TRECCA – Cucina di Mercato
Via Alessandro Severo, 224
Tel. 06 8865 0867
Aperto solo a cena, sabato anche a pranzo
Chiuso domenica
di Virginia Di Falco
Per raggiungere la trattoria dei fratelli Manuel e Nicolò Trecastelli bisogna affrontare la Cristoforo Colombo, che non è mai uno scherzo.
Un sabato a pranzo ci è andata invece piuttosto bene (anche col parcheggio) e così abbiamo fatto fronte molto meglio alla corposa cucina di questo locale partito quasi sei anni fa come proposta contemporanea di cucina di mercato.
Quinto quarto, soprattutto. Ricette ‘povere’ o, almeno, trasferite con questa etichetta sino ad oggi direttamente dalle cadenze del calendario romano della tradizione. In realtà qui trovate piatti ricchissimi: saporiti, golosi ma anche – come scritto in carta – per palati forti.
L’ambiente ridisegna l’idea delle trattorie di una volta, con arredi in legno scuro essenziali, quasi spartani, ma con una attenzione ai dettagli sia in sala che all’esterno, dove la cura si estende all’angolo di quartiere che si occupa. Facessero tutti così.
Servizio preparato e partecipe anche se un po’ in affanno con le comande nelle ore più affollate. Carta dei vini moderna e vivace, di quelle che ti diverti a scegliere anche perché presentata con passione e competenza. Cestino del pane degno di nota.
In cucina si lavora con mano salda e sicura. Asciutta e croccante la panatura delle polpette; sfiziose sia le melanzane che le lenticchie servite come antipasto; appagante, per gli amanti delle frattaglie, l’insalata di coppa di testa.
Grande soddisfazione (ma è una conferma) sui primi piatti. Solo i cannelloni sono un po’ troppo asciutti, ma il ripieno di ragù di pecora è portentoso e intenso: la veracità che ti aspetti, che esigi di trovare in posti come questo.
Altrettanto soddisfacente la carbonara, ma la (ormai celebre) amatriciana dei fratelli Trecatstelli resta al primo posto: bucatini al dente, salsa corposa e grassa il giusto, gusto avvolgente e pieno, guanciale trattato alla perfezione e pecorino al suo posto.
L’agnello, infine, è tra i più buoni mangiati di recente. Forse perché la cifra era quella, più generale, della cucina: prodotti di ottima qualità su piatti ben presentati, ai quali si lascia tirar fuori la giusta rusticità, se così possiamo dire.
Lasciate uno spazio al boccone finale dolce, se potete.
Conto sui 45 euro, ovviamente vino escluso.
Qui di seguito la scheda del 7 giugno 2021
di Raffaele Mosca
Finalmente da Trecca – Cucina di Mercato, la trattoria più pop della capitale. Quello dei fratelli Manuel e Niccolò Trecastelli è un fenomeno social (e non solo) deflagrato poco prima della pandemia e sopravvissuto grazie a una serie di trovate geniali per l’asporto come il pastrami di lingua e l’hamburger di pannicolo. La forza di Trecca risiede nella capacità d’interpretare in chiave moderna la cucina romanesca più verace utilizzando una materia prima eccellente – da stellato più che da osteria – che nobilita anche le pietanze più povere.
E pensare che, fino a quattro anni fa, in quest’angolo del quartiere San Paolo, a due passi da viale Cristoforo Colombo, c’era un bistrot che serviva pasti veloci per impiegati. La rivoluzione del “magnoforte” – motto azzeccatissimo con il quale i Treccastelli Bros hanno fatto breccia nel cuore dei gourmet stanchi della solita solfa – è avvenuta progressivamente: prima con l’introduzione di una proposta più sostanziosa per la sola cena e poi con un cambio di format radicale che, alla luce degli sviluppi successivi, si è rivelato salvifico.
Iniziamo in pompa magna con un entreè che vale da solo la deviazione dai tracciati più battuti : uno strepitoso supplì ripieno di coratella d’agnello. Manuel, che si occupa della cucina, mentre Niccolò gestisce la sala e la comunicazione, ha da poco deciso di reintrodurre in carta un classico della tradizione romana che purtroppo viene relegato il più delle volte al ruolo di street food o di apripista per la pizza. Il riso utilizzato è il Carnaroli Riserva San Massimo acquistato da Orme – Valori Agricoli Ritrovati, piccola (e promettente) distribuzione che rifornisce anche alcuni stellati romani; il risultato è veramente lodevole: la frittura è perfetta e il prezzemolo smorza i ritorni intensi della frattaglia, creando un binomio che convince anche chi (come il sottoscritto) ha un rapporto difficile con le interiora.
Proseguiamo con un excursus “vegeteriano” che anticipa i primi. Manuel riesce dire la sua anche sul fronte della cucina vegetale: il cipollotto giarratano gratinato al forno è una ventata di freschezza mediterranea e le marignane (melanzane) marinate riescono a farsi apprezzare per ricchezza di sapori nonostante il ritorno dell’aglio sia a tratti sovrabbondante.
Venire qui e non assaggiare carbonara e amatriciana è un sacrilegio, perché da questi due classici è partita la rivoluzione del “#magnoforte”. Personalmente avrei preferito una cottura leggermente più al dente delle paste e un guanciale tagliato appena più spesso, ma, in fin dei conti, si tratta di versioni ampiamente sopra la media, soprattutto in termini di equilibrio e leggerezza. A spiccare, però, è la pappardella con la pecora della fattoria Faraoni di Sutri (VT): la carne ricorda per consistenza un ragù napoletano e l’equilibrio tra dolcezza, acidità ben dosata del pomodoro e nota selvatica tipica dell’animale è da applausi. Per trovare un primo a base di carne ovina migliore di questo bisogna inerpicarsi sull’Appennino.
Anche se i secondi avessero fatto flop, l’esperienza sarebbe stata comunque discreta e, invece, l’involtino di pannicolo spicca per morbidezza e bilanciamento tra sapori molto intensi e il saltimbocca alla romana è uno dei migliori che abbia mai assaggiato. La fettina cotta nel burro si taglierebbe con un grissino e il prosciutto croccante rende il boccone più godereccio.
Chiusura con una fetta di torta casereccia, golosa nella sua semplicità. Mi era stato consigliato il tiramisù, ma da Trecca la cucina è veramente “di mercato” e tutto varia in base all’estro dello chef e alla disponibilità della materia prima.
Sul fronte del vino, si è deciso di puntare quasi tutto sul naturale, con una selezione oculata di etichette “senza filtri” che, però, riescono a soddisfare anche da chi non ama il genere. La Cuvee du Chat (da Gamay in purezza) ha fatto il suo dovere su antipasti e primi, ma il matrimonio d’amore è stato quello tra l’involtino e lo straordinario Montepulciano d’Abruzzo di Bossanova: un vino che rispecchia il calore e la generosità dell’autoctono abruzzese senza, però, eccedere in concentrazione.
Tirando le somme, non è difficile capire perché Trecca sia al momento tra i locali più quotati – e prenotati – dell’Urbe: l’ambiente è piccolino, ma caratteristico e accogliente, il dehors perfetto per le sere d’estate; il servizio è svelto e cordiale e il conto in linea con l’offerta culinaria notevole. Il grande clamore pare sia scaturito dalle recensioni entusiaste delle paste e, invece, penso che il punto di forza siano le carni – anche queste fornite in larga parte da Orme – ma, ovviamente, è una questione di prospettive e ciò che conta è che in questo posto si sta veramente bene: forse meglio di quanto io, che diffido delle bolle mediatiche, avrei mai potuto immaginare.
Trecca – Cucina di Mercato
Via Alessandro Severo, 224
00145 Roma
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