di Marina Alaimo
Nell’immaginario collettivo della storia della viticoltura italiana, quella popolare, legata alla famiglia, al salotto buono, ai pranzi domenicali riuniti tutti insieme attorno al tavolo, c’è sicuramente una bottiglia di Barolo Borgogno, spesso ricoperta da una coltre di polvere in attesa dell’occasione giusta per essere stappata. Ed in attesa di quella occasione se ne sono salvate a migliaia dagli anni sessanta ai primi anni ottanta, ma più che salvate possiamo dire perdute sugli scaffali delle cucine o nelle vetrine delle sale da pranzo.
Chi ha avuto la lungimiranza e la possibilità di conservarle in cantina, oggi si ritrova un piccolo gioiello perché questo vino ha dato ampia dimostrazione di saper scorrere archi di tempo molto lunghi in maniere estremamente interessante.
L’azienda vanta una storia antica ed importante, nasce infatti nel 1761 con Bartolomeo Borgogno ed è la prima cantina nelle Langhe. Ha accompagnato praticamente la storia del nostro Paese appartenendo ad una regione nella quale risiedeva una delle più importanti famiglie reali, i Savoia, che tra l’altro hanno scelto questo vino nel 1861 per il pranzo celebrativo ufficiale dell’Unità d’Italia. Eppure per un lungo spazio di tempo il nobile nebbiolo è stato fortemente snobbato dal consumatore comune, questo era ritenuto il territorio del dolcetto e della barbera e quando i mercanti andavano in giro per piazzare il loro carico di vino, regalavano il nebbiolo per incentivare le vendite, una sorta di attuale tre per due, dove il terzo pezzo in omaggio era rappresentato appunto dal nebbiolo.
Una svolta decisiva ai vini dell’azienda arriva con Cesare Borgogno entrato in scena negli anni ’20, è il primo a capire l’importanza di uscire dai confini regionali e nazionali riuscendo quindi ad inserirsi con successo sul mercato statunitense agli albori degli anni sessanta. La storia dei Borgogno è lunga e non staremo a raccontarla tutta, ma è importante dire che i loro Barolo sono da sempre contraddistinti da uno stile di lavoro molto tradizionale con punti fermi inoppugnabili, quali i tempi lunghi ed il sapiente utilizzo di botti grandi di castagno.
Dalla fine del 2006 è Oscar Farinetti a rilevare questa azienda ed a togliere con una sferzata di energia dirompente, fatta di consolidate abilità imprenditoriale e forte attaccamento alla tradizione vinicola di questo territorio, la coltre di polvere che negli ultimi tempi aveva messo in ombra i Barolo Borgogno.
Oltre ad aver restaurato con attenta sensibilità la storica azienda, ha puntato ad esaltarne proprio l’importanza storica, proponendo con la dovuta cura ed attenzione le riserve che nelle cantine di tufo ripercorrono i lunghi anni di produzione. Ed a raccontare l’ambizioso progetto di casa Farinetti è il giovane Andrea, impegnato in un lungo tour in giro per il mondo, ma che martedì 15 febbraio è sbarcato nel piccolo borgo di pescatori di Cetara, sulla costiera amalfitana. Precisamente nel ristorante Al Convento di Pasquale Torrente, dove Andrea Farinettti, Luciano Pignataro ed il sommelier Giovanni Piezzo hanno guidato la verticale delle annate 2006, 1998, 82, 78, 67.
Barolo 2006
Il colore è rubino caratterizzato dalla tipica trasparenza e luminosità del nebbiolo. Al naso è appena polveroso, ma poi sono i toni fruttai freschi e fragranti a prevalere, di ciliegia e prugna, le spezie sono ben integrate nei sentori di pepe e chiodi di garofano, sottile in chiusura la violetta. In bocca è agile, esprime verve giovanile con tannini decisi e freschezza ancora un po’ scissa dal corpo del vino.
Barolo Riserva 1998
Il rosso è granato e trasparente. Molto lento ad aprirsi, terra bagnata in overture, poi affiorano i toni speziati di cuoio e liquirizia, sottile la china e timidamente affiorano i toni fruttati di visciole ed amarene sotto spirito. Il sorso è elegante con tannini domati dal tempo e vivace freschezza.
Barolo Riserva 1982
Memorabile riserva. Il colore è granato vivace. Il naso si esprime in maniera molto intrigante, vuole i suoi tempi, ma ripaga felicemente l’attesa. L’impronta olfattiva declina il tempo trascorso in bottiglia con sapienza, apre sui toni di goudron e spezie dolciastre, tabacco da pipa e cioccolato, e chiude lungamente sulle note fruttate in sottotono. Il sorso ha gran carattere e mantiene una buona vivacità, è teso su tannini in piena forma e spinta freschezza.
Barolo Riserva 1978
Anche questo millesimo conferma la capacità di questo barolo di saper affrontare felicemente tempi così lunghi. Il colore è granato e mantiene la sua trasparenza. Il naso è discreto, da inseguire con pazienza, prevalgono i sentori di goudron ed i toni di selvaggina, delicatamente balsamico di menta secca e resina. Sostando a lungo nel bicchiere affiorano poi toni fruttati di amarene sotto spirito. In bocca è avvolgente, è caldo con tannini in piena forma e sorprendente freschezza.
Barolo Riserva 1967
Sono sicuramente queste ultime tre annate le più interessanti ed espressive. Il color granato ha qualche riflesso aranciato. Il naso è sottile, ematico, balsamico, delicatamente speziato nei toni di tabacco da pipa e cioccolato. In bocca rimane memorabile per la vitalità ancora espressa dal nebbiolo, per me l’annata più emozionante considerando che sono trascorsi ben 45 anni dalla vendemmia. E’ elegante con tannini ancora espressivi e la freschezza conserva la giusta energia per rendere il sorso piacevole e lungamente appagante.
Sede in via Gioberti 1, Cuneo. www.borgogno.com
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