di Teresa Mincione
Una serata tra amici che non si vedevano da tanto e un posto che è sempre quello giusto per coccolarsi un po’. Al Don Alfonso accade sempre di stare bene. Ti accorgi che ci mancavi da tempo, ma in un attimo è tutto recuperato. Lo sfondo è sempre incantevole. Il palazzo napoletano del XIX secolo crea lo scenario adatto a regalarti la sensazione di essere al Sud d’ Italia. Respiri il meridione, quello vero, quello della cordialità che fa casa. Una cena stellata firmata Ernesto Iaccarino diventata stellare con l’arrivo dei vini made in Borgogna. Maurizio Cerio è un numero uno. Un sommelier come pochi. E’ difficile rubargli la battuta, sempre pronta e sul pezzo. I love France, j’adore Burgundy. In tre “vecchie annate” tutta la bellezza e la diversità di quel terroir che tutto il mondo apprezza.
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LOUIS JADOT MEURSAULT 2008
Louis Jadot, uno dei più importanti negociant di Borgogna. Un riferimento per chi vuol provare il terroir in un bicchiere. Mersault ha alle spalle una tradizione e una storia vitivinicola antica e rappresenta il comune più grande e importante della Cote de Beaune.
A tavola arriva un millesimo 2008. Uno Chardonnay in purezza nato da terreni calcarei e di marne bianche (i più adatti per quest’uva). Guardarlo roteare è una poesia, il naso rapisce e il palato inebria. Lo assaggio e il pensiero va immediatamente ad una poesia di Pablo Neruda intitolata Il vento (in Fine del mondo) che fa così: “Per questo devo tornare a tanti luoghi futuri, per incontrarmi con me stesso ed esaminarmi senza sosta, senz’altro testimone che la luna e poi fischiare di gioia calpestando pietre e zolle, senz’altro compito che esistere, senz’altra famiglia che la strada”. Il colore è così pieno e suadente che sembra un piccolo sole racchiuso in un calice.
Al naso le prime a scoprirsi sono le note saline, iodate e gessose. Piccole erbe aromatiche, timo e salvia. Seguono toni più seri e rigorosi. Smalto e cera lacca stuzzicano l’olfatto. Ogni minuto che passa arriva luce negli angoli più profondi del bicchiere. I sentori si rincorrono e cambiano a ogni battuta di tempo. E’ infinito. Zafferano, cioccolato bianco, mela cotogna, nocciole leggermente tostate. Svela la maturità nelle note di caramello, pane tostato. Il palato è generoso, morbido, rotondo ma allo stesso tempo verticale e dalla mirabile spalla acida. Accarezza e allo stesso tempo “punge”. Un corpo straordinario sposato con persistenza, grande finezza e sapidità. L’equilibrio ammicca e chiama al riassaggio. Un Meursault tipico con la sua cremosità e verticale eleganza senza tempo.
Ci sono vini che parlano al corpo, altri che parlano alla testa. Questo Chardonnay in purezza è un altare all’incontro di entrambi. Meraviglioso.
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BOURGOGNE HAUTES COTES DES NUITS – MICHEL GROS 1995
L’AOC Bourgogne Hautes-Côtes de Nuits si sviluppa su 20 comuni della Côte-d’Or, Reulle-Vergy a Magny-les-Villers. Il 90% del vino prodotto in questa zona è rosso, il restante 10% cade nella tipologia bianco o rosato.
Eppure, nel regno dei rossi, nel cuore delle proprietà di Michel Gros, in un terreno marnoso, nasce questo Chardonnay in purezza. Un’azienda dove la qualità e la tipicità sono le parole d’ordine. Tre ettari e mezzo a suo nome nei quali, in adiacenza alle vigne di Pinot Noir nasce questo calice di grande personalità e stile. La vigna si trova tra i 360 e i 380m s.l.m., sulla “marna Pernand”, un’anima geologica che si trova su Pernand-Vergelesses e la collina di Corton.
Un paglierino energico e luminoso che non svela la sua età. E’ più che maggiorenne e ancora sembra un ragazzino. Piccole spezie dolci si fondono con sentori di bacche di pepe bianco macinato e finocchietto selvatico. Rosmarino e ginepro.
Al palato ha una texture raffinata e particolare. Nasce con un ingresso sapido e sfaccettato poi si modula nei secondi a seguire. Al naso è più donna, al gusto più mascolino. Al buon corpo si affianca una verticalità sensibile che ne rende piacevole il riassaggio. Teso come una corda di violino ma di grande piacevolezza e eleganza.
“Pieno di fuoco e di leggerezza” avrebbe detto Padre Claude Arnoux (quello che chiamano l’autore del primo libro sui vini di Borgogna (1723)).
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MUGNERET GIBOURG NUITS SAINT GEORGES 1 er CRU LES CHAIGNOTS 1995
Mugneret è un nome di viticoltori diffuso sulla costa e soprattutto in Vosne-Romanée dove per molte generazioni i figli di famiglia che ereditavano dei vigneti decidevano di fare vino. In casa Gibourg è accaduto qualcosa di diverso. Jeanne Gibourg e la moglie Mugneret André insieme diedero vita nel 1933, al Domaine Mugneret-Gibourg. Il loro unico figlio, George, in antitesi a quanto di solito fanno i giovani che ereditano vigneti, scelse il campo medico e divenne oculista a Digione. Tuttavia, per consentire all’attività dei genitori di non morire, decise, in aggiunta alle sue attività mediche, di ampliare la tenuta di famiglia acquistando terreni in diverse zone della Borgogna e creando il Domaine Georges Mugneret. Oggi, l’azienda è gestita dalle figlie Marie-Christine e Marie-Andrée Mugneret (enologa dell’azienda). Le vigne di questo 1 er Cru sono a Nuits Saint Georges, un locus in Côte de Nuits. Conta quarantuno Premiers Crus e nessun Grands Cru. Un Pinot Noir in purezza di 21 anni che il tempo non ha scalfito. A dirla con una battuta, al primo sorso è comparsa Wonderwoman.
Un rosso rubino intenso e luminoso, accattivante e carnoso. Un Pinot Noir lontano dalle movenze femminili e suadenti insite nel vitigno. Attendevo Sharon Stone sinuosa e sexi e mi sono ritrovata John Wayne con frusta e cappello che si agitava nel bicchiere. Aromi di frutta rossa sotto spirito incorniciati in una piccola punta di selvatico. Bacche di pepe nero, tabacco invecchiato, corteccia, ruggine, sigaro cubano. All’assaggio è stato rock! In apertura ha svelato troppo presto un tannino vibrante, mascolino, rugoso. Leggermente protagonista nell’assaggio. L’acidità a braccetto con la sapidità ha preceduto la sua buona persistenza ma in chiusura il finale è stato poco armonioso.
Tre calici d’annata, dove da un lato il tempo ha lavorato diversamente anche rispetto alle annate.
Integri, giovani e capaci di continuare la corsa verso il tempo nonostante gli otto e i ventun’anni. C’è chi è rock e chi suona a tempo di bacchetta da opera lirica. Una cosa è certa: è sempre una grande musica d’autore!
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