Di comune accordo abbiamo deciso, per ricordare il nostro amico Kyle Phillips ad un anno dalla scomparsa, di condividere i nostri pensieri, certi che lui ne sarà felice.
Non posso certo parlare di amicizia nel senso più stretto del termine, la nostra frequentazione era limitata alle varie degustazioni in giro per l’Italia, dove, ormai da anni incontravo Kyle, sempre dietro ad un PC e ad una pletora di bicchieri, intento ad estrapolare e a descrivere le sensazioni che quei vini gli davano.
Era un metodico: sempre tra i primi a sedersi e tra gli ultimi ad alzarsi, non volendo trascurare nessuna delle bottiglie disponibili, come per un senso di profonda correttezza nei confronti di coloro che quei vini avevano concepito, voleva capire fino in fondo la filosofia di quei prodotti.
Era una persona schiva, senza nessuna voglia di protagonismo, poche le sue foto disponibili in rete, un volto da ragazzo in un corpo possente, che purtroppo non è bastato a vincere la subdola malattia che in pochi mesi l’ha portato via.
Mi piace ricordarlo sorridente, sempre con la sua macchina fotografica al collo, mentre riprendeva l’interno di una chiesa, a Bergamo alta, qualche anno fa, in occasione di un concorso enologico al quale abbiamo partecipato assieme.
Lorenzo Colombo
Caro Kyle, non ci crederai ma ogni volta che visito qualche località, ho sempre la sensazione che ci sia anche tu. Che la tua presenza sia nell’aria quando degusto vino e mangio buon cibo, soprattutto se mi trovo con I Giovani Promettenti, è del tutto normale, non potrebbe essere altrimenti; ma è quando scatto una foto, quando osservo un particolare, visito una chiesa o mi avventuro nei vicoli di un borgo toscano o umbro che non posso fare a meno di pensarti.
Ho come l’impressione che tu sia dietro di me, che mi stia osservando, non so se con approvazione o un velo di tristezza, ma è una sensazione che mi dà grande conforto. A volte penso a cosa tu fotograferesti, a quali sfumature sapresti cogliere, ma sono certo che proveresti il mio stesso entusiasmo, pronto poi a buttare giù un articolo per i tuoi lettori americani e non solo.
E così, nonostante tu sia lontano, probabilmente ancora con il calice e l’obiettivo in mano, sei tuttora parte delle mie giornate, molto più che un semplice ricordo, ma la presenza rassicurante di un caro amico.
Ti abbraccio con affetto, ovunque tu sia.
Roberto Giuliani
Il funerale stava per finire quando un signore nelle file centrali si sentì male. Elisabetta non perse un attimo: abbandonò il giusto pianto e la bara di Kyle per svolgere il suo ruolo di medico, mai tanto necessario perché con il suo intervento salvò la vita a quell’uomo.
Nel frattempo il funerale era finito e il corpo di Kyle trasportato altrove. Il corpo, ma non li suo spirito, quello che aveva aleggiato sopra di noi ed aveva seguito sua moglie mentre soccorreva chi aveva bisogno.
Ancora oggi sono convinto che sotto sotto Kyle ci abbia voluto far capire che la vita continuava anche senza di lui e che tutti dovevano tornare a quello che avevano sempre fatto.
Però permettimi, caro amico, di ricordarti dopo un anno e dirti che senza te le cose non hanno lo stesso gusto. Non ho potuto fare niente per trattenerti, ma almeno voglio ricordarti.
Carlo Macchi
Mi piaceva degustare con Kyle: non massacrava i vini, mai. Anche perché lui, sornione, arrivava sempre ultimo, un americano atipico innamorato della Toscana e dell’Italia.
Ultimo agli appuntamenti, ultimo ad alzarsi, e noi lo sfottevamo per questo: ma guarda un po’ se gli italiani devono aspettare un americano! L’ho conosciuto poco, ma quanto basta.
Mi piaceva degustare con lui, era rassicurante e rasserenante, mai professorale e mai competitivo: se gli chiedevi, rispondeva. Altrimenti scriveva. Lo ricordo con quella sua enorme macchina fotografica girare tra le vigne in Langa.
Ci sta aspettando lì.
Luciano Pignataro
Era giusto un anno fa e pioveva. Pioveva forte, fortissimo. Io ero in giro per il mondo, come al solito. Mi si è allagata la casa, con danni e pericoli vari, mia moglie era da sola. Un pandemonio.
Eppure, quando alla fine di una giornata infernale è riuscita a parlarmi, le sue uniche parole e le sue uniche lacrime erano per te. Per te che quello stesso giorno ci avevi lasciato. L’aveva saputo per caso. Ed era come se, non potendomi raggiungere, si fosse sentita di piangere anche al posto mio. Sapeva che ci eravamo salutati pochi giorni prima, tutti e due tacitamente consapevoli che avrebbe potuto essere l’ultima.
Lo fu davvero.
In questi dodici mesi ti abbiamo ricordato spesso. Molto spesso. Si è fatto un premio intitolato a te. Ti si è menzionato, citato, evocato. E perchè ora non abbiamo nessuno a cui dire “sbrigati” quando le degustazioni sono finite e perfino i sommelier stanno sbaraccando la sala.
So long, Kyle.
Stefano Tesi
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