di Giulia Cannada Bartoli
Non è sempre facile raccontare di un luogo dove hai lasciato il cuore e dove, per la prima volta, hai sentito il “respiro del vino”. Oltre vent’anni fa – il mio più grande Maestro, Gino Veronelli – mi raccontava del valore profondo del “saper camminare e leggere le vigne, imparando a conoscere profondamente i territori”. Ogni tappa della mia strada di avvicinamento e passione per il vino è stata segnata da quest’insegnamento. Ho imparato a riconoscere chi ha ricevuto la stessa “lezione”.
A Villa Matilde Avallone, nel cuore dell’Ager Falernum, non si produce semplicemente vino. La storia della cantina ha origine nel 1963, quando l’Avvocato Francesco Paolo Avallone, appassionato umanista, incuriosito dai racconti che Plinio il Vecchio, Virgilio, Marziale e Orazio facevano del Vinum Falernum, insieme con un manipolo di ricercatori dell’Università di Napoli, avviò la ricerca delle antiche viti incredibilmente sopravvissute all’invasione della Fillossera di fine ‘800. Le viti del Falerno – Falanghina biotipo Falerna – salvatesi dalla devastazione, furono reimpiantate nel territorio del Massico, lì dove avevano prosperato nell’antichità, alle falde del vulcano spento del Roccamonfina inattivo da oltre 50.000 anni.
Camminare oggi, oltre 2500 anni dopo, tra terreni e vigneti, circondati da un’ideale “corona” di montagne che va dalla Rocca di Gaeta, ai Monti Aurunci, al Roccamonfina e al Monte Massico, per poi discendere verso Sinuessa, dove c’è l’antica città romana sommersa, ti “teletrasporta” in Campania Felix, la prima riserva enologica e di eccellenze agricole dell’antica Roma. Il particolare microclima che si crea grazie a questi elementi spiega perché, indipendentemente dai fenomeni di global warming con i quali bisogna per forza fare i conti, in questo territorio sia possibile produrre vini unici capaci di sfidare il tempo.
A 60 anni dalla nascita, Villa Matilde Avallone è proiettata verso il futuro, guidata, non solo da Tani e Maria Ida Avallone, che hanno raccolto l’eredità paterna. Da qualche anno infatti, è avvenuto con successo (non scontato) il cambio generazionale con l’ingresso di Maria Cristina De Simone Avallone, Enologa Responsabile della produzione e di Francesco Paolo che si occupa di marketing e mercati esteri. I due cugini hanno una buona intesa e, tra abbracci e battibecchi, hanno imparato a collaborare e lavorare sodo (insieme si va lontano).
Il profondo senso d’appartenenza al territorio ha ispirato “Figli del Vulcano”, un format di degustazione di etichette e annate significative, atte a interpretare fedelmente passato, presente e futuro.
Prima della degustazione, a bordo della storica Jeep verde scorrazziamo fino a 250 metri sul livello del mare, dove, in Tenuta San Castrese (località San Venditto), c’è il cuore della produzione aziendale, 70 ettari di vigneto a Falanghina, Aglianico e Piedirosso. Qui ci sono le due piccole vigne dedicate, dagli anni ’80, alle riserve, “Vigna Caracci e Vigna Camarato”. A fine settembre, in anticipo rispetto al normale tempo di maturazione, i grappoli rossi sono dolci a punto giusto, pronti per la vendemmia.
Rientro con gli occhi carichi di bellezza. Mi aspetta un dissetante calice: Mata Spumante Falanghina Extra Brut Metodo Classico 2013.
Falanghina in purezza, biotipo Falerna da 10 anni sui lieviti. Dal 2009 i fratelli Avallone sono entrati nel mondo delle bollicine Metodo Classico. La sperimentazione ha prodotto nel tempo esperienza. Per l’aglianico sono necessari almeno 7 anni sui lieviti, la falanghina richiede invece tempi un po’ più lunghi. Oggi la cantina vanta due linee: Mata Metodo Classico e dal 2016 prende vita Baia (dedicato alla baia della Corricella a Procida) Metodo Martinotti. Il calice si presenta giallo dorato e luminoso con perlàge fine e persistente. Profumi eleganti di fiori bianchi, erbe mediterranee, agrumi e una sniffata di vaniglia. Emerge la caratteristica nota di panificazione. Il sorso è di solida struttura, fresco, sapido, cremoso, guidato da una lunga scia agrumata e minerale. Si abbina bene alla nostra mozzarella, alle fritture di pesce e a piatti (anche crudi) con crostacei e molluschi. Posizionamento a scaffale sui 35,00 €
Entro nel vivo con una partenza semplice, entry level: Sinuessa Falanghina Roccamonfina Igp 2023, la prima vendemmia di Maria Cristina da Enologa aziendale. Vendemmia in notturna, dai vigneti di pianura, per catturare al meglio i profumi e garantire integrità ai chicchi. A seguire pressatura soffice e crio macerazione con tre mesi di permanenza sulle fecce fini e frequenti bâtonnage. Si presenta giallo paglierino vivace e luminoso. Al naso domina una nota fresca e minerale che si apre in sfumature di frutta gialla, agrumi e macchia mediterranea. Il gusto è pulito, di lunga persistenza e simmetrico con l’olfatto. Freschezza e gustosa salinità se la giocano, sul fondo un piacevole ritorno balsamico. Versatile in abbinamento: con i fritti della tradizione campana, con la mozzarella di bufala e con la cucina di mare. Davvero una bella interpretazione che potrà dire la sua, pur essendo un vino base, anche tra qualche anno, in linea con la tendenza dei bianchi campani alla sorprendente longevità. Prezzo a scaffale poco sopra i 10,00 €
Sempre Falanghina, ma, tocca a un’anteprima… Vigna Caracci Falerno del Massico Bianco Doc 2019 non ancora in vendita. La produzione è davvero minima, appena 2.500 bottiglie da viti del 1965 su terreni di colore rossiccio ricchi di minerali, fosforo, silicio e potassio. La 2019 è stata una buona annata: piuttosto calda, con estate secca e fresco mese di settembre con uve raccolte nel pieno equilibrio organolettico. Si lavora con crio macerazione delle uve per ottenere maggiore estrazione aromatica e struttura.
La fermentazione avviene in gran parte in anfore di terracotta da 150, 300 e 500 litri, e, per piccolissima parte, in barrique di Allier e acciaio. Parte del vino fa batònnage a contatto con le fecce fini nelle anfore per circa 3 mesi. Segue un lungo affinamento in vetro. Il calice si presenta giallo paglierino intenso con marcati lampi dorati a preannunciare ben altra struttura rispetto al vino precedente. Avverto tuttavia che i precursori aromatici sono i medesimi e marcano fortemente il territorio. Il naso è elegante e complesso: si apre con rimandi fruttati di mela annurca, pesca bianca, pera, agrumi e qualche nota esotica. Il carattere olfattivo viene fuori però con importanti note saline (quasi di acciuga), note tostate e d’idrocarburo (quasi da riesling). Sapidità e mineralità governano sul tutto. Il gusto è equilibrato, salino, persistente, di assoluto carattere. Il palinsesto gustativo è potente e in splendida coerenza con l’olfatto. Il corpo è aitante ma in perfetto equilibrio con l’imponente spalla acido – sapida. Il potenziale evolutivo, almeno un decennio. Per l’abbinamento si può osare: Caracci recita un ruolo da protagonista al due stelle Michelin della famiglia Avallone, il George’s del Grand Hotel Parker’s a Napoli, dove lo vediamo molto bene sui tagliolini 40 uova con burro di Normandia e acciughe di Cetara dello chef Domenico Candela. Prezzo medio a scaffale stre-pi-to-so! Sui 35,00 €
Otto anni indietro, per un grande protagonista della viticoltura campana… 2011 Vigna Camarato Falerno del Massico Rosso Doc Aglianico e piedirosso in blend da disciplinare (80%/20%), in alcune annate per effetto del cambiamento climatico il saldo di piedirosso si è ridotto al 10%. Viti di circa 60 anni, resa per ettaro di 50/45 quintali. Tenuta San Castrese, il vigneto è esposto a sud – sud-est con sesto d’impianto di 2,80 mt. Sulla tenuta si affaccia un suggestivo castelletto medievale del 1300 che nasconde nelle fondamenta rudimentali impianti per vinificare, presumibilmente di epoca romana. La vendemmia di solito cade a fine ottobre ma, per effetto del cambiamento climatico, quest’anno sarà anticipata di almeno due settimane. Inoltre, negli ultimi anni, per effettuare un necessario svecchiamento dei vigneti, si è proceduto a notevoli espianti con consistente calo della produzione fino al 50%. Selezione manuale dei grappoli, pressatura soffice e fermentazione con le sue vinacce per 20/25 giorni a temperatura controllata di circa 25° C. Segue fermentazione malolattica in barriques. Il vino affina In barriques di rovere di Allier per 12/18 mesi (1/3 nuove, 1/3 secondo passaggio, 1/3 terzo passaggio) e riposa in bottiglia a maturare almeno per 12/18 mesi. L’utilizzo moderato del legno nuovo è segno della volontà aziendale di rispettare al massimo vitigni e territorio.
Il calice si presenta rosso rubino fitto e ancora vivace. Al naso risaltano fragranze di marasca e cineree, sbuffi balsamici, note speziate di liquirizia, pepe e cacao. Un profilo olfattivo pulito e verticale, quasi un “naso irpino”. Al palato è tanta roba: frutto ancora integro e avvolgente. La freschezza preme il piede sull’acceleratore ma rallenta al momento giusto per riequilibrarsi con la trama tannica. Il sorso è piacevolmente sapido e invita a nuovi assaggi. Eleganza e bevibilità sono la cifra stilistica di questo vino, top di gamma, che, nonostante la trama tannica possente, dovuta alla calda estate del 2011, può ancora sfidare il tempo per parecchi anni a venire. In abbinamento: un piatto signature della ristorazione stellata di Domenico Candela**, la Lepre à la royale. Super, il rapporto prezzo a qualità: a scaffale sui 55,00 € Nota di servizio: in degustazione alla cieca Vigna Camarato 2011 ha superato in punteggio blasonati rossi Pomerol (Bordeaux) e Borgougne.
A tavola, alla Locanda del Falerno, guidata dallo chef Alfonso de Luca, il Falerno Bianco Collecastrese Dop 2023 ha accompagnato saporiti bocconcini e ricottine di bufala, seguite da peperoncino verde farcito con mollica di pane, olive nere ed erbette e Uovo mollet fritto in panko, con scarole saltate su salsa cacio e pepe al tartufo. Alfonso, vesuviano di nascita, viene dalla scuola delle cucine del Parker’s.
Torniamo al vino: questo è il primo Falerno di Maria Cristina, in questi giorni nel pieno della vendemmia. L’avevo assaggiato circa sei mesi fa e la differenza si sente. Naso e palato sono più compiuti e il gusto si è arricchito in cremosità e in equilibrio con la marcata sapidità e freschezza. L’annata 2023 è stata mediamente difficile a causa degli attacchi di peronospora, tuttavia, l’areale del Roccamonfina è stato più protetto rispetto al resto della regione: si è registrato un calo quantitativo del 30 – 40%, ma con una qualità dell’uva eccellente. Anche il numero di bottiglie prodotte è diminuito a favore di una sempre maggiore qualità ed esclusività del vino. L’affinamento in anfora, ormai vera e propria “signature” di Villa Matilde Avallone, ha come obiettivo l’ulteriore rafforzamento dell’impronta digitale della falanghina. Grazie alla porosità della terracotta e al conseguente maggior scambio di ossigeno, l’acidità viene “addomesticata”, implementando l’identità territoriale del vitigno. La vendemmia 2023 è stata imbottigliata all’inizio di febbraio 2024. Il calice si presenta giallo paglierino vivace, luminoso e appena dorato. Il naso risponde alle attese: elegante, complesso e profondo. Attacco di frutta a polpa gialla, pesca, frutti esotici, pera e una piacevole scia agrumata di pompelmo e mandarino. L’olfatto evolve in note floreali di ginestra e biancospino che lasciano il posto a sfumature erbacee e aromatiche di macchia mediterranea. Il sorso è equilibrato: caldo (13%), si allunga in piacevole freschezza minerale e sapidità. L’approccio gustativo è complesso, fine e di lunga persistenza aromatica. La corrispondenza con l’olfatto è millimetrica e armoniosa. La polpa del frutto si fonde alla perfezione con la spiccata mineralità. Il finale, lungo e persistente, mescola con grande piacevolezza le percezioni gusto – olfattive invitando a nuovi sorsi. Abbinamenti? Direi risotti, primi di mare, paste con legumi, ovunque ci sia mozzarella di bufala, pizza inclusa, oppure…fatene una bella scorta e dimenticatelo in cantina. Questo Falerno è un giovane virgulto. Il suo futuro è lungo e promettente, come quello di Maria Cristina e di Francesco Paolo jr. Prezzo medio a scaffale € 15,00 – 20,00
Chiudo con il vino simbolo della cantina e di questo territorio: Falerno del Massico Rosso dop 2020 dalla tenuta di San Castrese, Aglianico al 90% con saldo di Piedirosso. Età media delle viti circa 30 anni. Vinificazione tradizionale con macerazione per circa tre settimane a 25°C. In fermentazione si eseguono ripetuti rimontaggi e délestages. Al termine viene svolta la fermentazione malolattica. Il vino affina per il 50% in barriques di Allier (nuove soltanto per un terzo). La restante massa riposa in botti grandi di Slavonia per circa 12 mesi, segue un lungo affinamento in bottiglia: a 4 anni dalla vendemmia, l’annata sul mercato è ancora la 2020. Il calice si presenta rosso rubino brillante e fitto. Al naso emergono le note peculiari dell’aglianico del Roccamonfina: ciliegia matura e arancia rossa con sbuffi affumicati di ceneri vulcaniche. Seguono i sentori più gentili del piedirosso di viola e foglia di geranio. Il sorso è vigoroso ma in equilibrio con l’elegante e lunga spalla acido/sapida. Si avvertono note speziate, leggera tostatura e aromi appena terziari di goudron e terra bagnata. Longevità assicurata. Lo abbiamo abbinato piacevolmente ai piatti di Alfonso de Luca: Ravioli all’uovo fatti in casa, con farcia di carne ovina e spezie, conditi con riduzione di agnello, zucchine fritte e salsa di ricotta; Manzo cotto a bassa temperatura, in foglie di vite, su patate al forno e salsa di aglianico. Posizionamento a scaffale molto interessante: sui 15,00 – 18,00 €.
Il pranzo si è concluso con un must della tradizione partenopea: babà al rhum di Scaturchio, manco a dirlo in forma di Vesuvio J
In cantina i fratelli Avallone insieme con i rispettivi figli guardano con serenità e fiducia al futuro. Il ritmo vorticoso e complicato del cambiamento non preoccupa questa grande famiglia del vino campano, radici e storia ne tracciano il cammino, senza per questo restare ancorata al passato.
Villa Matilde Avallone, S.S. Domitiana, 18 81030 Cellole (CE), +39 0823.932088 www.villamatilde.it info@villamatilde.it Vitigni Falanghina, Aglianico, Piedirosso, Fiano, Greco di Tufo. Vigneti: Tenuta San Castrese (Sessa Aurunca – Ce); Tenuta Pietradeifusi (Irpinia) – Rocca dei Leoni (Roccamonfina). Ettari: 75 Villa Matilde – 25 Pietradeifusi – 20 Rocca dei Leoni. Bottiglie prodotte: circa 500.000 secondo le annate. Olio extra vergine: cultivar sessana (Villa Matilde)- ravece (Pietradeifusi). Visite in Cantina su prenotazione. Diverse tipologie di tour con visita in vigna, cantina e degustazione anche con Gift Card. Locanda del Falerno Ristorante e Agriturismo aperto tutto l’anno su prenotazione.
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