Domenica scorsa ho trascorso un bellissimo pranzo domenicale al ristorante Sud a Quarto provando una cucina sulla quale punterei qualche cosa alla roulette con la certezza di vincere.
Così ho scritto una recensione di getto (conto pagato, lo sottolineo solo per chiudere almeno una delle dighe delle banalità) molto entusiasta su Marianna Vitale
Poi succede che precipito dentro TRipAdvisor che scorro con lo stesso spirito autolesionista con cui si possono guardare i programmi del pomeriggio televisivo italiano da una ventina d’anni a questa parte, quando ti imbatti nel trash assoluto e ti ci immergi perché sai che non ti appartiene, e scopro questo commento di un signore che è stato lo stesso giorno e che ha vissuto una esperienza opposta alla mia.
Ora questo non è un post di critica a Trip, ma di ammirazione di come questa formula riesca a fare emergere anche il peggio dell’analfabetismo gastronomico del momento.
Se ci fate caso, il signore si lamenta non della qualità, ma delle dimensioni di un aperitivo e di un piatto: “non è serio” scrive indignato e trova la triglia insapore solo perché non ha aggiunta di sale in quanto il piatto va completato con la colatura. E siccome ha il coraggio di scrivere, anche se sotto pseudonimo, queste sciocchezze (un aperitivo è un aperitivo e non un piatto, una triglia non è un dentice) trovo in queste critiche le ragioni della diffusione di aperitivi pranzi e di piatti abbondanti e pasticciati.
La critica di Andrea non si sofferma sul sapore, ma sulla quantità e sul costo. Non si chiede nulla della materia prima usata, non gli importa capire la qualità dell’olio, la manifattura, la freschezza del pesce, la creatività delle salsine. No, quello che conta davvero è che la roba è poca e costa troppo.
Insomma, la critica alla nouvelle cuisine, termine con il quale il 99 per cento degli italiani indica una cucina di piccole dimensioni e salsata alla francese, si aggancia al desiderata della fame ancestrale che, soprattutto al Sud, è ancora un parametro. “Abbondante” è ancora una nota di merito superiore a “buono” e “ben fatto”.
Nonostante la Campania sia la regione con più bimbi obesi d’Italia.
Ma noi sappiamo che è molto più facile cambiare la fisicità che le idee e soprattutto i luoghi comuni.
Il signor Andrea è espressione di una gastronomia ancestrale, forse anche del modo come ci vediamo e di come siamo visti ancora in Italia nonostante Massimo Bottura. E’ quella palude mentale priva di curiosità conservatriche che rischia di sganciare il nostro paese dalla modernità, dalla capacità di imporsi anche fuori.
E questa arretratezza, questa incapacità di comunicare, questa privazione di curiosità, questa ottusità gastrica ancestrale diventa talmente trash da affascinarmi sino al punto di non riuscire a distogliere lo sguardo da quel commento. Come quando si guarda un incidente stradale in continuazione in un sito.
Vien da chiedersi perché questo signore non trascorra il suo tempo in uno dei negozi di patatine olandesi che hanno aperto a Napoli, ma il mondo è bello perchè è vario e capisco, davvero, quando sia difficile il mestiere del ristoratore in questo momento. Sì, perché rispetto al passato esistevano solo due modelli di ristorazione pubblica, la trattoria di servizio e il ristorante per farsi vedere e festeggiare le occasioni importanti.
Oggi le tribù del cibo della società liquida sono infinite, diverse le classi sociali, le zone di provenienza, diverso l’approvvigionamento culturale (televisione, internet, famiglia, tradizione di territorio e forse scuola).
Ecco perché forse il vero segreto di un cuoco è decidere di non accontentare tutti, difendere la propria personalità e cucinare soprattutto per quelli che senti vicini alla tua cucina senza però scadere dell’onanismo.
In ogni caso questa diversità di opinione mi convince sempre più di una cosa. La linea di confine non è tra ricchi e poveri, ma tra chi ha consapevolezza del cibo che mangia e chi no.
C’è chi con un euro compra una frittatina di maccheroni e chi un pacchetto di patatine San Carlo.
Tutto qui.
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