Finalmente sono riuscita ad avere qualche bottiglia di questo pinot gris valdostano del quale avevo sentito parlare molto bene. E in effetti è un gran bel vino che conferma in maniera decisa i grandi progressi che la Vallèe ha fatto e sta facendo in campo enologico. L’importante contributo concesso dalla Regione tra gli anni ’80 e ’90 per salvare e poi far sviluppare la viticoltura in questi territori estremamente difficili è stata una scelta felice ed altamente produttiva.
L’economia di questa piccolissima regione si basa prevalentemente sul turismo essendo dotata di un territorio incantevole ed incontaminato, ma il richiamo principale è rappresentato dalle alte vette innevate delle Alpi dove in tanti amano sciare. Riuscire ad ampliare le entrate economiche al settore vitivinicolo ha aperto nuovi orizzonti facendo scoprire le realtà eno gastronomiche dal sapore unico e fortemente tipico che di conseguenza hanno incrementato ulteriormente il turismo. Le sei cooperative vinicole regionali continuano a funzionare benissimo ed hanno nel tempo incoraggiato piccoli produttori a diventare intraprendenti ed a credere nelle potenzialità dei vini valdostani. Personalmente trovo molto intriganti i vini bianchi della Vallèe che grazie alle altitudini estreme, alle forti pendenze, alla natura dei terreni spesso sabbiosi e poveri, si esprimono sempre in maniera interessante ed unica. L’esperienza in campo di Marco Martin, fondatore dell’azienda Lo Triolet, nasce proprio dalla collaborazione presso l’Amministrazione Regionale nel ruolo di tecnico in viticoltura. Questo viaggio intenso nella viticoltura locale ha rappresentato uno sprone notevole a voler valorizzare i pochissimi ettari di famiglia ed a sperimentare nuove colture che ben si adattassero alle condizioni estreme del terreno, posto ad una altitudine tra gli 800 ed i 900 metri s.l.m. Felicissima è stata la scelta di impiantare un vitigno a bacca bianca precoce, il pinot gris, che quindi potesse raggiungere la giusta maturazione in una zona dove il freddo è pungente ed inclemente. Infatti gli ottimi risultati raggiunti quasi subito hanno causato una eco di alto gradimento che ha velocemente oltrepassato gli stretti confini regionali. Dalla prime 1000 bottiglie prodotte, oggi l’azienda ha superato le 40.000, estendendo la produzione ad altri vini sia bianchi che rossi essendo grande la voglia di Marco di sperimentare nuovi vitigni e metodi di vinificazione. Questa preziosa bottiglia costa allo scaffale appena 12 €, particolare che la rende ancora più interessante, tanto da averla scelta, insieme ad altre bottiglie rigorosamente campane, per la cena della Vigilia. Decisione che ha riscontrato un certo successo tra i commensali. Il vino è elegante e complesso allo stesso tempo, al naso è delicato nei profumi suadenti di agrumi e mela golden, decisi i sentori floreali e delicato il muschio bianco. In bocca dà forse il massimo di se, è sottile ma anche avvolgente: esprime una certa dinamicità fatta di note setose e note pungenti declinate sugli accenti freschi e salini piuttosto decisi ed è piacevolissimo nei ritorni fruttati e di muschio bianco. Il vino ha sostenuto con clamore generale i piatti di mare che la tradizione napoletana rigorosamente impone in questa ricorrenza, quindi l’insalata di mare, i gamberoni alla brace e gli spaghetti alla marinara ( con frutti di mare, gamberi e calamari). Ma ha anche il merito di aver colmato almeno in parte la nostalgia di chi a tavola pensava fortemente alla sua terra di origine, aspra, selvaggia e infinitamente bella.
Questa scheda è di Marina Alaimo
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