Il tempo dà sempre il giusto valore alle persone ed alle cose, e quando si tratta di vino poi si rivela un mèntore infallibile. In questo caso parliamo di Taurasi, l’esaltazione massima dell’aglianico, il vitigno a bacca nera croce e delizia dei produttori campani perchè non è possibile dominarlo, ha carattere esuberante, con tannini volitivi e corpo imponente, spinta freschezza e notevole capacità espressiva nel rincorrere gli anni su tragitti a lunga percorrenza.
Proprio come i figli difficili, ma dotati di notevole personalità, con i quali è fondamentale saper ascoltare anziché cercare di dominarli, ma è necessario anche trattarli con dolcezza per attenuare le spigolosità del carattere. Nel tempo, e ritorna lo strumento del successo, saranno questi i figli a dare maggiori soddisfazioni. Luigi Tecce ha senza dubbio il dono di saper assecondare e valorizzare al massimo l’esuberanza a tratti spigolosa ed a tratti avvolgente dell’aglianico. Gli è bastato seguire l’insegnamento dei nonni a loro volta viticoltori, i quali, seguendo semplici principi dettati dalla lunga esperienza tramandata di generazione in generazione, puntavano principalmente ad ottenere un’uva sana ed a raggiungere la giusta maturazione dei vinaccioli.
Luigi racconta che nei giorni precedenti la vendemmia assaggia di continuo i vinaccioli e solo quando sono maturi e quindi hanno perso l’asprezza ostinata, si decide a vendemmiare. Essendo l’aglianico un’uva dotata di un certa verve acida questa và in conflitto con i tannini verdi rendendo quindi poco piacevole il vino. Senza ombra di dubbio anche il territorio fa la sua giusta parte, siamo nella zona dell’areale taurasino più alta, a Paternopoli tra i 500 ed i 600 metri, con una esposizione a sud che consente una buona maturazione dell’uva in una zona dove il freddo è piuttosto pungente.
I 4 ettari di vigneto di Luigi Tecce sono posizionati sul culmine di una collina battuta di continuo da venti freschi, particolare che garantisce una buona sanità delle uve che vengono comunque selezionate con grande attenzione: ogni grappolo arrivato in cantina deve essere perfetto. Infatti i tempi di vendemmia sono piuttosto lunghi ed un sapiente uso dei legni, carato, barrique e tonneaux, danno il tocco finale: ogni annata stabilisce il giusto impiego delle varie botti le cui tostature sono sempre ben digerite dal corpo del vino e mai dominanti. Il risultato di tanta attenzione si materializza in un vino straordinario, una delle massime espressioni di Taurasi, piacevolissimo già dal primo momento che viene immesso sul mercato ed emozionante poi nei tempi lunghi. Il 30 dicembre si è svolta presso l’agriturismo Tenuta Montelaura di Forino la prima verticale di Poliphemo, voluta da Luciano Pignataro e Lello Tornatore, patròn di Tenuta Montelaura. I relatori in campo sono stati Luciano Pignataro, Franco Archidiacono fiduciario della condotta Slow Food Valle dell’Ufita-Taurasi e Annibale Discepolo giornalista di Il Mattino. Il Poliphemo ha una nuova etichetta molto bella e disegnata da Vinicio Capossela, grande estimatore di questo splendido vino.
Primo millesimo in degustazione è il 2003
Il vino non è etichettato ancora come Taurasi, ma è un Aglianico dell’Irpinia. In questa annata notoriamente siccitosa l’altitudine dei vigneti di Tecce gioca un ruolo a proprio favore fondamentale, che riesce a garantire delle temperature piuttosto fresche. L’impatto olfattivo è tipicamente taursino, con predominanza di frutto rosso ciliegia croccante , ma anche delicatamente agrumato, poi i toni di cenere e la speziatura pepata in sottotono. In bocca rivela una notevole spinta verticale scaturita dalla vivida freschezza e dai tannini austeri e di razza proprio come vuole un buon Taurasi. Il corpo è pieno ed avvolgente.
2005
Il vino è ora un Taurasi docg e la figura di Poliphemo in etichetta ricorda le antiche origini del vitigno, ma anche la possibilità, secondo alcuni, che Ulisse abbia stordito il Ciclope con un vino prodotto da uve aglianico. Annata splendida fino all’arrivo dell’autunno drammaticamente piovoso. Molti decidono di vendemmiare in anticipo, ma Luigi ha il solito pallino nel cervello, raggiungere la giusta maturazione dei vinaccioli. Pertanto dà luogo ad una vendemmia più lunga del solito della durata di circa venti giorni, selezionando l’uva grappolo per grappolo e riducendo notevolmente la produzione. Il vino al naso è più complesso ed ampio rispetto alle annate precedenti. E’ intenso ed esordisce sui toni della terra bagnata, la ciliegia croccante c’è tutta, e seguono delicati sentori di rabarbaro, è in continuo divenire nel bicchiere e sapendo aspettare affiorano timidamente profumi di visciole, carrubo , violetta, uniti ed accenti minerali. In bocca ha gran carattere con tannini volitivi e buona freschezza che ben sostiene l’alcol imponente.
2006
Annata piuttosto regolare, tendenzialmente calda, agosto piovoso e autunno splendido. La vendemmia in casa Tecce viene effettuata a fine novembre. Bel naso importante, il frutto è cupo sa di gelsonero e more, poi risaltano i toni cinerei e la spezia di pepe nero tipici dell’aglianico taurasino. In bocca è scalpitante, dinamico, di grande energia.
2007
L’annata è tendenzialmente calda e siccitosa, poi in autunno la neve mette a dura prova i viticoltori. Il vino esprime una maggiore austerità, ma è splendido, ha grinta ed impeto giovanile. Forse è questo il millesimo più emozionante e che dà una virata decisiva al Poliphemo, confermandolo un Taurasi di gran spessore.
2008 : Finalmente un’ annata dall’andamento climatico naturale. Presentata in anteprima in questa occasione, è in bottiglia dallo scorso settembre. Si nota un leggero cambiamento di stile che esalta ulteriormente la qualità di questo grande vino. Ogni espressione olfattiva e gustativa denota una certa precisione senza mai perdere la facoltà di emozionare il degustatore. Naso fragrante di buccia di arancia e ciliegia, ha toni assolutamente giovani con sentori erbacei e pepe verde. Il sorso è leggermente più sottile ed il grado alcolico scende di un punto, particolare che ne facilita l’approccio e lo rende ancora più appagante. Quest’ultimo millesimo non fa che confermare il grande impegno in crescita continua e costante.
Terminata la verticale, Maura Sarno ha presentato la sua seconda annata di Fiano di Avellino Tenuta Sarno 1860, la 2010. Maura ha scelto di specializzarsi nella vinificazione del bianco irpino di punta seguita dalla consulenza dell’enologo Vincenzo Mercurio. I vigneti di famiglia sono a Candida ad un’altitudine intorno ai 500 metri. Il ritorno alla vigna per questa donna forte e passionale rappresenta una volontà ferrea di ricostruire le radici e la memoria della propria famiglia. Questo particolare così importante si avverte nel suo fiano che appunto esprime grinta e passione. Un bel naso intenso di tiglio e golsomino, fruttato di pera e dal tocco elegante e sottile di finocchietto selvatico. Beva appagante nella sua freschezza decisa accompagnata da sottile mineralità.
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