicerè”, oggi seguita da una giovane discendente della famiglia. L’azienda si estende lungo i fianchi dell’Etna, versante Sud. I vigneti degradano da 1000 a 800 mt.s.l.m. con spettacolari terrazzamenti in pietra lavica. Nella parte nord del vulcano si producono i grandi rossi dell’Etna.Qui il vitigno protagonista è il Nerello Mascalese, oltre al più raro Nerello Cappuccio. Nei due comuni di Castiglione di Sicilia e Randazzo, si produce quasi la metà del vino dell’Etna. Proprio in queste contrade si trovano i vigneti di Tenuta di Fèssina, azienda che fa capo alla cantina toscana di Villa Petriolo seguita dall’enologo Federico Curtaz e Cantine Cottanera della famiglia Cambria presente sull’Etna da circa 50 anni con circa 55 ettari, dei 100 di proprietà, disseminati nell’areale di Castiglione di Sicilia a circa 700 metri sul livello del mare.
I vini dell’Etna, note di degustazione:
Feudo Cavaliere Millemetri rosato 2009 Etna Doc Siamo davvero a 1000 metri sul livello del mare, la vigna è quella storica descritta da De Roberto. Il vino è un profumatissimo rosato da nerello mascalese in purezza dal brillante colore cerasuolo di buona trasparenza. Il naso è intenso, molto fruttato con un lieve ingresso dolce. Al palato si ritrovano tutte le caratteristiche tipiche del vitigno e dell’alta quota, incredibile freschezza (7 g/l), mineralità sapidità e lunga persistenza. La permanenza sulle bucce non è molto lunga, segue la tradizionale vinificazione in acciaio con permanenza sulle fecce fini. E’ un vino che non si dimentica, una rarità, appena 6.000 bottiglie l’anno. Siamo nella parte sud dell’Etna, la vigna affaccia ad est sul mare e si vendemmia ai primi di novembre. @@@@+
Feudo Cavaliere Millemetri rosso 2008 Etna Doc La vigna è quella da cui si produce il rosato, vigne vecchie anche di 80 anni, a piede franco. Qui la viticoltura è eroica, muretti a secco tirati su a mano, allevamento ad alberello e rese minime. Il colore è rosso rubino ma di grande trasparenza, tipico del nerello mascalese e in qualche modo simile al pinot nero. Il naso è un campione di complessità: frutta rossa di sottobosco evoluta in confettura, profumi ampi di polvere di cacao e tabacco misti a note iodate. Al gusto è decisamente caldo e bilanciato da una scattante acidità mista a sapidità e mineralità. Qui fa tutto la natura, la vinificazione non è spinta. I dieci mesi di affinamento in legno non coprono l’essenza del vino che è decisamente sorprendente: scarico di colore alla vista e simile ad un’eruzione di profumi e gusto al palato. @@@@
Tenuta di Fessina Laeneo 2009 Sicilia Igt Quest’azienda dislocata nella zona più vocata tra i comuni di Castiglione della Sicilia e Randazzo, è frutto dell’investimento della toscana Silvia Maestrelli di Villa Petriolo con la consulenza del noto enologo valdostano Federico Curtaz. Il vino è prodotto da Nerello cappuccio in purezza. Le origini di questo vitigno non sono chiare, si trova mescolato insieme alle piante di nerello mascalese ( dalla piana di Mascali). Sono molto pochi i vini da nerello cappuccio in purezza che si utilizza in blend per le doc Etna e Mamertino. Si tratta di un vino non particolarmente ricco dal punto di vista olfattivo, immediato e morbido al gusto. Al primo naso, si avvertono più marcatamentei sentori di un fruttato semplice, anche a causa della più bassa acidità dovuta ad un’altezza sul livello del mare relativamente più ridotta (650 m), tuttavia dopo un’ora circa di ossigenazione nel bicchiere il vino tira fuori insospettabili caratteri di lunghezza e persistenza minerale. Il vino è dedicato a Dioniso Leneo e pare prendere il nome o, dalle Lenee celebrazioni liturgiche annuali che si svolgevano nell‘ antica Grecia ad Atene dedicate al dio Dioniso Leneo, o da lenai, un altro termine che sta per Menadi, le adoratrici di Dioniso. @@@++
Tenuta di Fessina Musmeci 2007 Doc Etna A differenza del precedente vino il Musmeci che deve il suo nome al vecchio proprietario dal quale Silvia Maestrelli ha acquistato le vigne, è un vino difficile, ricco e complesso. Si presenta subito elegante, pienamente aderente alla scala cromatica dei vini etnei da nerello mascalese in prevalenza con una piccola aggiunta di nerello cappuccio. Si avvertono subito al naso profumi fini e ampi. Alcune delle viti hanno oltre 90 anni e una resa molto bassa. Il Musmeci è lavorato con lunga macerazione ed estrazione, si tratta di un vino – progetto che vuole arrivare ad un’austerità e profondità in parte già raggiunte. Il quadro aromatico è accattivante: pepe nero e noce moscata, al gusto è già snello e corredato di una notevole carica di freschezza che lo terrà in vita per molto tempo ancora@@@@
Cottanera L’Ardenza 2006 Igt Sicilia. Questo vino deriva da un vitigno originario dell’alta Savoia francese, il mondeuse, impiantato sull’Etna da parecchi anni e vinificato con un processo di tipo moderno con macerazione sulle bucce, malo lattica ed affinamento di circa 12 mesi in barrique. Ne deriva un gusto piuttosto concentrato, il colore è rosso rubino carico, abbastanza complesso nelle sensazioni olfattive miste tra frutto e speziato. La trama tannica è decisamente robusta, affinata da una buona sapidità di derivazione vulcanica che si fonde in una discreta persistenza gusto olfattiva speziata e leggermente balsamica, nonostante si tratti di un vitigno non tipicamente etneo, si avverte molto forte l’identità vulcanica@@+++
Cottanera Etna Rosso 2007 doc Etna L’ultimo vino dell’Etna si avvicina di più ad un gusto internazionale di gusto moderno, i vitigni sono nerello mascalese al 90% e nerello cappuccio al 10%. Lunga macerazione e malolattica in barrique lo rendono concentrato, morbido, le durezze tuttavia vengono fuori in affinamento in vetro, il vino, infatti, esce dopo 8 mesi di ulteriore elevamento in vasca d’acciaio e 18 mesi di riposo in bottiglia. Il naso è abbastanza intenso con forti note fruttate di sottobosco, seguite da note speziate di affinamento. in bocca è decisamente caldo, abbastanza fresco e sapido. @@
La degustazione comparata con i Rossi del Vesuvio è stata condotta da Marina Alaimo degustatrice del gruppo Slow Wine ed esperta dei vini del nostro vulcano. Si parte dalla conformazione del territorio e dalle caratteristiche del vulcano più famoso del mondo. L’area dove s’incentra l’allevamento della vite, spiega Marina Alaimo, si divide fondamentalmente in due macro areali: quello che comprende l’alto colle oltre i 200 metri, caratterizzata da terreni in pendio e l’altra sul versante sud – ovest del vulcano dove i terreni sono migliori perché hanno un’esposizione migliore, sono sottoposti ad un maggior irradiamento solare e guardano il mare. Il territorio, come quello etneo, non è omogeneo: quello esposto a sud – ovest è più assolato, caratterizzato dalla tipica vegetazione mediterranea e risente della vicinanza del mare. Il versante nord, nord –est ha caratteristiche quasi pedemontane, clima più umido e meno assolato. Per entrambi i versanti l’altezza media dei vigneti si aggira tra i 300 e i 400 mt. in rari casi arriva a 500. Le caratteristiche geo – pedologiche e climatiche fanno si che i vini del Vesuvio siano molto diversi da quelli dell’Etna: potenti, carichi con intensa espressione del frutto. Un risultato davvero difficile da raggiungere, se consideriamo che il piedirosso è un vitigno molto capriccioso, croce e delizia per i produttori e che soffre molto a causa della mancanza di ossigeno in vinificazione.
I vini del Vesuvio, note di degustazione:
Per tutti questi vini il blend è quello classico del Lacryma Christi Rosso: mediamente 80% Piedirosso e 20% Aglianico
– Vigna Pironti Lacryma Christi rosso Vesuvio doc rosso 2008 Siamo a Terzigno sul versante est che affaccia sul versante interno del Vesuvio. Il vino è un prodotto base con i sentori classici della tipologia, si presenta di colore rubino rosso carico, di medio corpo con tannini bilanciati e poco invadenti. Al gusto tornano le reminiscenze tradizionali del geranio e qualche nota speziata dell’aglianico. @@ ++
– Az. Agr. Sorrentino Lacryma Christi Rosso Selezione Vigna Lapillo 2008. Ci spostiamo a Boscotrecase, qui siamo di fronte all’unico vino che è prodotto da vigneti a quasi 600 mt. sul livello del mare ed è vinificato da una delle pochissime giovani donne enologhe del Sud Italia, Benny Sorrentino. Vigna Lapillo è un cru, nasce, infatti, dall’omonimo vigneto esposto a sud – ovest verso il mare, così chiamato per l’eccezionale combinazione delle caratteristiche pedoclimatiche e per il suggestivo scenario di lava e lapilli tra cui a fatica alligna la vite. Si presenta di un bel colore rosso rubino intenso. Il naso è decisamente complesso ed elegante, si percepiscono sentori di frutta rossa in confettura, ciliegia, prugna e fragola, seguiti da note speziate di liquirizia e pepe nero, con leggere note erbacee e balsamiche, il tutto disteso su un tappeto di mineralità e sapidità tipicamente vesuviane. @@@++
Cantine Villadora Lacryma Christi Gelsonero 2007 Siamo ancora a Terzigno, nel parco nazionale del Vesuvio con vigneti esposti a sud-ovest a circa 250 mt. sul livello del mare. Ci troviamo di fronte ad un vino più strutturato, la cui diversità si percepisce già all’olfatto. Il colore è rosso rubino con qualche riflesso granato, mentre al naso emergono subito dopo le note fruttate di confettura di mora, sentori evoluti di speziato, chiodi di garofano, pepe e reminiscenze resinate. Il vino fermenta, malo lattica inclusa, in barrique, l’estratto è potente, il gusto è molto deciso con tannini corposi ma non invadenti bilanciati da una buona carica di freschezza, mineralità e sapidità tutte chiaramente vulcaniche che danno luogo ad una lunga e piacevole persistenza gusto – olfattiva@@@@
Casa Setaro Don Vincenzo Lacryma Christi Rosso Riserva Vesuvio doc 2007, siamo nel comune di Trecase a circa 350 mt sul livello del mare. Il vino segue una vinificazione tradizionale con elevamento in botti di rovere per circa 14 mesi e affinamento in bottiglia per almeno tre mesi. Si presenta rosso rubino tendente al granato, i marcatori olfattivi sono quelli tradizionali del piedirosso e dell’aglianico: marasca e tipica nota di geranio, i toni speziati derivanti dall’affinamento si presentano leggermente invadenti rispetto alla trama complessiva del vino. Al palato è caldo, abbastanza morbido, bilanciato da una buona acidità, sia pur mascherata da una presenza un po’ ingombrante del legno @@+++
Montesole Lacryma Christi Rosso Vesuvio Doc 2009 Quest’azienda ha sede in Irpinia, recentemente ha investito sul Vesuvio nella zona di Trecase. L’enologo Michele D’ Argenio ha tirato fuori un bel prodotto, soli 12, 5% gradi di alcool, vinificato solo in acciaio con 90% piedi rosso e 10% aglianico. Molto piacevole e fresca la beva. Si presenta rosso rubino con qualche sfumatura granato. Al naso lampone e ciliegia matura, al gusto piena corrispondenza con l’olfatto e una vibrante freschezza che ripulisce il palato. Di discreta finezza, senza fronzoli@@@++
Michele Romano Vini, Gemma Lacryma Christi rosso Vesuvio doc 2009 Siamo ad Ottaviano, l’azienda è quella del Presidente delle Strade del vino del Vesuvio, Michele Romano, deus ex machina di Vesuvinum e infaticabile ambasciatore dei territori vesuviani. Ci troviamo tra Terzigno e Boscotrecase dove ci sono i vigneti a circa 250 mt sul livello del mare con esposizione a sud – ovest. La vinificazione è tradizionale con un breve passaggio in legno. Il colore è rosso rubino carico, siamo di fronte ad un vino decisamente di corpo, al naso prevale la frutta rossa ancora fresca, la nota di geranio tipica del piedirosso e lievi sentori speziati figli dell’aglianico. Al gusto il vino è immediato, abbastanza semplice e di piacevole beva, abbinabile alla cucina vesuviana di mare e di campagna. Notevole il rapporto prezzo – qualità. @@++
In conclusione, Alberto Capasso, tirando le somme delle considerazioni emerse durante il confronto tra pubblico e degustatori, riassume gli aspetti di somiglianza e diversità tra i 12 vini figli dei due vulcani del sud. Senz’altro il fil rouge, ovvero il marker comune a tutti i vini, è dato dai caratteri di mineralità e, soprattutto di sapidità. Se si dovesse dare una definizione didattica di vino sapido, ovvero salato, senza dubbio i vini del Vesuvio e dell’Etna ne sarebbero il perfetto esempio. Dal punto di vista delle differenze, che non sono un difetto, anzi, costituiscono un fattore positivo a favore dell’esaltazione della biodiversità dei nostri territori, si può dire che i vini del Vesuvio sono più astringenti e un po’ più rustici rispetto a quelli etnei che si muovono sul filo rosso dell’eleganza e della finezza anche grazie ad una viticoltura che punta alla qualità, con rese molto basse, da molto più tempo, rispetto ai vini del nostro vulcano che partono dal sistema della pergola e che, solo da pochi decenni, si stanno convertendo a sistemi che privilegiano la qualità rispetto alla quantità, senza perdere di vista, anzi, esaltando al massimo l’identità vesuviana. A “favore” del Lacryma Christi va ascritta anche una maggiore versatilità sul piano degli abbinamenti gastronomici, laddove la complessità dei vini etnei riscontra maggiori difficoltà.
Risultato della “partita”: Etna – Vesuvio = pieno pareggio, evviva i vini figli del territorio e del sano lavoro dell’uomo in vigna.
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