Un bicchiere per due / Alto Adige Pas Dosé Haderburg 2010

Pubblicato in: TERZA PAGINA di Fabrizio Scarpato
Haderburg Pas Dosé 2010

di Fabrizio Scarpato

Se lo vuoi, rimani. Ultimo bicchiere di una sera che è già passato. Bello, peraltro. Come lui. Il vino è decisamente prossimo a un sentimento di nostalgia, perché ne puoi bere ancora. Parafrasando Freud, un bicchiere concilia con la bellezza della vita, proprio perché finisce. E una rosa non è meno bella per il solo fatto che è destinata a sfiorire. Né più né meno di una bottiglia di vino. E così guardi, annusi, assaggi. Il futuro a portata di mano, se il bicchiere è buono. E questo era buono. Giallo puro, esuberante di bolle che scoppiano in bocca, insidiose. Accelerazioni carboniche. Con un vino così domani è adesso, il tempo si contrae, al punto di aver nostalgia di un attimo prima. Già passato. E’ un bel bere, gioioso. Se la nostalgia fosse solo uno sguardo immobile al passato, sarebbe malinconia. C’è una bella differenza. E poi la bevuta malinconica è micidiale. No, io sono felice, perché non pretendo un domani, pur evidenziando un’insaziabile voglia di vivere.

Il vino ci aveva già detto tutto. Per questo m’è piaciuto. Se ne stava lì, decisamente sottotraccia, l’intensità non pervenuta, il vento di superficie praticamente assente. Solo una brezza, puramente carbonica. Non mi piacciono le acque chete. Ma aveva un profumo semplice e diretto, di lievito e mela, di nocciole e fiori di campo. Lontano, una stilla di agrumi. Non gliene poteva fregare di meno, insomma. Ma erano entrambi lì con me, lui e il vino. Vivi, senza infingimenti, senza trucco, di poche parole, ma sicuri di sé.

Strano. Di solito sono euforica quando un amore finisce. Perché inizia una nuova vita, si intraprendono nuove strade, gesti diversi. Non sopporto i silenzi per cena, i baci per strada, la mano nella mano. Lo stato nascente, l’innamoramento, porta con sé questo terrore: domani. Invece questa sera sembrava non portare desideri insani, se non quello di toccarsi, di conoscersi, di esaurire noi stessi in un attimo. Non c’è niente, dopo. Tutto e subito.

E poi abbiamo bevuto. Come attraversati da una scarica elettrica. Chardonnay a palla. Dritto, secco, fresco, molto fresco, pimpante. Ancora echi di mandorle e noci, dell’erba alta sotto le vigne di Salorno e un finale balsamico, rigenerante, molto lungo. Ricordo la cantina, c’erano i cavalli nelle vigne e l’oro delle pupitres metteva a dura prova il mio fragile senso della misura. E così la bottiglia è finita. E la nostalgia mi assale perchè vorrei ricominciare. A bere, e tutto il resto. Certi vini, e certi uomini, sembrano fatti apposta. Confortevoli, succosi, privi di taglienze assassine. Sinceri, perché non chiedono niente, se non ascoltare. Da consumare, senza finire, da gustare, senza morire. Maledettamente intriganti.

Sarà per questo che adesso l’angolo di visuale del mio cuore si è allargato. Solo di qualche ora, o forse di qualche giorno. Dal passato affiora una sensazione di morbido abbandono. Forse una punta di pinot nero e la dolcezza acida e fragrante di una torta di mele. Eccola la nostalgia, la breccia nella memoria che apre uno spiraglio di futuro, fantasticamente senza certezze. Cantare di gioia, quasi un gospel. Abituarsi, forse arrendersi. All’evidenza di un amore. Tanto vivo da sfidare la noia, fino al punto di desiderarla. Avevo bisogno di bollicine sfacciate ed eleganti, lascio ad altri quelle malinconiche e supponenti. Adesso e qui, poi chissà. Se lo vuoi, rimani.

 

Crediti:

Malika Ayane: Adesso e qui (Nostalgico Presente)


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