Trattoria Di Pietro a Melito Irpino, grande e irrinunciabile locale di tradizione

Antica Trattoria Di Pietro

di Rocco Catalano

Maritarsi d’amore e di minestre.

In cucina, dice Teresa, si deve parlare con il cibo. Non solo con le mani o con gli strumenti ma con il cuore. “Ci vuole pazienza, amore, cura. È merito delle nostre nonne se oggi conserviamo piatti che hanno un’identità, una storia. Loro avevano poco, ma ci aggiungevano sentimento — che da queste parti è una parola che vuol dire pensiero e amore – . Ed è per questo che anche le cose più semplici sapevano buone”.

Parla con la saggezza di chi ha imparato a cucinare non sui libri, ma dal tempo. Lo fa mentre mi mostra il vecchio forno e la pignatta in terracotta dove ha preparato la minestra maritata. “È un piatto povero, ma per farlo bene ci vuole sacrificio e mestiere”, spiega. Saper bilanciare le verdure con i resti di carne, richiede occhio, mano e rispetto. In ogni famiglia c’era una ricetta diversa, un piccolo segreto da custodire, per questo come per altri piatti simbolo della tradizione popolare.

“Oggi, invece, i giovani hanno fretta, pensano ad altro mentre lavorano, così finisce che i piatti sono senz’anima, non portano emozione, certe volte non sanno proprio di niente. Rilancia.

Io ancora la sento la differenza del sugo che prepariamo a fuoco lento sulla brace nella pentola di terracotta e quello che cucino nella pentola di acciaio sul gas”, dice, mentre con occhio attento e severo guarda Anita, la figlia, come tira la sfoglia per i ravioli per la sera. La Sfoglia è impastata con farina di semola e uova, il ripieno con ricotta vaccina e formaggio locale, prezzemolo e noce moscata.

In sala ci sta Crescenzo (marito e padre), Enzo per tutti. Oste serio, capace di dar sostanza al servizio, che sa consigliare e descrivere col sorriso che ti mette di buon umore e la passione di chi questo mestiere lo fa per vocazione, le pietanze del giorno da assaggiare.

La minestra maritata arriva in tavola calda e fumante, con il suo profumo che sembra raccontare la storia di questa terra. Oggi è difficile trovarla nei ristoranti e sono felice di poterla finalmente assaporare, un piatto che trovo buonissimo e che perfettamente esprime le riflessioni sulla cucina appena fatte.

Assaggio e penso che Teresa ha ragione: il cibo parla, eccome. E il suo racconta di un’Irpinia che ha memoria lunga, capace di sopravvivere a tutto, persino ai terremoti che hanno sgretolato le case, ma non le radici.

L’insegna di questo desco recita: “Antica Trattoria Di Pietro dal 1934”. Qui il tempo si misura in primavere e in piatti cucinati con costanza, come una liturgia che si ripete. La sala è calda, accogliente, con le pareti decorate da vecchie fotografie e strumenti che raccontano mestieri antichi. È un luogo dove il passato non è polvere, ma una storia ancora viva.

Comincia il viaggio a tavola. Salumi eccellenti, pizza focaccia, zucca in agrodolce, cicatielli con i broccoli, e poi uno spezzatino con l’uovo che grida vendetta. Il coniglio alla cacciatora cotto a fuoco lento, una goduria che manco ve lo sto a dire.

Per concludere con dolcezza, il croccante di nocciole e mandorle, così buono che ci ritorneresti apposta, la panna cotta fatta come si deve e come poche se ne trovano, hanno lasciato il sapore dell’essenza di un posto semplice, indimenticabile, vero.

La selezione dei vini è ampia ed interessante, ma ad accompagnare il fiero pasto si è bevuti i vini della Cantina Di Pietro, in questo caso di Pasquale, che dal 2019 inizia la sua piccola produzione dalle vigne impiantate nella zona di Bonito, a circa 320/350 metri sul livello del mare.

Grazie a lui e ai suoi vini, assaggiati e subito apprezzati in occasione della manifestazione “Evoluzione Naturale” a Grottaglie, che conosco anche la Trattoria.

Le tre etichette degustate:

Meno un Quarto (Coda di Volpe) vinificato a tino aperto, con i propri lieviti, forse il vitigno che più racconta questa parte di territorio;

Fuorisquadro (Aglianico Igt) esprime un altro modo di interpretarel ‘Aglianico, più immediato, fresco;

Quasi Ottobre (Aglianico Igt), invece ha più struttura, un tannino elegante, sorso pieno e una bevuta snella.

Le bottiglie e le foto di e con Bartolo Mascarello, La collezione di grappe Romano Levi con le etichette dedicate ad Enzo sono museo, memoria e amore.

Note quasi a Margine:

Ciò che spinge la mia ricerca e i miei racconti è il desiderio di esperienze che restano impresse nella memoria, come un viaggio che non finisce mai, di cucine che conservano ancora il cuore popolare e disegnano nel piatto l’autenticità, la ricchezza di un patrimonio gastronomico sincero e radicato, come accade, ormai o per fortuna, solamente nelle rotte meno sfruttate dall’iconografia dei “selfiesti”.

L’Antica Trattoria Di Pietro è un luogo che va oltre il cibo: è una celebrazione della lentezza, del piacere dello stare a tavola e della scoperta di una cucina che è cultura e identità. È il posto dove fermarsi non è un caso, ma una scelta voluta per assaporare non solo un pasto, ma un pezzo di storia irpina assieme ad una famiglia che celebra la tavola come atto d’amore.

I Massive Attack hanno ispirato questo viaggio e con Hymn Of The Big Wheel  come sempre vi auguro Prosit e Serenità.

WineRock – Rocco Catalano

 

Antica Trattoria DI Pietro dal 1934

Indirizzo: Corso Italia, 8, 83030 Melito Irpino AV

Telefono: 0825 472010

 

REPORT DEL 9 MAGGIO 2019

di Marco Contursi

Trattoria Di Pietro a Melito Irpina. Quando sei a dieta stretta e senti la necessità fisiologica di interromperla per un giorno, è come quando hai un leone inferocito davanti e un solo proiettile nel fucile: Non puoi sbagliare l’obiettivo.

E il fatto che, recentemente, un Angelo meraviglioso ha deciso di volare via, lontano da chi (forse troppo romantico, o solo stupido) , pensava bastasse l’Amore, per essere felici per sempre, (chi mi segue nei miei scritti su questo blog, può capire……sennò può andare a leggere qui:  peggiora le mie pene da astinenza di zuccheri e grassi, non potendo ricorrere alle gioie del palato per lenire i dolori del cuore.

Te lo dissi io che era meglio essere come Davy Jones….

Ma oggi sforziamoci di non pensare (a lei, alla dieta, al mondo..) e godiamoci un pranzo antico e dal valore assoluto.

Alta Irpina, terra di greggi e di olio ravece. Melito irpino, neanche 2000 abitanti ma ci sono Enzo Di Pietro e la sua trattoria.

Da sempre. Oste vero. Cucina vera. “Non per frou frou” , direbbe un altro irpino famoso.

Enzo conosce vita, morte e miracoli di ogni cosa che vi porta in tavola. Qui il km 0 è la norma, da prima che qualcuno iniziasse a teorizzarlo. I tempi sono cambiati e semmai non troverete più i Nomadi a mangiare il pancotto (ma ci sono le loro dediche alle pareti) o le verticali di barolo di Bartolo Mascarello le cui etichette fanno bella mostra, incorniciate.

Ma le mille e passa bottiglie di grappa, quelle ci sono sempre. E ci sono tanti vini irpini, tra cui un Taurasi 2010 di Boccella che si rivelerà compagno ideale del pasto e delle chiacchiere fra amici (Yuri e Carmine, discrete forchette, dopo il primo piatto hanno issato bandiera bianca, sono ancora ragazzi..).

In cucina Teresa la moglie di Enzo, mano felice ai fornelli e memoria storica delle tradizioni culinarie locali.

Focaccina al rosmarino per iniziare, da accompagnare a un assaggio di  salumi locali e ad una sfiziosa provoletta affumicata, a cui seguono alcune verdure, delle torte rustiche molto buone, tra cui una di broccoli, buonissima e una superba minestra maritata. Gustosa ma leggera, esecuzione magistrale.

Il Taurasi scende veloce e la bottiglia finisce e non siamo neanche al primo.

Qui si viene per i cicatielli con il pulejo e i pomodorini locali. Il cicatiello è simile a uno gnocchetto, fatto a mano, il pulejo è una mentuccia selvatica, meno forte di quella romana ma ugualmente profumata. Piatto del viaggio. Irrinunciabile.

Se avete spazio potete provare i ravioli col tartufo, che Enzo grattugia copiosamente al tavolo.

Un assaggio di agnello (poco gustoso, troppo piccolo…) e di dolci (torta alle nocciole e crema e amarene) chiudono un pasto felice.

Per me un goccio di amaro Jefferson, rosmarino e bergamotto a profumare la bocca. Enzo ha finito il servizio, si siede a tavola e beve un goccio di grappa con noi. E racconta…racconta….racconta. Tutto il pranzo è stato scandito dai suoi racconti e dai piatti di Teresa. Me ne vado contento, due ore liete, piene di passione e sapori autentici.

E prima di entrare in auto, lancio un ultimo sguardo tra le nubi, forse cerco il mio angelo, ma vedo solo nembi minacciosi che lentamente iniziano a ricoprire la Valle dell’Ufita. Domani si prevede pioggia e con essa l’ultimo refolo d’inverno…….nel mio cuore, una coltre gelata che neanche la minestra maritata di Enzo è riuscita a sciogliere:

“Venni io, a prenderti tra le volte del cielo

Le ali chiuse, troppo grande il dolore

Del nostro fiore, oggi, hai reciso lo stelo

Bastava crederci e vinceva l’Amore”.

p.s. Prezzo medio 30-35 euro ma l’esperienza, tra piatti e racconti, vale molto di più. Per i giovani osti, venire qui , è andare a scuola. Per i clienti, fare un salto in un tempo lontano in cui far da mangiare e portarlo alle persone, era una cosa seria, e soprattutto il pane quotidiano si guadagnava, conquistando il cliente a tavola, e non sui social.

Trattoria Di Pietro a Melito Irpino
Corso Italia 8
tel 0825 472010


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