Domani martedì siete tutti invitati al convegno organizzato alle 17,30 a TuttoPizza sul tema “La Pizza libera. 5 errori da non fare per promuovere la tua pizzeria”
Nell’ultimo anno, dal caso Daniel Young in poi, è apparso evidente la crescita della confusione nel settore. Tutti vogliono diventare famosi come Gino Sorbillo e alcuni hanno intercettato questo bisogno e si sono buttati a pesce su questa esigenza.
“I pizzaioli sono fessi – ha dichiarato al telefono una persona che si propone come consulente – per un po’ di visibilità pagherebbero qualsiasi cifra”
Ma è davvero così? Nelle riunioni clandestine organizzate a Napoli e a Caserta e nelle chat si è detto di tutto e di più, su Facebook ancora peggio, pochi, pochissimi, riescono a guardare ai fatti mantenendo la calma.
Le cose sono un po’ più complesse a quanto pare, come del resto è emerso nell’assemblea dei pizzaioli di Acerra convocata il 15 febbraio ripresa e rilanciata da Report. Per questo abbiamo pensato di organizzare questo dibattito con alcuni dei protagonisti di quella puntata e con Antono Puzzi, curatore del libro di Slow Food Editore sulla pizza.
E’ possibile spendere (con fattura si intende) i propri soldi in consulenze tecniche e comunicazione in modo intelligente? Conviene? Come scegliere la persona giusta?
Ma soprattutto c’è la possibilità di distinguere bene tra critica, giornalismo e comunicazione? O il futuro delle pizzerie è TripAdvisor e i finti giornalisti che fanno consulenze?
Il convegno prova a rispondere a queste domande dopo l’attacco selvaggio portato alla stampa libera e autonoma da condizionamenti da parte di chi aveva interessi commerciali molto precisi, perché la pizza attraversa un momento d’oro, impensabile sino a qualche anno fa. Non sono pochi gli investitori che vengono da altri settori che stanno aprendo pizzerie sempre più belle e spettacolari spendendo soldi per consulenti e comunicazione. Forse è proprio Facebook la società che sta beneficiando di questo movimento visto che i pizzaioli più giovani impazziscono per i like e investono migliaia di euro per acquisire follower.
Questo è esattamente il fenomeno distorsivo che si è creato nel quale si sono inseriti molti improvvisati che per una foto su Istagram o su Facebook chiedono soldi. Si soldi, sempre più soldi. Nemmeno gli esattori delle tasse stanno girando con tanta determinazione per pizzerie come alcuni fufblogger in questi ultimi mesi.
Un vero e proprio Far West perché, a differenza dei media tradizionali registrati che devono rispettare per legge la distinzione tra giornalismo e comunicazione, i blog e i procacciatori di like possono nascondersi, legalmente e legittimamente, nell’ambiguità e i più bravi sono proprio coloro i quali trasmettono messaggi pubblicitari come se fossero momenti di propria vita quotidiana.
Al tempo stesso anche la battaglia sui prodotti è molto accesa, ormai non c’è pizzeria che non esibisce sul bancone alcuni prodotti rinomati per dimostrare di essere alla moda e aggiornata. Insomma, siamo in una fase di crescita convulsa nella quale insieme a tante note positive (sostegno all’agricoltura di qualità, passione di tanti giovani per gli impasti e la sperimentazione, miglioramento della qualità del prodotto finale) c’è anche una zona grigia sulla quale è bene accendere i riflettori prima che i segnali degenerativi diventino sistemici e irreparabili.
Come per qualsiasi altro mestiere, i giovani devono sognare ma anche sapere che non è comprando like che si raggiunge la notorietà, ma lavorando sodo e pensando soprattutto ai clienti, così come fanno le pizzerie tradizionali che non hanno quest’ansia da prestazione. Devono capire che è necessario prendere le distanze dai pifferai magici che promettono incremento dell’attività, articoli sui giornali e televisioni e miracoli impossibile.
Sarà dunque interessante capire, per ciascuno dei presenti, quali sono questi cinque errori.
Io ce li ho ben chiari :-)
Spero che veniate tutti: pizzaioli, consulenti, giornalisti. Un confronto sereno a carte scoperte è quello di cui abbiamo bisogno. Sappiamo già che chi ha cose da nascondere non verrà, ma ce ne faremo una ragione.
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