Qui lo slide show della serata Muffato della Sala all’Hotel Romeo di Napoli
Catturare l’anima a una muffa e metterla in bottiglia. Sul grandioso esempio dei grandi Sauternes francesi da circa 25 anni, in Italia, ci prova, annata dopo annata, Antinori con il suo Castello della Sala.
Del Muffato della Sala, il frutto di questa tensione che ricerca il perfetto equilibrio tra aromaticità, dolcezza e freschezza con la variabile di uno sviluppo adeguato della Botrytis Cinerea in vigna, si è parlato approfonditamente ieri sera nella più ampia e importante verticale relativa a questo prodotto mai proposta nel Sud Italia.
L’evento, svoltosi all’Hotel Romeo di Napoli, è il primo di un ciclo di iniziative promosse da Slow Food Campania e dedicate al vino con il supporto creativo e organizzativo di Luciano Pignataro, coordinatore per la nuova Guida Slow Wine di Basilicata, Calabria e Campania. 7 le annate (1988, 1991, 1995, 1996, 2004, 2006) in degustazione, descritte, alla presenza della Governatrice Slow Food Rita Abagnale e dal direttore commerciale di Antinori Leonardo Vallone, dall’enologo Renzo Cotarella e dal sommelier Angelo Di Costanzo.
50.000 bottiglie da mezzo litro, pari a circa 250 ettolitri annui totali, sono i numeri di questa etichetta la cui prima annata è stata il 1986. Il territorio di riferimento, descritto da Cotarella nel suo intervento introduttivo, è quello della zona settentrionale di Orvieto, area di antica storia vitivinicola e storicamente dedita alla produzione di vini bianchi con un significativo residuo zuccherino a causa degli arresti di fermentazione tipici del clima rigido. I terreni sono di origine sedimentaria, ricchi di sabbie e argille e caratterizzate dalla presenza di fossili.
Qui, su circa 30 ettari, sono allevate le varietà destinate al Muffato della Sala, ognuna scelta per offrire un contributo diverso alla beva e alla precezione gusto-olfattiva e per la sua capacità di intrappolare la muffa subendone solo i benefici effetti: Sauvignon Blanc (60%); Grechetto, Traminer aromatico e Riesling (40%).
Per la sua riuscita, ogni annata del Muffato della Sala, gioca con il corretto sviluppo della muffa nobile. “Le condizioni sono naturalmente vantaggiose per il suo sviluppo, che è poi aiutato e contenuto, a seconda delle necessità, con la nebulizzazione di acqua o con il miglioramento dell’esposizione del grappolo per favorire l’asciugatura della umidità in eccesso” ha detto Cotarella.
Il Muffato della Sala, come ogni vino muffato, affida, insomma, la concentrazione all’interno degli acini degli zuccheri e la sintesi chimica degli aromi, alla Botrytis Cinerea, muffa che ha costantemente, ogni anno, consentito nella tenuta di produrre questo vino le cui uve sono raccolte a inizi novembre. La muffa attacca il grappolo infiltrandosi dal punto di innesto tra il raspo e l’acino e comincia, a seconda delle condizioni climatiche che si susseguono, a moltiplicarsi e a consumare acqua e zucchero, contemporaneamente cedendo all’acino, che va raggrinzendosi, sostanze provenienti dal suo metabolismo.
Il concetto sviluppato da Renzo Cotarella con il Muffato della Sala lo ha spiegato lui stesso ai numerosi partecipanti alla verticale: “rispetto al Sauternes, volevo fare un vino meno austero , leggermente più invitante e con una forte connotazione aromatica e acida”. Un progetto costruito in vigna e che in cantina trova il suo compimento.
Mentre il Grechetto marca il territorio conferendo identità, il Traminer garantisce la ricercata aromaticità, il Sauvignon e il Riesling pensano alla sorbevolezza e anche alla necessaria sapidità. Il tutto per non cadere nel tranello della dolcezza, se non della stucchevolezza.
La degustazione
Come ha sottolineato correttamente il sommelier e campione campano Ais 2008 Angelo di Costanzo, c’è poco da dire sul colore di questi otto campioni: tutti costantemente di un colore cristallino e dorato, di grande luminosità. Un fatto che annuncia quello che, poi, alla degustazione, pur nella diversità dovuta alle annate, è l’ aspetto più sorpendente di questi vini, aspetto che li avvicina al grande esempio francese che era nella mente di Cotarella: la capacità di affrontare il tempo senza dar segno di evoluzione o involuzione. Un altro, si è detto ieri sera, quello di essere un vino dolce senza toccare le note più ricorrenti di questa categoria: quelle che vedono la dominanza della frutta secca e del miele, essendo queste più presente nei vini dolci lavorati per surmaturazione o appassimento dovuto al sole.
No: il Castello della Sala, con questo dolce, ricerca l’espressione più felice della muffa che può sintetizzarsi in note iodate e “terragne”, di fungo.
Infine: non una grande intensità olfattiva, ma una complessità non gridata che al primissimo naso, appena versato il vino, sussurra in questi tutti i campioni una lievissima nota iodata.
I vini sono stati serviti dalla più vecchia alla più giovane per cogliere meglio il bouquet fiorito dei campioni più recenti.
L’annata 1988
Si è avuta difficoltà nello sviluppo della muffa nobile. Un’annata che è stata grandiosa per i rossi, solare che ha avuto abbondanti piogge primaverili, un’estate calda e un bel settembre asciutto.
Una prova dell’equilibrio di questo vino dopo 22 anni. Al naso,come in bocca, una nota garbatamente agrumata, di agrumi canditi, conferisce freschezza a questo bicchiere che bilancia perfettamente dolcezza e acidità. La chiusura è quella ricercata: pulita, quasi lievemente amara.
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L’annata 1989
Una grande annata per la muffa nobile. Dopo una primavera fresca, i mesi estivi sono stati molto piovosi e non troppo caldi. Un vino che al naso mostra subito una nota di frutta marmellatosa e mielosa che sarà, quest’ultima, il tema anche in bocca. Sebbene trovi il suo equilibrio tra acidità e freschezza, mostra la dolcezza maggiore, nell’ambito dei campioni, e chiude abbastanza dolce.
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L’annata 1991
La prova che le annate sfortunate, con i bianchi, seppur dolci, riservano delle sorprese. Considerata un’annata sottile, ha consentito un discreto sviluppo della muffa nobile. L’andamento è stato di pioggia e freddo fino a primavera e di un’estate calda e asciutta.
La nota muffata in questo calice è decisamente evidente e assume, mentre respira nel bicchiere il liquido, note di fungo, se non di tartufo, in quanto associate a una sensazione “terragna”. Questa tornerà anche in bocca mescolandosi con delicatezza a quella di albicocca secca che era presenta anche al naso. Dolce, si, ma anche fresco. Chiude piacevolmente sapido. La mia preferita con la successiva.
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L’annata 1995
Anche questa annata sottile per la muffa nobile. L’andamento stagionale è stato particolarmente irregolare ma le uve sono arrivate ben mature, dopo un periodo molto soleggiato dopo settembre.
Una bella complessità per questo bicchiere nel quale la nota muffata, che era in notevole evidenza nella annata 1991, assume un tocco elegante, con qualche cenno mentolato e di idrocarburi. In bocca è davvero piena e perfettamente gradevole nel suo gioco dolce e acido con una speciale ampiezza di sensazioni, tra cui quelle di frutta a polpa gialla secca. Molto lungo.
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L’annata 1996
Una annata equilibrata questa, le condizioni alla vendemmia, grazie all’andamento stagionale erano ideali.
E’ il millesimo più piacevole, quello che mette un po’ d’accordo tutti. La nota muffata è lieve e elegante, mescolata a sensazioni di miele e fiori secchi. Non si discute sull’equilibrio e sulla bevibilità, sostenuta dal giusto apporto acido. Finisce pulito e abbastanza lungo.
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L’annata 2004
Una buona annata per la muffa nobile, con un autunno umido e nebbioso.
Da questo millesimo in poi, come immaginabile, iniziano a manifestarsi i caratteri di un vino da lungo invecchiamento nella sua fase più esuberante. Come una donna o un uomo: perfettamente gradevole e interessante anche ora (vale anche per il successivo millesimo), a questo 2004 mancano quelle rughe d’espressione che per certo, si sa, lo renderanno più affascinante. Al naso mostra alcune note fiorite e in particolare, a parte qualche nota mielosa, di camomilla. Una nota fresca, quasi agrumata, lo rende godibile. E’ equilibrato pur nella sua giovinezza.
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L’annata 2006
Un’annata non grandissima per la muffa nobile, come la 1991. Le condizioni di settembre e ottobre, con alternanza di sole e piogge, hanno consentito uno sviluppo graduale della muffa.
La 2006 è l’ultima annata in commercio della etichetta. La muffa si percepisce discreta. Ma ci sono anche i fiori secchi e l’albiccocca secca. C’è un buon equilibrio tra naso e bocca in questo bicchiere che, in bocca, è il più sbilanciato verso la dolcezza della batteria, insieme alla 1989. Ma senza incorrere nella stucchevolezza, si è detto.
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Qui il report di Angelo Di Costanzo
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