‘U Parlatorio Vallo della Lucania – Cucina cilentana
Via San Pietro Celestino, 66
Frazione Massa di Vallo della Lucania
Tel. 338 952 8307
Aperto tutti i giorni a pranzo e a cena
La stagione dei funghi, soprattutto dei porcini, è un buon momento per provare qualche trattoria delle zone interne del Cilento. Soprattutto se, come nel caso de ‘U Parlatorio, si ha una sorta di filo diretto con il monte e i boschi che sovrastano Vallo della Lucania.
Nella piccola frazione di Massa, questo ristorantino a conduzione familiare resta saldamente ancorato alla cucina contadina, dai fusilli al ragù alle minestre con i legumi, dalle patate fritte (buonissime) tagliate a mano alle melanzane imbottite alla cilentana, condite con il cacioricotta di capra.
Servizio essenziale, una piccola selezione di vini campani e cilentani, in un ambiente dall’arredo semplice e dall’atmosfera schietta.
Abbiamo fatto una scorpacciata di porcini trifolati (le porzioni qui sono abbondanti), aiutati da un buon pane misto integrale cilentano. Molto ben conditi con extravergine della zona, appena profumati con un po’ di prezzemolo, teneri e sodi allo stesso tempo. Una goduria.
Buone anche le tagliatelle, sempre con i porcini, anche se ci saremmo aspettati quelle fatte a mano. Sarà per la prossima volta. Da condire con abbondante formaggio e peperoncino piccante: il ‘dittico’ che non manca mai sulla tavola cilentana.
Tra i secondi, carne alla brace oppure scamorza con porcini.
Uscirete con un conto felice di massimo 30 euro.
La nostra recensione del 24 agosto 2019
Alla fine di luglio ha riaperto a Massa, frazione di Vallo della Lucania, ‘U Parlatorio, bella trattoria di cucina cilentana che avevamo seguito sin dall’apertura dell’istrionico oste Salvatore Positano (la nostra prima recensione nel 2011 qui di seguito). Poi, poco più di 6 anni fa un cambio di gestione e infine, in piena estate la guida è passata ad Angelo Guzzo.
Angelo è un giovane ristoratore della zona con una solida esperienza alle spalle in un ristorantino nei pressi del santuario del Monte Gelbison. Complice l’interruzione della strada che porta fin sopra la montagna (e le solite beghe degli enti locali che stanno ancora tirando a sorte per capire a chi tocca rimetterla in sesto) Angelo ha deciso di chiudere e di impegnarsi nel rilancio del Parlatorio.
Il locale ha mantenuto la vecchia impostazione, tavoli ben distanziati, arredato in maniera semplice e rustica ma con attenzione ai particolari. Si trova oltretutto in un borgo reso suggestivo dalle acque del vecchio mulino, riqualificato molto bene e ora arricchito dalla presenza del ristorante Aquadulcis.
Il vero asso nella manica di Angelo è però la mamma (e, per i dolci, la moglie) e dunque una cucina dalle mani sapienti, verace, genuina, con prodotti locali reperiti in gran parte da piccole aziende agricole della zona. Angelo conosce la sua terra a menadito e anche cosa piace ai tanti clienti che lo hanno seguito volentieri in questa nuova impresa.
Nulla di inventato, dunque. Le ricette sono quelle classiche e in tavola si porta soprattutto quello che offre l’orto. Ecco allora il ricco antipasto cilentano, con un buon tagliere di salumi e formaggi locali ma anche tante verdure, combinate in maniera semplice ed efficace.
Da bere, diverse etichette del territorio, ma anche un vinello della casa niente male. Che va più che bene per accompagnare il resto dell’antipasto: i peperoni ammollicati, le scarole ripassate in padella, i lardarelli in insalata, la zucchetta cilentana insaporita dalla salsiccia, l’insalata di ceci e le imperdibili melanzane ‘mbuttunate (alla cilentana: con un ripieno di cacioricotta di capra e uova).
Tra i primi piatti, cavatelli con pomodorini, tagliatelle ai funghi, ziti spezzati alla genovese. Ma il re incontrastato resta lui: il fusillo al ragù cilentano, servito con l’immancabile peperoncino piccante, da dosare a piacere.
Tra i secondi piatti, un caciocavallo grigliato oppure una tenera tagliata di manzo. Da accompagnarsi ad un bel piatto di patate fritte tagliate a mano dalla signora Antonietta.
Si chiude con il classico cannolo cilentano, con crema dal gusto casalingo.
Ecco, qui ‘trattoria’ e ‘casalingo’ hanno il significato che vorremmo sempre trovare in queste parole. Un ambiente semplice ma non trasandato, pochi piatti ma efficaci in un menu scritto in maniera immediata e leggibile per tutti, la presenza dell’oste al momento giusto con una cucina schietta e legata in maniera solida alla propria terra. E, non da ultimo, un rapporto felice tra qualità e prezzo: qui al Parlatorio starete facilmente sotto i 30 euro a persona.
QUI DI SEGUITO LA NOSTRA PRIMA RECENSIONE DEL 20 marzo 2011:
Il successo gastronomico del Cilento passa anche attraverso la nascita di locali come questo, aperto da Salvatore Positano, con la preziosa collaborazione dei figli, all’inizio del 2006 nella frazione Massa sotto un vecchio convento che aspetta di essere ripreso e ristrutturato.
L’arredamento è di tipo tradizionale, tanto legno e tanta pietra, un grande camino, proprio come ci si aspetta in una trattoria di paese, in cui si pensa più a rifugiarsi dal freddo piuttosto che cercare il fresco, ma questo è tipico dell’Appennino del Sud che ha giocato la sua sopravvivenza in una lunga ed eterna lotta contro il clima rigido al di là di una oleografia creata recentemente.
Lo si vede dalla cucina della tradizione, decisa e robusta. L’influenza lucana è annunciata dai salumi appesi in bella vista in sala, ottima la sopressata della vicina Gioi, presidio Slow Food, e la salsiccia secca oltre che dai formaggi: immancabile la mozzarella nella mortella, cioé nel mirto, così come usavano fare i pastori del monte Gelbison a cui è aggrappata la frazione del capoluogo del Cilento. Purtroppo i caseifici hanno lanciato anche quella con il latte di bufala mentre la vera mortella è ottenuta dalla lavorazione del latte vaccino. Si tratta di un fiordilatte molto ricco prodotto e saporito di animali allevati allo stato semibrado che passano la giornata a brucare tra la collina e la montagna. Dobbiamo dire che la cura per i formaggi è sicuramente una specialità di questo posto, cultura poco diffusa nei locali, perché dobbiamo segnalare un libidinoso misto di formaggio e ricotta di capra, un caciocavallo podolico affogato nel vino rosso, buone pezzature di caciocavallo silano e poi l’immancabile mozzarella. Il pane è quello di farina mista integrale che trovate in tutti i forni e le case del Cilento.
Il recupero dei piatti è filologico: davvero vivo il ricettario dell’orto, dall’involtino di melanzane con la carne ai pomodori gratinati, alle zucchine ripiene o grigliate, ai fiori di zucca fritti, alle frittate di asparagi, alla cicoria ripassata in padella.
I primi in genere sono preceduti da una zuppa, cicci maritati, pasta con i fagioli o con i ceci, immancabili i fusilli e i cavatielli con il ragù lasciato sul fuoco per ore e ore, così come la genovese; buoni i cavatielli conditi con i ciurilli e i tagliolini all’uovo con mozzarella, pomodorini e melanzane.
Con la carne si rientra nella normalità, alla brace agnello, capretto, vitello, le costatelle di maiale con le pappacelle, per poi decollare nuovamente con i mugliatielli (gnummariddi in Lucania), ossia il budello del capretto ripieno e arrostito, le interiora del cinghiale e del maiale soffritte. Una delizia tra le mie preferite che esalta i palati capaci di amare la biodiversità e i sapori creati prima dell’avvento morbidoso e diseducativo degli omogeneizzati prodotti dalle multinazionali.
Il servizio è praticamente casalingo, con Salvatore che gira tra i tavoli a chiacchierare, tra un controllo ai fornelli e l’altro.
Per il finale, semplici torte fatte in casa, immancabile il cannolo cilentano a doppia crema (di propria produzione) e dolci secchi tipici tra cui spiccano i biscotti al miele. Il caffé è servito con la macchinetta napoletana. Sul vino, dopo qualche incertezza iniziale, ci si sta orientando finalmente solo ed esclusivamente sulla grande proposta cilentana di Rotolo, Cobellis, De Conciliis, Botti, Maffini. Da affare il conto, siamo sui 25-30 euro.
Come arrivare
Lasciare la Salerno-Reggio a Battipaglia e proseguire per Vallo. Dopo il centro del paese, salire sulla vecchia statale 18 per un paio di chilometri sino alla frazione Massa. Il locale è nel cuore del caseggiato, ben indicato.
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