di Ugo Baldassarre
Eccoci alla degustazione della coda di volpe – anzi “il” coda di volpe come si dovrebbe dire con riferimento al vitigno, come fanno i signori del Monferrato quando parlano di barbera al maschile per il vitigno riservando il femminile la barbera al vino – di un’azienda-faro, la vera antesignana della vinificazione in purezza della coda di volpe: Vadiaperti. Fu infatti Antonio Troisi, “il professore del fiano”, il primo ad imbottigliarlo già prima del 1990. Con l’azienda Vadiaperti ci troviamo a Montefredane, zone che proporrei ad un nuovo battesimo con l’appellativo di “la collina dei bianchi”. E qui anche questo bianco, per lungo tempo sottoutilizzato, sottostimato o del tutto dimenticato, assurge a livelli di qualità di pura eccellenza.
A questo punto, come da assegno scolastico, dovrei già raccontare la verticale del 10 giugno scorso che ha visto per protagoniste le annate 2006, 2004 e 2002, ma devo anche riservarmi qualche altra considerazione. Prioritariamente credo infatti sia doveroso rendere un tributo particolare al Coda di Volpe Wine Festival e ai suoi protagonisti, e fra tutti questi, un grazie particolare a Luciano che con le sue continue intuizioni riesce sempre a segnare nuovi traguardi di un percorso che potrà condurre a primati di qualità e di forza nel mercato del vino. Un percorso assai lungo e faticoso, ma questi eventi sono comunque dei piccoli preziosi tasselli di un mosaico che in Campania è in gran parte ancora da comporre. In particolare credo sia davvero indovinato l’aver incentrato un intero evento, una full-immersion di tre giorni proprio sulla coda di volpe, perché pone in chiara evidenza il vero potenziale dell’economia vitivinicola della nostra regione: non solo i vitigni autoctoni, ma anche gli autoctoni “minori”, quei vitigni di cui esistono doviziosi esempi in tutte le campagne campane. Ed è ancor più suggestiva la scelta della location per il Festival: la Fabbrica dei Sapori di Battipaglia, quale scenario migliore di questa vecchia industria conserviera per celebrare il matrimonio tra sapori del passato, prodotti tipici, pietanze e vino contadino; finalmente prende corpo, si riempie di contenuti reali anche il solito binomio tradizione-innovazione…
E veniamo alla degustazione in verticale, guidata da Vittorio Guerrazzi nel corso di un mini workshop condotto da Monica Piscitelli, con la presenza del produttore Raffaele Troisi e del giornalista di Porthos Maurizio Paolillo.
L’annata 2006 al naso non è certo un’esplosione di profumi, ma possiede una discreta nota fruttata e una netta sensazione alcolica. Alla bocca l’ingresso è morbido, il vino è dotato di buona acidità e di bel dinamismo. Il corpo è pieno e di buon equilibrio; il finale, caldo e lungo, ripropone la classica nota amarognola del Coda di Volpe.
Il 2004 ha un impatto olfattivo più ampio e complesso, fruttato e minerale; anche la beva è corredata di una evidente mineralità: un aspetto in certo senso “terroso”: sembra quasi di avvertire l’argilla dei terreni di Montefredane. Anche l’acidità è sostenuta, ottimo l’equilibrio, profondità e completezza al gusto. In conclusione questo 2004 è una perfetta espressione del territorio.
Storia un po’ diversa per il 2002. Il colore è un paglierino brillante e molto carico, non acora dorato; al naso rivela qualche segnale di maturazione, con qualche nota evoluta di frutta candita. Anche qualche bel segnale di “frutto rosso acerbo”, un effetto-legno tipico del bianco di Vadiaperti, un segno particolare dell’azienda. La struttura è un po’ più scarna dei precedenti, ma conserva tuttavia un’ottima acidità. Buona anche la dinamicità, gira bene, è snello e veloce, dal finale piacevolmente caldo, in cui tornano belle note di frutta matura.
Grazie a Ugo per queste note. Segnalo sul blog di Mauro Erro un’altra delle quattro verticali svolte al Coda di Volpe Winefestival, dedicata a Vigna del Vulcano di Villa Dora.
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