di Enrico Malgi
“Mannaggia sa di tappo, non è più buono”. Francesco Mondelli c’è rimasto davvero male. Aveva razziato dalla sua cantina di Omignano Scalo alcune bottiglie vecchie di vino da stappare nella casa vallese di Luciano Pignataro e da godere insieme agli amici, ma di una in particolare era molto orgoglioso, il Fiano di Avellino Docg 2004 di Clelia Romano, ma proprio quella sfortunatamente si è rivelata imbevibile per via del tappo difettoso. Il colpo è stato duro da assorbire, ma purtroppo non c’è stato niente da fare.“Comunque domani vado proprio a trovare Clelia e sua figlia Carmela a Lapio per acquistare un po’ di vino. Enrico vuoi venire con me?” Certamente, ho risposto subito. Era da un po’ di tempo che stavo cullando l’idea di visitare questa famosa azienda irpina.
Traffico sull’autostrada e fuoco sulle colline. Arriviamo un poco in ritardo. Ad attenderci, oltre a Clelia e Carmela, ci sono anche altri tre ospiti arrivati da Roma per degustare con noi i vini aziendali. Frettolosa la visita in cantina ed in vigna per velocizzare i tempi. Carmela prepara con cura le bottiglie nella sala degustazione: Alèxandros Greco di Tufo, Donna Chiara Irpinia Campi Taurasini ed Andrea Taurasi. Questi nomi rievocano quelli dei tre figli di Carmela. Tutto bene.
Ma siamo impazienti di degustare finalmente Il Fiano di Avellino Docg Colli di Lapio in una mini verticale: 2016, 2015, 2014 e 2004.
Fiano di Avellino 2016 – Vino giovanissimo naturalmente, per cui non è possibile emettere adesso un giudizio definitivo, bisogna aspettare almeno qualche anno. Ma i prodromi lasciano ben sperare per un futuro roseo. Anche perché l’annata 2016 si è rivelata ottima in questo collinare areale di Arianiello, connotato da un clima secco e ventilato. Ed infatti la conferma arriva subito appena si scruta il vino nel bicchiere che evidenzia un colore giallo paglierino già quasi assestato. La protuberanza nasale si tuffa nel vetro per aspirare profumi eterogenei di pesca, pera, camomilla, nocciola ed erbe aromatiche. E poi intrisi sospiri sapidi e minerali. La generosa bocca accoglie un sorso ampio ed espansivo, che delinea un profilo palatale acido, morbido, energico e succoso. Buona struttura ed ottimo equilibrio. Chiusura lunga e gradevole.
Fiano di Avellino 2015 – Il colore giallo paglierino vira già verso un cromatismo più carico. L’impatto olfattivo è segnato da un bouquet elegante e persistente. Pregevoli le suadenze fruttate di pesca bianca e di cedro, che si alleano a deliziosi sussurri di biancospino ed a refoli di timo. Bocca ampia ed accogliente, per un sorso freschissimo e dissetante. Sapido, polposo, tensitivo, preciso e centrato il palato. Finale avvolgente e persistente. Darà il meglio di sé tra qualche anno ancora.
Fiano di Avellino 2014 – Colore sempre più giallo carico. Non la migliore annata, ma sicuramente degna di nota. D’altra parte nel Dna del fiano è scritto che questo vino migliora sempre con il passare degli anni. E così sarà anche per questo millesimo. Intanto nel frattempo godiamoci i varietali profumi fruttati, floreali e vegetali che si respirano. Sentori di pera, mela, agrumi e nocciole. E poi sbuffi di tiglio, muschio, menta, felce e citronella. Sulla lingua plana un sorso fresco, agile, scattante e nello stesso tempo anche energico e propositivo. Retroaroma vitale e persistente, con leggero sottofondo fumé.
Fiano di Avellino 2004 – E qui non so da che parte cominciare. La degustazione di questo vino mi manda in crisi. Intanto diciamo due cose importanti, le prime che mi vengono in mente: primo, aveva ragione Francesco a rammaricarsi che non si è potuto assaggiare questo millesimo a casa di Luciano, anche se qui si è rifatto ampiamente. Secondo, personalmente amo molto i vini bianchi francesi della Borgogna a base di Chardonnay: Chablis, Corton-Charlemagne, Meursault, Montrachet e Pouilly-Fuissé, che ritengo insuperabili. Ma credetemi questa bottiglia non sfigurerebbe . Emozione allo stato puro. Il Maradona degli anni d’oro ’86 e ’87. Resistenza al tempo infinita, forse ancora di più di un Riesling alsaziano. Clelia e Carmela mi dicono che conservano gelosamente soltanto una trentina di bottiglie di quest’annata, insieme a qualche millesimo ancora più vecchio, come uno del 1997. Tenetevele ben strette, mi raccomando, perché si tratta di un patrimonio inestimabile ed impagabile da serbare con cura.
Detto questo adesso dovrei passare a raccontare le mie percepite sensazioni sull’assaggio di questo vino. E qui si potrebbe dire tutto ed il contrario di tutto. Proviamoci almeno. Canonicamente il colore è contrassegnato da un giallo dorato molto vivo e lucente. I profumi sono netti e riconoscibili: pesca, mela, nocciola, frutta candita, acacia, zafferano, muschio, eucalipto, mentolo, idrocarburi e fumé. Gusto avvolgente, complesso, ricco, fresco, morbido, mielato, lineare, equilibrato e fascinoso. Finale paradisiaco ed appagante. Pensate che questo vino costa nemmeno 15,00 euro, cioè un regalo di Babbo Natale! Se avete la fortuna di trovarlo in un’enoteca compratelo subito e se potete conservatelo ancora per qualche anno. Diventerà sicuramente più buono!
Sede a Lapio (Av) – Contrada Arianiello
Tel. e Fax 0823 982184
info@collidilapio.it – www.collidilapio.it
Enologo: Angelo Pizzi
Ettari vitati: 8 – Bottiglie prodotte: 65.000
Vitigni: aglianico, fiano e greco
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