di Raffaele Mosca
Un maestro con la grinta di un esordiente, un artista in bilico tra avanguardia e neoclassicismo e un bravo oste dai modi spicci che, quando gli rammenti che in molti lo considerano il più grande chef d’Italia in questo momento, ti risponde: “ Bisogna dimenticarsi dei traguardi raggiunti. Altrimenti si rischia di mitizzarsi, di avere un’ immagine fuorviante di sé stessi e cominciare ad adagiarsi sugli allori.”
Lui, Mauro Uliassi, è un personaggio unico, che trascende le stelle e gli allori: lontano dal divismo degli chef televisivi quanto dallo yuppismo dei cuochi-imprenditori, è riuscito – insieme al conterraneo Cedroni – a rimettere al centro della scena gastronomica italiana una regione incomprensibilmente saltata a piè pari dalla “gente che conta”. Di lei – non la brava Catia, ma la cucina dell’unico tristellato marinaro d’Italia – si parla tantissimo, ma ci si concentra il più delle volte sull’ultima edizione del Lab – il concept menu per il quale tutti i critici stravedono – tralasciando il percorso scelto dalla maggioranza dei commensali: Uliassi Estate, una giostra di sensazioni marittime, rivierasche in perfetta sintonia con la location che sembra venuta fuori da un quadro di Edward Hopper.
Estate 2021 di Mauro Uliassi
L’apertura in questa sala che, nonostante la mise en place raffinata (con tanto di piatti di Fornasetti), sembra non aver mai perso l’atmosfera da osteria di mare, è uguale per tutti e riassume in tre bocconi ciò che segue: la ricerca sulle temperature che accomuna Uliassi a Romito e Cedroni nel loacker di fois gras servito freddo; l’abbinamento dei grassi a toni verdi e pungenti nel lardo di polpo con finocchietto salvatico; l’incontro tra mare e terra tipico della tradizione marchigiana sintetizzato da tartufo e alici.
E se gli stuzzichini d’ingresso rendono un’idea generale di golosità un po’ mediterranea e un po’ francofila, le prime due tappe della degustazione vera e propria – gentilmente modificata per soddisfare le esigenze di chi mi accompagna – insistono su sensazioni intense, dirette, per niente accomodanti. La tagliatella di seppia con alga nera e quinoa fritta è un’esplosione umami che mi riporta dritto al mio viaggio in Giappone di qualche anno fa.
Cosa si mangia da Mauro Uliassi
L’omaggio a Piergiorgio Parini – sogliola, lattuga e bergamotto – spinge, invece, su sensazioni agrumate e vegetali quasi cosmetiche che prendono il sopravvento sulla sogliola, qui ridotta a semplice tavolozza sulla quale far risaltare il verde assoluto.
Più immediatezza e “tradizione” nel Rimini Fest, piatto che gioca sui contrasti di temperature e consistenze e che potrebbe essere il soggetto di un’opera di pop art. Lo spiedino da solo è semplice, goloso, ricorda proprio gli antipasti serviti negli stabilimenti della riviera par excellence, ma la ventata ghiacciata degli shot di citronette dà una marcia in più.
Segue qualcosa che non ti aspetteresti di mangiare in un posto del genere: un classico da osteria che riporta agli anni in cui questo chalet sulla spiaggia era una semplice trattoria a conduzione familiare. C’è un tocco di cannella nel sautè di vongole che va ad allungare la persistenza aromatica di una portata decisamente più “casereccia” delle altre, ma non fuori posto.
Cucina di mare, vegetale pure, ma Uliassi é soprattutto ambasciatore di una tradizione ibrida per natura: mezza marinara e mezza contadina. “ La percezione della terra, unita a quella del mare, marca profondamente la nostra cultura” si legge nel menu. E il legame si rinnova in due portate che fanno della golosa combinazione mare-monti il loro punto di forza. Chi mi accompagna considera l’abbraccio cremoso, confortante del fondente con mazzancolle e tartufo estivo il momento clou del pranzo.
Sull’ossobuco alla marinara, invece, abbiamo entrambe qualche perplessità: la parte vegetale dovrebbe dare slancio, ma è leggermente slegata e non riesce a bilanciare la ricchezza e la collosità delle trippe di baccalà abbinate per concordanza al taglio di carne bovina.
Arriva finalmente la pasta – banco di prova per tutti i cuochi nostrani – ed è di quelle che rimangono impresse: lo spaghetto è al chiodo (come piace al sottoscritto), l’affumicatura è gestita sapientemente ed amplifica il sapore marino delle vongole e la dolcezza esplosiva del datterino arrostito. Chapeau!
L’ ultima tappa salata è un altro piatto marino per tre quarti e terragno per il restante quarto: spigola, spugnole, pesche arrostite e salsa al vino bianco. C’è il croccante della panatura, una parvenza di bosco a dare carattere, ma alla fine il mare esce trionfante insieme al tocco acido calibrante che ha costituito il fil rouge di tanta parte del percorso.
Chiusura in bellezza con pre-dessert e dessert che mettono in chiaro il talento del pastry chef Mattia Casabianca. La granita di melone bianco e chartreuse lascia il campo libero a Senigallia-Brest, riedizione di un classico francese al quale le olive nere caramellate danno un contrappunto amaro che bilancia il (leggerissimo) bignè ripieno di chantilly alla vaniglia e ciliegie.
Solo bianchi e solo Marche sul fronte del wine pairing… ma che bianchi e che Marche! Si parte con uno migliori spumanti d’Italia, per proseguire con Incrocio Bruni, Pecorino di Offida, Ribona, Sauvignon botritizzato. Ma la chicca delle chicche è il Bianco Vellente di Villa Lazzarini, vino ottenuto dalla Garofanata, varietà autoctona della quale esistono pochissimi ettari nella sola provincia di Macerata. Al diavolo i pluristellati che sbicchierano solo Francia per fare scena: la vera gioia sta nell’accoppiata con vini che non berresti da nessun’altra parte!
CONCLUSIONE
Eclettico, visionario, con lo sguardo rivolto al mondo e a tutte le tendenze globali – dalla cucina vegetale alla riscoperta della materia prima povera – e il cuore ancorato tra questo pezzo di riviera e la collina alle sue spalle. A 63 anni, dopo aver finalmente conquistato il terzo macaron, Mauro Uliassi potrebbe anche cominciare a rilassarsi e, invece, continua a fare ricerca “perché un pittore realizza un quadro una volta sola. Noi, invece, dobbiamo riprodurre le nostre opere ogni giorno… ed è sempre diverso!”.
La dicotomia nella sua proposta è molto chiara: il Lab racchiude il repertorio da rocker sperimentalista; Uliassi Estate, invece, è un compendio di suggestioni più pop che riassumono i punti salienti di questa cucina d’avanguardia neoclassica – che parte dalla tradizione marchigiana e dai grandi classici italiani e francesi per andare molto oltre – e allo stesso tempo evocano immagini familiari di pranzi estivi, di vacanze in riviera con qualche escursione in collina. Si potrebbero cristallizzare questi piatti ed esporli in una mostra intitolata “ Da Senigallia al Mondo, alla scoperta dell’estate e dei suoi colori”. Penso che lui, che è fresco di pubblicazione del libro realizzato con il performer Giovanni Gaggia, e ama questi cortocircuiti tra arte visiva e arte culinaria, ne sarebbe estremamente contento.
Mauro Uliassi a Senigallia
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