di Beniamino D’Agostino
Cari amici, in realtà non so neppure come iniziare questa lettera, sfogo, confidenza…davvero non so… in questo sabato 6 marzo 2021 dopo una mattinata passata a fare le solite cose da un anno a questa parte, mettere in ordine casa, sistemare le piante in terrazzo per la primavera che arriva, passare dalla cantina per controllare i ragazzi che etichettano le bottiglie per quei pochi ordini che ci arrivano rigorosamente dall’estero…un tempo che appare sospeso tra un passato recente e cristallizzato ed un futuro che ancora non accenna a palesarsi neppure nell’immaginario.
Un anno fa eravamo praticamente in lockdown non sapevamo ancora a cosa andavamo incontro e lo abbiamo fatto con la leggerezza dell’ignoranza, la curiosità dei bambini difronte ad un nuovo gioco, siamo stati a casa, facevamo i concertini dalle finestre, un momento di irrealtà che magari ci ha riavvicinato anche alle piccole grandi cose, la famiglia, la pizza fatta in casa, il lievito che sono si trovava, tutto tra il panico e la sicurezza delle nostre quattro mura.
I giorni in cui eravamo soliti prepararci al Vinitaly, ai viaggi oltreoceano, agli appuntamenti in Inghilterra o Stati Uniti, l’imbottigliamento delle nuove annate, l’approssimarsi della stagione più “busy” con comunioni, cresime, matrimoni e l’estate ed i suoi consumi….
Tutto paralizzato, sospeso, come in un film di fantascienza, niente traffico, niente rumori, niente smog, era quasi piacevole oltre che irreale…
Qui al Sud poi neppure l’angoscia del suono delle ambulanze, per noi Bergamo, Codogno erano come le bombe in Medio Oriente, una cosa drammatica ma lontana, ci faceva rabbrividire ma non la percepivamo come veramente reale.
Poi, dopo questa esperienza inedita, passata tutto sommato velocemente, abbiamo vissuto una estate normale, sembrava tutto finito passato invece…. era solo il prologo al dramma, la peste Manzoniana è arrivata anche da noi, abbiamo cominciato a contare i morti…vicini, parenti, nonni, madri, amici medici stravolti da turni di 18 ore…
Questo dal punto di vista personale…
Dal punto di vista aziendale invece, per chi come noi coltiva la vite, le conseguenze sono immediatamente apparse in tutta la loro drammaticità.
Marzo è il tempo delle potature, del diserbo meccanico, delle legature, delle piccole e grandi manutenzioni per preparare la vigna a produrre la nuova annata ed al netto della poesia vuol dire, costi, gasolio, personale, pali, fil di ferro, barbatelle, concime…Come le paghi queste cose se i ristoranti sono chiusi, se i clienti non ti chiamano e se non si vende una bottiglia di vino e vedi rapidamente che tutte le nazioni con cui lavori chiudere e spegnersi come lampadine una dietro l’altra come in un brutto blackout…
Con la solita fiducia inizi a pensare, “chi ci governa saprà cosa fare ed inizia lo stillicidio dei notiziari, tutti davanti al televisore ad aspettare notizie, provvedimenti risolutivi, leader mondiali che dovrebbero coordinarsi per quella che a tutte le persone comuni dotate del ben dell’intelletto appare per quello che è, una pericolosissima pandemia mondiale, una cosa vista solo nei catastrofici film americani di fantascienza è diventata reale, non ci sono gli zombie in giro per le strade ma la sensazione è la stessa…
Ed invece, come sempre, parte lo show dell’incompetenza e dell’improvvisazione…
Non voglio andare fuori tema, né parlare di cose che non conosco, voglio limitare il mio sfogo al nostro settore ma il mio è ovviamente una discorso che dovrebbe essere esteso ad ogni comparto colpito duramente da questa tragedia epocale…
Subito mi viene in mente il primo “rivoluzionario” provvedimento preso a tutela dell’agricoltura… la Cassa Integrazione…in non sono un genio ma il primo pensiero che mi è venuto in mente ricordo fu: “ma che cazzo vuoi cassintegrare?”
Il fenomeno che ha partorito questa idea è mai andato in un campo agricolo?
Hanno una minima idea che l’agricoltura non può fermarsi mai?
Se metti in cassa integrazione i braccianti agricoli, chi semina, chi pota, chi concima, chi fa i trattamenti?
Si, certo, magari uno o due li fermi e li tieni a casa se non imbottigli se rallenta il lavoro ma il vino come tutti i prodotti agricoli, va prodotto, raccolto, stoccato, spedito o semplicemente custodito e lavorato finchè non si riprendono le vendite.
La campagna non è una fabbrica di bulloni.
E ti rendi conto che chi decideva il contenuto dei DPCM aveva non idea di quello che stava accadendo nella vita reale.
Non posso pensare che chi indicava tra le attività che non dovevano fermarsi durante il lockdown al tempo stesso individuava come forma di ristoro la cassa integrazione, non voglio pensarlo.
E invece, niente, mesi e mesi per partorire una distillazione di sostegno a prezzi ridicoli mentre importavamo l’alcol dall’estero a prezzi esorbitanti;
Nessun coordinamento Stato/Regioni, ognuno in ordine sparso con misure intempestive, a pioggia che non solo non hanno risolto il problema a nessuno ma hanno fatto esplodere il debito pubblico.
Possibile che nessuno si renda conto che distribuire centesimi a tutta la popolazione mondiale affossa solo l’economia e non salva nessuno? Sono solo io a vederla in questo modo? Eppure non sono né un economista né un “tecnico” qualifica abusatissima che giustifica qualunque puttanata.
E vogliamo parlare di AGEA?
Accelerare i pagamenti tuonano ministri e parlamentari…non solo siamo qui che aspettiamo ancora ma ci si mette pure Agecontrol che, per la prima volta in quindici anni si mette a fare le pulci alle erogazioni OCM PAESI TERZI bloccando pagamenti di spese già sostenute con le motivazioni più disparate, mancano le foto, vogliamo le fatture di secondo livello, l’elenco dettagliato dei partecipanti e tutto entro tre giorni, ma questa gente con il culo al caldo e lo stipendio garantito ha idea quanto ci voglia per avere una rendicontazione in piena pandemia da una trentina di ristoranti di Pechino o di Shanghai?
E siamo ancora qui, con il fatturato sottozero ed il morale sotto i tacchi, abbiamo continuato a pagare stipendi e contributi come se nulla fosse cambiato, le tasse sono state sospese, avete capito bene, sospese non cancellate, ma dopo 12 mesi non è ripartito ancora nulla, la nuova campagna vinicola è praticamente alle porte, e noi dobbiamo assistere ai balletti sul recovery plan, alle campagne vaccinali che non decollano, a ristoranti, alberghi e sale ricevimenti che sembrano l’hotel di Shining, ai commissari straordinari che programmavano di spendere 450 milioni di euro per le primule nelle piazze.
Noi siamo sempre stati una azienda prudente negli affidamenti con i clienti, a fronte di un milione di euro di fatturato lo scoperto, i cosiddetti crediti difficili o incagliati non hanno mai superato i 50 mila euro in totale, oggi abbiamo superato i 300 mila euro di mancati incassi, e la cosa peggiore è che sono tutte fatture che non superano i 1000 euro cadauna ed ancora peggio i nostri clienti che all’inizio erano mortificati oggi non ci rispondono neppure più al telefono o alle mail.
Proviamo ad andarli a trovare e sbattiamo il muso davanti a saracinesche chiuse…e non ci sentiamo neppure di dar loro torto…
Tutto questo sarebbe pure sopportabile se non ci sbattessero ogni giorno davanti agli occhi miliardi di euro bloccati per beghe politiche o, peggio ancora, diffusi a pioggia senza un metodo e senza consapevolezza che ogni settore ha bisogno di aiuti su misura.
L’improvvisazione poteva essere compresa e perdonata un anno fa, oggi no, oggi ci sono solo rabbia, tristezza e rassegnazione.
Trovo impossibile, per esempio, che nessuno abbia compreso che per il settore della vitivinicoltura e SOTTOLINEO vitivinicoltura e cioè chi ha la filiera completa, l’unico reale e concreto aiuto sarebbe il sostegno al reddito dei dipendenti delle aziende agricole.
Come già detto il ciclo biologico in agricoltura non può arrestarsi ma se il prodotti finale non viene venduto non ci sono le risorse per pagare il personale, se l’azienda mettesse i propri dipendenti in cassa integrazione il denaro pubblico sarebbe usato per pagare questa gente per stare a casa a non fare nulla, BENE, nel caso dell’agricoltura sarebbe un assurdo prevedere, davanti a drammatici cali di fatturato, che i soldi della cassa integrazione, magari con una partecipazione al 20/30% da parte dell’azienda, venissero corrisposti per andare a lavorare e non per stare a casa?
NON MI SEMBRA UNA IDEA ASSURDA O PEREGRINA!
In questi lunghi mesi terribili abbiamo fatto di tutto, degustazioni on line, implementazione dell’e.commerce, studiato nuovi mercati, assistito clienti…SI NOI, tutti noi produttori di vino, abbiamo, nonostante i nostri problemi, abbiamo contribuito a sostenere economicamente i nostri amici e clienti ristoratori di tutto il mondo.
Abbiamo fatto e stiamo facendo la nostra parte, senza piangere, senza lamentarci, senza proteste, senza portare i trattori in strada, ma è evidente che la signorilità non paga, mai, in questo paese bellissimo ma pieno di contraddizioni.
Ogni giorno, tra colleghi ci confrontiamo, ho nelle orecchie le ore passate a telefono o in videochiamata con i fratelli Cantele, con Doni Coppi, con i fratelli Decorato di Rivera, con Vittoria Cisonno e Daniele Cirsone del Movimento Turismo del Vino, gli scambi di opinione on line con Stefano Cinelli Colombini, con i miei importatori in giro per il mondo, un continuo e proficuo scambio di idee all’inizio, oggi abbiamo pudore a sentirci, è diventato solo un piangersi addosso e questo non è da noi.
Scusatemi per lo sfogo, anche questo non è da me, ma ho voluto condividere con voi, amici giornalisti, prima amici che giornalisti di cui ho stima personale, perchè penso che sia importante che voi, che il settore lo avete nel cuore, sappiate più dal profondo quello che sta accadendo e la totale mancanza di soluzioni reali e concrete per uno dei settori più trainanti del made in Italy.
Soluzioni, ripeto, possibili, immediate e che è assolutamente necessario e urgente che i nostri governanti escano dal torpore dell’incompetenza, mettano a tacere definitivamente la killerburocrazia stratificata ed affrontino l’emergenza come va affrontata mettendo da parte gli sterili balletti.
Il rischio che una parte dei fondi pubblici possa essere intercettato dalle mafie (scusa sempre buona per creare legacci e legacciuoli) è infinitamente più modesto rispetto al rischio reale che tutte le aziende falliscano e quelle che rimangono in piedi siano infiltrate dalle mafie dell’usura.
Non c’è più tempo per salvare un settore che conta 3000 aziende oltre 11miliardi di fatturato e 40mila addetti senza considerare l’indotto e l’indotto forse è più importante del settore perchè parliamo di vetrerie, macchine agricole, prodotti enologici, chiusure, imballaggi, marketing, packaging, macchinari enologici, l’ammontare annuo degli investimenti da parte delle aziende di settore è quasi pari al fatturato quindi parliamo di un indotto che genera altri 10 miliardi di euro di fatturato per altre aziende.
Parliamo di 650mila ettari vitati coltivati che da soli compensano 10 milioni di tonnellate di CO2 all’anno senza costi per la collettività!
Non so se servirà a nulla o sarà solo un parlarmi addosso, mi auguro che almeno leggermi possa aiutarvi ed aiutarci a venire fuori da questa assurdità.
Perdonate ancora lo sfogo, io sono un fervente e convinto sostenitore delle competenze e della importanza delle organizzazioni di categoria, ma visto che pare evidente che le infinite riunioni presso i ministeri con tutte le organizzazioni di categoria sembrano un dialogo con sordi, è doveroso da parte di ognuno di noi, piccolo o grande che sia, cercare di dare una scossa, il Titanic affonda, non sento più l’orchestra che suona ma non c’è nessuno che metta in acqua scialuppe di salvataggio degne di questo nome.
Un caro abbraccio a tutti.
Beniamino D’Agostino
Cantine Botromagno – Gravina in Puglia
p.s. Ovviamente la mia analisi e le mie proposte non possono essere certamente esaustive e risolutive per una emergenza mondiale, ma un viatico per valutare le problematiche da ottiche diverse certamente si.
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