di Marco Milano
Il Tronchetto di Natale non manca di essere dinanzi ai nostri occhi e sulle nostre tavole durante le festività di questi giorni. Dolce di Natale, di Capodanno o dell’Epifania che tutte le feste porta via, ad onor del vero è un dessert molto…straniero e poco italiano, ancor meno napoletano. Ma andiamo alla storia. Il Tronchetto di Natale, dolce che colora, comunque, anche le vetrine delle pasticcerie partenopee e campane in questo mese che sta per concludersi, diventando spesso e volentieri, anche l’idea regalo da portare se si è ospiti in casa altrui nel lungo calendario di cene e pranzi che si susseguono come un programma cinematografico o teatrale, praticamente dal 24 dicembre al 6 gennaio no stop, vanta antiche tradizioni sicuramente, ma ancor di più sarebbe ispirato ad un’usanza molto più datata, risalente al dodicesimo secolo. Un rito “di proprietà” soprattutto delle nazioni del Nord Europa che sarebbe da addebitare al “Ceppo di Natale”.
La Vigilia di Natale, raccontano letture di un tempo, il capo famiglia aveva come priorità quella di bruciare un tronco di legno (il ciocco natalizio) nel camino di casa. Un cerimoniale beneaugurante visto che le credenze dell’epoca vedevano nelle ceneri di un tronco bruciato il 24 dicembre il possesso di incredibili proprietà, dalla protezione degli animali, a quelle dei raccolti della terra sino alla fertilità delle donne. E sembra che per questo che i cugini francesi, eterni nostri rivali in cucina, intorno al secondo dopoguerra, dalla loro “sezione” degli chef pâtissier partorissero come dolce il “Buche de Noel”, il tronco di Natale. Un primo Tronchetto di Natale, non proprio identico a quello che si degusta oggi nelle zone della Campania Felix, visto che il dessert d’oltralpe si presentava con crema al cioccolato esternamente ma con marmellata all’interno.
Tronco sì, dunque, nell’estetica ma copia e incolla della “Torta Sacher” nella sua “farcia”, da quella nata un secolo prima nella vicina Austria, parente non troppo lontana, soprattutto in fatto di pasticceria dell’arte culinaria francese.
E se sulle tavole imbandite a festa in queste giornate di maratone gastronomiche la tradizione napoletana vede primeggiare cassate e struffoli, rigorosamente “contornati” da mostaccioli, roccocò, susamielli e paste reali, un suo posto, comunque lo occupano anche i tronchetti di Natale. “Rotolo” di pan di spagna ripieno di crema o cioccolato (la ricetta originale impone la cosiddetta crema burro anche se oggi non sempre si prepara ancora) vuole rievocare nelle “sembianze” il tronco d’albero.
Dolce “extra-italiano”, quindi, ma l’aria cosmopolita che si respira da sempre nelle mete turistiche per antonomasia, da Napoli a Capri, alla penisola sorrentina, lo portano sulle nostre tavole anche nelle immancabili varianti (le uniche che ci piacciono ovviamente e cioè le varianti dei gusti), dalla crema “bianca” a quella alla nocciola, dalla crema al caffè alle moderne creme al pistacchio ed al cioccolato bianco, il Tronchetto di Natale, cambia colore ma non la tradizione di diventare un “bis” da riproporre dopo il 25 dicembre anche per il fine pasto del menù di Capodanno e per golosi e bambini anche una terza special edition prima della fantomatica dieta del 7 gennaio, per il pranzo del giorno dell’Epifania.
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