
di Marco Galetti
Simona Molinari è di un altro pianeta.
Se, per un improbabile allineamento astrale, la sua orbita dovesse avvicinarsi a quella della terra consentendomi una visione più ravvicinata, penserei di sognare ad occhi aperti dopo aver posato i miei per una attimo sui suoi.
Per un appassionato degustatore, accostare un desiderio ideale ed irrealizzabile sotto veste (che non è una battuta) femminile al cibo è il complimento più grande che, col massimo rispetto, io possa fare ad una femmina con la F maiuscola.
Tornando seri, con i piedi per terra, le gambe sotto il tavolo e lo sguardo nei piatti, anche se un occhio nella sua direzione non posso fare a meno di gettarlo ogniqualvolta si palesa su un display (la versione tridimensionale potrebbe provocarmi uno stress termico), ecco il menù degustazione ideale sul pianeta terra, undici piatti contro una con le curve, solo pesce, niente carne, è debole, oggi più che mai…
Il Ghiottone, Policastro, la panzanella di Maria Rina, elegante e garbatamente confidenziale dichiarazione d’intenti, il piatto di benvenuto è di pochi ingredienti e di poche parole: ben arrivati, sono un giovane piatto a base di pane, olio e pomodoro che non vede l’ora di diventare maggiorenne, fosse per me lo nominerei senatore a vita.

La Cantinella, Villammare, tartare di tonno, anguria e sale nero cipriota, un fresco crudo per dire quanto sono cotto di questo luogo caldo.
Dei Mille, Riccione, canocchie bollite, la delicatezza inaspettata di un crostaceo tra virgolette povero, in un luogo semplice la grandezza.
Florian Maison, San Paolo d’Argon, krapfen di capasanta ripieno di ricotta di bufala e sfumature di pomodoro diverse per freschezza, consistenza ed intensità (Umberto De Martino, Maggio 2005, piatto creato in occasione della festa a Vico) per quanto mi riguarda il signature dish dello chef sorrentino.
Nadia, Erbusco, schie (gamberetti di laguna) e moeche fritte, una mezza porzione per l’equilibrio del degustazione, oppure, con una bollicina adeguata, porzione tripla e godimento assicurato.
La Taverna del Mozzo, Marina di Camerota, chef Davide Mea, lagane semi integrali, ceci di Cicerale e totanetti locali, il piatto dello chef laureato che ha saputo stupirmi con la perfezione della semplicità di questa preparazione, pur usando “perfezione” con molta parsimonia qui ci sta alla grande, grande piatto.
Almeno un assaggio del risotto alla milanese di Masuelli, alla tavola di questa trattoria del 1921 nacque il movimento Slow Food, qui servono probabilmente probabilmente il miglior risotto alla milanese in circolazione, from now on, ancora e solo pesce.
Florian Maison, San Paolo d’Argon, totani e patate, l’emulsione di vegetali, carote, zucchine e piselli a far da base all’altezza notevolissima dei totani e patate, la mano di Umberto “po esse fero e po esse piuma” qui è in versione piuma di pavone, si guarda e si sorride alla vista del bellissimo piatto, se la bellezza non ha uguale, la bontà è reale
Beach 93, Paestum, il mio assaggino, si fa per dire, di ricciola, in questo splendido locale, bordo sabbia, bordo mare, bordo scavi
Al Vigneto, Grumello del Monte, scamponi a vapore, no words, probabilmente i migliori scampi di sempre
Caffè Sicilia, Noto, il tris di granite di Corrado Assenza, tanto per calmare i bollenti spiriti e per colmare l’assenza di una sambuca sotto- veste celestiale, augh.
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