Tre Olivi a Paestum di Oliver Glowig
Savoy Beach Hotel
Via Poseidonia, 41
Aperto dal mercoledi sera a domenica a pranzo
Chiuso da domenica sera a mercoledì a pranzo.
In estate aperto domenica sera e chiuso a pranzo
Prodotto, prodotto, prodotto. Territorio, territorio e territorio. Cliente, cliente e cliente. La formula magica del successo gastronomico è da sempre il mantra di Oliver Glowig, cuoco tedesco che ha trascorso gran parte della sua sfolgorante carriera in Italia. A chi avesse dubbi sulla volontà ferrea di Salvatore Pagano, patròn del Savoy Hotel a Paestum dove c’è il Tre Olivi, basterebbe la notizia dell’arrivo di Oliver per toglierseli. Per i clienti dell’albergo una buona notizia: da vero executive professionista, Oliver curerà i dettagli del bistrot con i piatti tradizionali e del Beach 93, lo stabilimento balneare dell’albergo dotato di tutti i comfort. Insomma, un vero e proprio hub gastronomico, una sfida nella quale lo chef non potrà che divertirsi potendo contare su un mare pescoso e con un food cost che è almeno di un terzo rispetto ai prezzi di Napoli, Roma e Milano, l’orto biologico dell’azienda di famiglia San Salvatore con la mozzarella e la ricotta di bufala (entrambe certificate biologiche), i prodotti tipici della ricca e opulenta Piana del Sele e quelli di nicchia del Parco del Cilento. Insomma, en plein di pesce, carne, orto.
Dalla nostra ultima visita registriamo una delle Spa più belle del Centro Sud, le stanze rifatte, gli ampi saloni dell’albergo rivisitati e resi armoniosi e accoglienti. Lo stesso Tre Olivi è più bello di sempre, con una sala da dieci posti con cucina a parte, l’esterno ristrutturato per le cene estive, il bar per i cocktail e ovviamente la straordinaria cantina che oltre ai vini dell’azienda ha una quadro molto ampio di Campania, Italia, Francia e puntate in Usa, Austria e Nuova Zelanda. L’impegno è difendere le due stelle con l’ambizione, se possibile, di andare ancora più avanti visto che ormai i lavori che hanno rivoltato l’hotel sono in dirittura d’arrivo.
La cucina di Oliver è delicata, essenziale, elegante, poco raccontata. I piatti esprimono equilibrio, non si rincorre la moda dell’acido e dell’amaro a tutti i costi, ma ciascun progetto segue il suo percorso ideale. Bella l’idea di portare in purezza la ricotta e l’olio d’oliva aziendale insieme al pane, la materia prima di mare è davvero irraggiungibile, i crostacei sono di una freschezza assoluta, il piatto con il dentice una genialata. Due i menu, quello di piatti storici dello chef (tra cui le immancabili eliche cacio, pepe e ricci di mare che abbiamo preso) e poi quello di Paestum, entrambi a 160. C’è la possibilità di scegliere alla carta tre piatti e un dolce a 110 euro. Prezzi davvero modici per un bistellato.
La cucina di Oliver è Mediterranea contemporanea, non vive di suggestioni giapponesi, concentrata sulla stagionalità, esprime una tecnica di altissimo livello e un culto della materia prima maniacale. Da incorniciare il capretto e l’estrazione dell’acqua di cipolla per i bottoni di pasta.
Rispetto per l’ambiente e per la salute: ci si alza da tavola leggeri e si dorme magnificamente come raramente ci capita dopo una cena con tutte queste portate. Il segreto è nei dolci, qua il passo in avanti è netto, come pure l’aggiornamento: mi hanno ricordato i dolci non dolci di Aurora Storari a Emicycle a Parigi, il ristorante che ha appena conquistato la stella nell’ultima edizione di Michelin Francia.
Il divertimento è appena iniziato.
La sala in fase di rodaggio, in cantina c’è Roberto Adduono, sommelier di lungo corso e di lunga esperienza negli stellati. Un suggerimento? Divise meno formali (magari una sahariana): i gastrofighetti godono di liturgie silenti e onaniste, i clienti e gli appassionati cercano relax ed empatia.
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