All’ingresso del parco Regionale dei Picentini!
di Gaspare Pellecchia*
Avendo avuto un piccolo problema di salute, ho smesso di dedicarmi esclusivamente all’enogastronomia (almeno temporaneamente…) da poco meno di un anno e, come molti sapranno, mi sto invece dedicando, sempre nei ritagli di tempo e sempre da un punto di vista schiettamente culturale, alla gestione dei rifiuti in Campania. Perché tutto questo? Non lo so. O meglio, forse perché ho visto molta disinformazione in giro, e probabilmente anche perché, per puro caso, ho fatto amicizia con un noto esperto di questa materia; oltreché tale problematica la sento molto vicina, se non prossima, sia alle scelte per il territorio (in cui mi sento deontologicamente coinvolto) che alla qualità dell’agricoltura e delle produzioni alimentari locali. Non mi è mai piaciuto né l’ambientalismo, né tantomeno l’allarmismo inconcludente di certi “verdi”; piuttosto ho sempre creduto nell’idea che deve essere (per fortuna o purtroppo, dipende dai punti di vista) solo il mercato, purché rispettoso delle leggi dello Stato e coordinato da sagge scelte politiche, a decidere tutto. Mosso da questo principio ho studiato a fondo tutta la situazione campana dal 1994 ad oggi su alcuni libri e su svariati siti delle Università, leggendo i discorsi trascritti (sono on-line) dei vari Commissari regionali che si sono succeduti in questa “lunga notte”, notte che dura ormai da 14 anni; inoltre in questi mesi ho visitato lo stabilimento di Sardone (in Campania), di Fusine (in Veneto), e sono stato a Brescia (che ospita il più grande bruciatore di rifiuti ancora attivo in Europa). Ho, inoltre, preso contatto sia con amministratori, che con imprenditori e con associazioni indipendenti di liberi cittadini. Insomma, nel mio piccolo, credo, come si suol dire, che un’idea me la sono fatta. E’ evidente che, come sempre, c’è stata, e c’è tutt’oggi, molta disorganizzazione e corruzione da parte di chi ha (e sta) amministrando la gestione dei rifiuti in Campania. Ma questo non spiega niente e niente dice di nuovo. Quel che può, e che forse dovrebbe, interessare il consumatore informato è la coerenza delle scelte che vengono fatte da parte degli amministratori locali. Il consumatore, che è anche cittadino, e che come tale può essere anche dotato di giudizio critico, è in grado, secondo me, di dire la sua in tema di corrette, o scorrette, scelte riguardo una coerente gestione del territorio. Coerenza: ciò che in un vino (e in generale in un cibo) lega, o meglio dovrebbe legare, le sensazioni visive a quelle olfattive e a quelle gustative. Un vino incoerente è quasi sempre un vino non buono, per non dire pessimo.
Alcuni anni orsono, l’allora (nonché attuale) Sindaco di Salerno, durante un discorso ufficiale col Commissario a Napoli, disse che nel territorio della città di Salerno non c’era “un buco” ove poter collocare un bruciatore di rifiuti. Giustissima, correttissima, coerentissima osservazione, dico io! Ma alcuni anni dopo, e siamo ad oggi (giugno 2008) questo medesimo amministratore purtroppo cambia idea, offrendo al Commissario un suolo ove ubicare questo grossissimo bruciatore. Tale suolo corrisponde alla striscia di terra, del Comune di Salerno, che si incunea nello splendido scenario del Parco dei Picentini. Non è superfluo, in questa sede (mi si perdoni la pedanteria), ricordare due cose: a. che checché se ne dica, i bruciatori di rifiuti, e ancor di più delle dimensioni straordinarie come quello previsto per Salerno, sono stabilimenti industriali altamente tossici per l’uomo e per l’ambiente circostante; b. che la località ove sorgerà tale impianto è di grandissimo pregio, in quanto ospita, tra l’altro, il vino Montevetrano, la Nocciola di Giffoni, un olio di oliva che è tra i migliori in Campania, oltre ad attività agrituristiche di altissimo livello; inoltre i Picentini sono il più grande serbatoio di acque sotterranee, nonché un polmone verde dotato di un’agricoltura praticamente incontaminata. Un gioiello, insomma. Poiché è vero che le leggi attuali vietano l’attribuzione di Denominazioni (doc e dop su tutte) a prodotti provenienti da zone ove sono ubicati impianti altamente inquinanti, ritengo opportuna, nella mia veste, fare una serena riflessione. Può una ragion di Stato essere prevalente rispetto alla tutela delle produzioni agricole e, cioè, alla salute dei cittadini? Può un amministratore locale avere il diritto di cambiare idea e decidere, senza aver ascoltato il parere di nessun imprenditore e di nessun cittadino, di collocare impropriamente un bruciatore di rifiuti, peraltro di straordinarie dimensioni, nei pressi del “giardino di delizie” di un Parco regionale? Possiamo accettare l’idea che un grande vino o un grande olio o una dop in genere possano provenire da suoli contaminati? Io credo proprio di no. E come me, la pensano tutti i cittadini e tutti gli imprenditori locali del settore rurale, enogastronomico e turistico da anni impegnati fattivamente, coerentemente con le scelte politiche, per lo sviluppo economico di questa zona. Finora il Sindaco di Salerno ha disatteso sistematicamente tutti gli incontri con le popolazioni e gli imprenditori coinvolti da questa (dico io insensata) sua decisione: ieri l’ennesimo appuntamento mancato, a San Cipriano Picentino. Ma un motivo forse c’è. E’ la consapevolezza del dover portare aventi una scelta che appare agli occhi di tutti densa di incoerenza.
Se siete, come so che siete, appassionati di viaggi e di gastronomia, se amate, come me, il bello che la Natura sa offrirci, se amate la storia, le tradizioni, se siete alla perenne ricerca del giusto e del gusto, unitevi anche voi alla mia serena riflessione: perché sta succedendo tutto questo? Qual è il senso? Dove andrà a finire lo sforzo fin’ora intrapreso da parte di tanti imprenditori del settore turistico ed enogastronomico di altissimo livello, dei Picentini? Forse che nelle Langhe o a Montalcino, in mezzo ai vigneti, sorgerà mai un bruciatori di rifiuti da quasi un milione di tonnellate?
*presidente di Terra da Vino
Perché la folla preferì Barabba a Gesù? Le cose vanno così, la folla alla fine è un corpo solo che decide, si muove e urla alla stregua di un singolo come ben sa chi si è appassionato allo studio sul nazismo di Elias Canetti, Massa e Potere, pubblicato in Italia da Adelphi. Mi ha colpito una frase di Silvia durante la conferenza stampa in cui è scesa in campo: “In Italia i suoli liberi per eccellenza sono solo quelli agricoli” e non, magari, aggiungo io, quelli devastati dalla speculazione edilizia. Salerno, come altre città del Sud (cito Catanzaro e Potenza tanto per gradire), non è nuova a follie urbanistiche devastanti, il suo porto ha infatti cancellato negli anni ’70 per sempre due chilometri stupendi con i quali iniziava la Costiera Amalfitana condannando la città al traffico di Tir nella sua parte più stretta. Impressiona la quasi unanimità fra i partiti, sulla scorta dell’emergenza della spazzatura si stanno operando scelte senza discussione e, credo, anche senza valutare altre possibilità concrete che pure ci sono in ambito comunale. Come riflessione personale mi stupisce lo stesso obiettivo colpito, il Montevetrano appunto, fra chi vuole costruirgli un inceneritore vicino, chi ci aveva progettato la Tav e alcune argomentazioni impazzite della ideologia neopauperista che ha come segno di appartenza la critica ottusa all’agricoltura di qualità e non l’assunzione di queste realtà riconosciute in tutto il mondo come punto di orgoglio, come scudo per tutta la filiera e la sua pluralità. Del resto, il primo sintomo del provincialismo è proprio disconoscere quel che di buono c’è nella propria terra, lottare per cancellarlo e riportare tutti ad una quota più bassa. Noi restiamo con l’agricoltura, con la qualità, con le diverse forme in cui essa liberamente si esprime sul mercato senza pretendere di giocare con la vita e la morte delle persone e difenderemo nel nostro piccolo chi ha progettato l’esistenza in modo ecocompatibile non immaginando mai che, oltre alle scartoffie burocratiche, oltre alla nullità della macchina politica, alle inefficienze della pubblica amministrazione, alla concorrenza, alle denunce anonime, alla invidia, avrebbe dovuto fare i conti anche con le aggressioni verbali preconcette, frutto di diletto goliardico di chi, magari, commercia in altri articoli. Perché chi lavora la terra e investe va rispettato, sempre: qui il gusto e la libertà di critica non c’entrano, è questione di responsabilità verso il territorio e la sua comunità, immergersi nel contesto in cui molti sono costretti ad operare, conoscere le loro vicende, capire il motivo di alcune scelte, fare i conti con una storia iniziata da poco, sostenerla, amarla con passione e soprattutto con tanta professionalità. Il nostro lavoro è raccontare, e continueremo a farlo.(l.p.)
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