VALENTINI
Uva: trebbiano
Fermentazione e maturazione: legno grande
Questo vino non ha bisogno di grandi presentazioni per chi è esperto di vino. Ai non addetti ai lavori, ma curiosi, diremo semplicemente che è una leggenda come poche altre bottiglie italiane possono vantarsi di essere.
Questa capacità di trasfigurarsi in qualcosa di impalpabile, inarrivabile, ha segnato tutta la vita di Edoardo, personaggio sempre rispettato ma non altrettanto amato perché venuto fuori in un momento in cui lo star system esigeva rituali a cui lui non aveva molta voglia di adeguarsi.
Ma al di là degli aspetti caratteriale, quello che lo rende immortale è stato il suo approccio complessivo alla viticoltura: la sua grande capaictà di rispettare i tempi del vino, aspettare che fosse pronto a prescindere da qualsiasi esigenza commerciale. Ed è questo che gli ha consentito di staccarsi dal gruppo, in volata o salita fate voi.
In effetti il vino è un prodotto assolutamente artigianale e, a seguire le annate, non può certo avere gli stessi tempi di maturazione se si vuole coglierlo al meglio. Questo spezzare il ritmo annuale, spesso Edoardo usciva prima con annate più vecchie e poi con l’ultima prodotta, ha creato dunque quella necessaria aspetattiva da parte degli appassionati che sapevano di potersi fidare.
Ed è così dunque che un bianco poco nobile, aromaticamente poco significativo, come il Trebbiamo è riuscito ad entrare nel Gotha dei grandi vini italiani. Un successo, dunque, confermato dagli anni, anche adesso che, come in questa occasione, si bevono le annate dopo la scomparsa del grande Edoardo.
La 1996 è stata bevuta nel migliore dei modi possibili, con Maestro Paolini, Fra Turchetti, Alessandro Bocchetti, il Maffi, il mandarino De Viti e altri personaggi ben noti a questo ufficio:-)
La situazione di benessere è stata la precondizione per berlo bene e rilassato, al termine di una maialata doc organizzata a Villa Maiella dove ci siamo ciaciati senza altro scopo che stare insieme.
Il vino è apparso subito in forma, annunciata dal colore, un giallo paglierino appena carico, naso intenso e persistente di spezie dolci, resina, pera sciroppata. Nei primi minuti domina il sentore di tostato che, mi spiegano gli amici, non dipende tanto dal legno (veniva usato quello grande, anzi grandissimo) ma è una caratteristica del trebbiano quando viene coltivato con attenzione. Un naso molto mutevole comunque, nel bene come nel male: per un secondo ho anche avvertito la sensazione di straccio bagnato poi immediatamente riassorbita.
In bocca l’ingresso è segnato dall’acidità che tiene in piedi tutto il bicchiere, che ha il limite oggettivo di essere magro e si fermarsi dunque a tre quarti di lingua senza riuscire ad occupare tutto il palato. Insomma ad un certo punto scompare, restrebbero le note dolci se non ci fosse l’acidità a risolvere brillantemente il tutto. Compreso il finale è che comunque lungo.
La vigna è allevata a pergola abruzzese con una densità variabile tra i 1200 e i 1400 ceppi per ettaro che potata corta per avere un maggiore controllo dell’acidità e, in generale, della buona maturazione delle uve. Il marker aziendale è dato dal fatto che il clone coltivato è ormai ambientato in questo terreno da almeno cento anni.
Un vino da meditazione, bianco di 14 anni che mai si pensava fosse possibile bere dopo così tanto tempo e che dimostra ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, del potenziale delle zone fredde italiane che potrebbero benissimo esprimere vini da favola se i produttori appena appena ci credessero un po’.
Un vino di grande personalità, insomma, indimenticabile con tutti i Trebbiano di Edoardo la cui leggenda continua per fortuna grazie all’impegno del figlio Francesco.
Sede a Loreto Aprutino, Via del Baio,2. Tel. 085. 8291138. Ettari: 64. Enologo: Francesco Valentini. Vitigni: trebbiano e montepulciano d’Abruzzo.