Era il 2007 quando ebbi contezza per la prima volta del Ripe del Falco: un Gaglioppo fermentato in cemento e conservato per ben 15 anni prima di essere messo in commercio. Affascinato da sempre del rosso calabrese e dalla sua spettacolare longevità, ho continuato a seguire le sue uscite, sino ad avere la fortuna di fare in cantina una verticale con Salvatore Ippolito che arrivava sino alla fine della corsa nel tempo, il 1971. Oggi annata che scorreva pensavo, qui finisce, qui cede. Invece no, ogni annata trasmetteva, come sempre accade nei grandi vini, una emozione, un ricordo , un racconto.
Il 1986 è stata la prima vendemmia a chiamarsi così. La suggestione è offerta dai falchi che volano sulla zona collinare del Mancuso, la tenuta acquisita da Vincenzo Ippolito nel Dopoguerra con grande lungimiranza perché all’epoca le zone rinomate di produzione a Cirò Marina erano, e sono ancora, Feudo e Difesa carezzate dalla brezza del mare. Il grano è stato sostituito dal Gaglioppo e questo vino è il risultato di una selezione operata dalla storica azienda nata nel 1845 sulle migliori vendemmie.
Nel corso degli anni la pressione commerciale su queste bottiglie è cresciuta, siamo passati a otto anni di attesa, che comunque pochi non sono, soprattutto se rapportato ad un prezzo che on line non supera mai i 30 euro. Un regalo!
Nell’ultima mia gita a Cirò Marina con Luca Gardini, Mimmo Vita, Chiara Giannotti (a cui devo queste foto), Guglielmo Gigliotti e Giusy Ferraina sono tornato in questa azienda dopo molto tempo, trovandola uguale ma tonica, con grandi progetti in itinere e soprattutto abbiamo ripetuto una verticale.
Ho sempre avuto passione per il Gaglioppo perché è un vino identitario, al naso si riconosce immediatamente anche se non hai fatto alcun corso di avvicinamento al vino: note di arancia, rosa, ciliegia, scarico al colore ma robusto e ben tannico in bocca. Uno dei grandi rossi italiani senza alcun dubbio che ha ritrovato la sua giusta energia anche grazie a tanti giovani, che si riconoscono nella sigla Cirò Revolution, che hanno preso il testimone riuscendo a dialogare con le nuove generazioni e le esigenze moderne degli appassionati.
L’ultima generazione di Ippolito non ha avuto difficoltà a zompettare di cinque anni in cinque anni e così abbiamo fatto un viaggio rapido ma efficace.
Ripe del Falco 2015
L’ultima nata che sta per entrare in commercio mentre scriviamo: grandissima freschezza, molto equilibrata, in bocca è sapida e piacevole con una chiusura decisamente pulita. Io dico sempre che il Gaglioppo parte e subito raggiunge una velocità di crociera che mantiene per un tempo infinito.
Ripe del Falco 2010
Presenta delle note di frutta un po’ evoluta, quasi cotta, che compromette l’eleganza del naso, ma al palato si mantiene tonico, il sorso è rapido e veloce, anche in questo caso bellissima sapidità e chiusura pulita. Da stappare e godere subito.
Ripe del Falco 2005
Al naso arancia amara, rosa sotto spirito, note balsamiche, cenere. Al palato è addirittura più fresca della 2010, segno che il vino ha ripreso la sua corsa verso il passato, come avviene nel finale di 2001 Odissea nello Spazio. Nessuno può fare previsioni su una bottiglia tonica e fresca, che n on ha nemmeno bisogno dei classici cinque minuti per riprendersi.
Il Ripe del Falco di Ippolito è una delle bandiere enologiche dalla Calabria, un grande classico che non può mancare in nessuna carta dei vini seria e degna di questo nome. Se non lo beccate, desistete, chi ha fatto la carta sa poco e niente di viticoltura italiana.
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