di Maurizio Valeriani
Riuscire a fare una degustazione alla cieca con più di 40 gradi all’ombra non è cosa facile, nemmeno se l’aria condizionata funziona molto bene. Serve quindi un posto dove sentirsi a proprio agio e dove ci sia la cultura dell’accoglienza, che rende il tutto molto più facile.
In Costa Smeralda tutto ciò è ancora più difficile, ma fortunatamente qualche “oasi nel deserto” è presente. Ad esempio il Ristorante Da Giovannino a Porto Rotondo.
I 3 fratelli Romano (Mattia, Alessandro e Giovannino jr.) e la madre in cucina sono una squadra fortissima. E così abbiamo potuto fare la nostra bella degustazione accompagnandola a preparazioni che riescono brillantemente a coniugare innovazione e tradizione, senza spaventare l’avventore, che si sente coccolato e accompagnato nella scelta delle pietanze di un menu molto interessante che parte da una vasta selezione di antipasti ed offre poi piatti stagionali come la sfoglia aperta con asparagi selvatici, rosso d’uovo e Parmigiano e piatti più ricorrenti come ravioli alla rana pescatrice in salsa di cipolla di Tropea.
In sintesi parliamo di uno dei pochi ristoranti in Costa Smeralda, in cui l’esperienza vale più del prezzo del conto.
Vorrete sapere che vini abbiamo assaggiato. Diamo subito soddisfazione alla vostra curiosità:
Vermentino di Gallura Superiore Oskos 2012 – Tenuta Lochiri: teso, minerale, agrumato. Chiude con sentori di granito e macchia mediterranea. Buona sapidità e lunghezza. 82/100
Vermentino di Gallura Superiore Poesis 2012 – Vigne di Cau: sentori di the, camomilla e pesca, decrivono un vino giocato sulla immediatezza e piacevolezza, che tuttavia manca un po’ di tipicità per assenza di mineralità e tensione. 80/100
Vermentino di Gallura Superiore Poesis 2011 – Vigne di Cau: il 2011 sembra un altro vino: con granito e macchia mediterranea in evidenza. Elegante, strutturato e di grande finezza. Chiude con ricordi di eucalipto e mirto. 89/100
Vermentino di Gallura Superiore Bianco Smeraldo 2010 – Unmaredivino: grande stoffa per questo vermentino che resiste al tempo mostrando ancora una grande freschezza e piacevolezza. Toni floreali accompagnano mineralità e sentori speziati. Non ditelo a Gioacchino Sini, che si monta la testa. 89/100
Fiano di Avellino 2010 – Rocca del Principe : cosa aspettarsi di più da un Fiano? Siamo a Lapìo, il Comune più vocato per la produzione di Fiano. C’è praticamente tutto: tipici sentori di nocciola e frutta secca si uniscono a note fumè e di camino spento. Fiori bianchi e gialli, pesca e macchia mediterranea completano il quadro olfattivo di un vino complesso, profondo, lungo e di grandissima piacevolezza. 91/100
Fiano di Avellino 2010 – Guido Marsella: veramente una sfida tra giganti, quella tra questi due fiano. Il vino di Guido Marsella gioca tutte le sue carte su mineralità (bellissima la nota di camino spento), frutta secca, e grande freschezza. Finiscono tutte e due le bottiglie. Non ci resta che dichiarare un ex-aequo. 91/100
Verdicchio dei Castelli di Jesi Vecchie Vigne 2010 – Umani Ronchi: ancora grandissima vitalità per un verdicchio di grande profondità, con le tipiche note di mandorla e fiori bianchi , che si uniscono a toni di macchia mediterranea e frutta gialla. Elegante, complesso e di grande piacevolezza. 89/100
Cannonau di Sardegna Keramos 2008 – Tenute Soletta: spezia e prugna sono i marcatori di questo vino, avvolgente ed elegante, potente e lungo, armonico ed equilibrato. Chiude con ricordi di macchia mediterranea. 90/100
Chianti Classico 2010 – La Porta di Vertine: fresco, succoso, con sentori che vanno dalla spezia ai frutti di bosco. Ancora con un tannino in evidenza, che però è fine nella grana ed evolverà molto bene. Chiude con ricordi di arancia sanguinella. 88/100
Irpinia Aglianico Natu Maior 2008 – Antichi Coloni: dovrebbe essere orgoglioso Raffaele Santoro, per aver realizzato questo “piccolo taurasi”, ed infatti siamo in presenza di un vino complesso, strutturato, succoso , che chiude con ricordi speziati ed aranciati, e che tuttavia mantiene una grandissima bevibilità. 90/100
Moscato Barrosu 2008 – Giovanni Montisci: un lieve sentore di tappo ci obbliga a rimandare la valutazione ad un’altra occasione
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