di Ugo Marchionne
Trippicella a Napoli. Cosa significa essere un Macellaio 3.0? Amore per il proprio lavoro, rispetto per la materia prima, grande capacità tecnica e nella selezione dei capi. Non solo. Essere un Macellaio 3.0 significa saper adattare un mestiere portato avanti da 4 generazioni e catapultarlo nel futuro, non solo attraverso un’adeguata comunicazione, ma soprattutto attraverso uno studio dei gusti della clientela e una scelta delle materie prime al passo con le tendenze della modernità, senza però perdere la genuinità che contraddistingue questo mestiere. Il nuovo corso di Antonio Di Sieno e di Trippicella, peraltro già sintetizzato agli albori dal maestro Luciano Pignataro nel 2016, parte da quì. Essere proiettati nel futuro, non nascondendosi dietro ad una scrivania o ad una tastiera, ma essendo ancor più vicini alla clientela attraverso il contatto diretto con la stessa.
La modernità in questo settore ha comportato la notorietà di moltissime tipologie di carne che ben presto hanno incontrato il gusto degli italiani ed in particolar modo dei napoletani, meno integralisti e più propensi ad adattare il proprio gusto alle caratteristiche delle carni estere. Una su tutte la carne di Kobe. Il manzo deve essere nato, cresciuto, allevato e macellato nella prefettura di Hyogo. Deve pesare meno di 460 chilogrammi, deve avere un grado di marmorizzazione elevatissimo nonchè deve essere di razza Tajima. Sotto l’aspetto nutrizionale, i grassi, sebbene presenti in quantità notevoli, anche oltre il 20%, hanno una elevata componente di polinsaturi che non concorrono all’aumento del colesterolo. Insomma una panacea per chi desidera badare alla salute senza rinunciare a cibarsi di carne grassa. Avendone già parlato in un articolo in cui ne ho esposti tutti i segreti, non posso che confermare l’estrema qualità del Kobe degustato da Trippicella.
Particolare e ben eseguita la Tartare. Kobe K-3 a grana grossa, Fior Di Fuscella “La Donzelletta”, Olio Al Tartufo & Basilico In Foglie. Fragrante. Profumatissima. La nota del latticino bilancia ed equilibra la grassa rotondità Del Kobe. Il Tartufo dona quello sprint in più all’insieme. La temperatura deve essere controllata leggermente inferiore ai 15° altrimenti il grasso del Kobe a temperatura ambiente si scioglierebbe. Un elogio puro e semplice della materia prima.
In abbinamento quasi a tutto pasto Armand de Brignac Brut Gold. Champagne frutto di un assemblaggio saputo di Chardonnay, Pinot Nero & Pinot Meunier. Giallo brillante e cristallino con perlage molto fine. Sentori di frutta a polpa bianca, miele e crosta di pane. Morbido il sorso, complesso come l’olfattiva, caratterizzato da un’ottima lunghezza e da una elegante uscita dopo una media bocca lunga e persistente. Lo Champagne Armand de Brignac invecchia a 30 metri di profondità nelle cantine del castello Cattier. Non è solo una riuscita operazione di marketing, ma un vino caratterizzato da una sottile personalità e da un gusto pop.
Trippicella a Napoli. Divino il Kobe scottato. Servito in piccoli pezzi come la tradizione giapponese vuole. Rotondo nel morso, dal grasso nocciolato e burroso. Il pepe e il sale rosa dell’Himalaya sono ovvie componenti di completamento, ma quello che lo rende davvero lodevole è l’accostamento con la salsa di soia. Scontato? Tutt’altro. I due sapori sembrano fatti per essere complementari.
Buonissime le bistecche dal mondo. La Tomahawk di Black Angus & la T-Bone Steak di Black Angus USDA Prime sono un trionfo della brace Made in USA. Il gioco di presentazione è rappresentato quì dalla diversa forma del taglio e dell’osso. La prima è una Rib-Eye con osso ad ascia, la seconda è una Porterhouse, simile alla nostra fiorentina, che conserva l’osso a T che separa il filetto dal controfiletto.
Si ritorna in terra giapponese con la versione rivisitata 2017 del nigiri di Kobe. Antonio Di Sieno aveva già sconvolto il panorama gastronomico napoletano nel 2016 con il suo sushi di carne realizzato dalla compianta chef Noriko Ide. La versione rivisitata sa più di calore familiare. Meno sofismi. Un nigiri all’italiana. Pane croccante a far da base e lamella di Kobe. Funzionale l’accostamento con la guacamole, la senape e la composta artigianale di frutti rossi.
Sfizioso l’uovo strapazzato con cipolla caramellata e ciccioli di Kobe. Il grasso del Kurolem Wagyu viene fatto diventare croccante in padella e aggiunto alle uova. L’effetto nella consistenza è quello di mangiare una versione meno selvatica dell’agnello cacio e uova. Sapido, ma senza colpo ferire. Corroborante. Caldo. Un piatto familiare e contaminato allo stesso tempo. Una fusion invernale che non è frutto delle ricette cervellotiche di uno chef senza meta, ma di un macellaio che ha ben fisso un obiettivo: stupire attraverso la semplicità.
La T-Bone di Marchigiana è goduriosa. Non eccessivamente frollata e cotta a puntino. Cottura diretta. Il fuoco bacia direttamente la carne. Succosa e succulenta. No Vegani please.
Trippicella a Napoli. La boutique a Chiaia. Il Polo di distribuzione a Sant’Anastasia. Il progetto Trippicella vive questa sua fase 3.0 con consapevolezza e misura. Non è più il tempo della comunicazione eccessiva, bisogna ritornare vicini al cliente con nuova consapevolezza. Con la consapevolezza di chi tramanda il mestiere della propria famiglia dal 1930. Di chi ha accolto la modernità introducendola nel salotto buono di via Cavallerizza senza mai perdere di vista la propria origine fatta di onestà e lavoro. Di chi non ha paura ad accogliere le novità dal mondo, sofisticandole al meno possibile. Mai rubare la scena alla propria materia prima, ma sempre rispettarla e modularla sulla base di una tradizione familiare al passo con i tempi.
Macelleria Trippicella a Napoli
Via Cavallerizza 3b
Tel +39 081 1928 6499
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