Non sono mai stato a Villa Favorita, e neanche quest’anno ho in programma di farci una scappata
Non mi appassiona questa ansia di rinchiudersi in un ghetto per autodefinirsi etici con qualcosa che alla fine è comunque valore d’uso traslato in valore di scambio.
Amo, soprattutto nei bianchi, le lunghe macerazioni, ma ho anche attraversato da ragazzo quelle mentali degli anni ’70 in cui quello che la pensava più vicino al mio modo di vedere diventava il peggior nemico perché non si trovava l’intesa su una virgola, magari in un periodo manzoniano.
E alcune discussioni appaiono talvolta come caricatura di quelle atmosfere consumate e spesso impotenti.
Ieri amicizie rotte per Rosa Luxembourg, oggi per la solforosa.
Ammiro e mi appassiono a chi mette molta attenzione nella cura della frutta e cerca di limitare l’intervento chimico in cantina, ma non vado in automatico pensando che piccolo è di per se bello, buono ed etico mentre grande è malefico e cattivo. Anzi verifico come cospicui investimenti per arrivare a emissioni zero e nella cura della sanità delle uve vedono protagoniste spesso cantine dai grandi numeri, tra l’altro spesso meno intolleranti e ultimative rispetto alle critiche.
Vedo pure che il piccolo è spesso più intollerante alle critiche perché ne fa una questione personale.
Non penso che il vino debba avere un solo punto di vista, non mi piacciono quelli che si arroccano e lanciano anatemi. Credo invece che se si è convinti di una linea bisogna battersi per diventare maggioranza.
Mi piacerebbe un padiglione di vini naturali dentro il Vinitaly, o che tutto il Vinitaly con il tempo diventi il tempio del vino naturale, ammesso che esista in Fiera quello innaturale.
Infine sento in giro un po’ troppa furbizia che mi fa sospetto, tanti naturali ma è inutile certificarsi, qualche biodinamico autodichiarato ma solo una spolverata. Tutto un po’ all’italiana, insomma, spesso orecchiato.
Io speriamo che me la cavo
Dalla vaniglia al sudore di cavallo?
Ma in Italia non c’è mai una via di mezzo?
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