di Marco Galetti
Trattoria da Pino a Milano, nero su bianco
Dai completi da uomo fumo di Londra che si muovono rapidi con elegante energia, sembrano uscire mezze parole, generate, come in un fumetto, da nuvole di fumo, Milano cede folate umide agli uomini d’affari che incedono sicuri e scuri in volto, in quella zona d’elite idealmente compresa tra le vie e le piazze, i cui nomi sono conosciuti ovunque, sembra non esserci posto per alcun ceto se non quello altissimo, Piazza della Scala, Montenapoleone, Brera, Largo Augusto e San Babila consentono il passaggio ma non l’assaggio, nemmeno quello visivo, al di là delle facciate dei palazzi e dei cancelli che sigillano la bellezza agli sguardi, ci sono case, giardini, giardini pensili, pensili di incommensurabile valore, attici, box interrati, palestre private, piscine sui tetti, qui il costo al metro quadro è vicino a quello di un quadro di valore o di un monolocale in periferia, ma anche il denaro potrebbe non essere sufficiente per entrare a far parte della creme de la creme.
Dalle sartorie alla moda ma non modaiole protette all’interno dei cortili non arrivano suoni né segni di vita, si intravedono artigiani di nicchia prima che grossi portoni si chiudano sugli sguardi dei curiosi, sembrano senza vita le piccole strade che attraversano senza disturbare il cuore di Milano così centrale eppure extraterritoriale; silenziose viuzze, dominate da palazzi imponenti e giardini inaccessibili, lasciandosi calpestare si lasciano scivolare addosso secoli di passi frettolosi e freddolosi.
Eppure, dietro questa immobilità apparente, c’è moto perpetuo: moto, furgoni, bici, taxi, auto, cavalli motore, cavalli e pedoni, appena le strade si allargano, scaricano gas e si caricano di pacchi inversamente proporzionali alla misura del mezzo di trasporto e supporto, alfieri senza stendardi, regine e reginette, impiegati e operai, studiosi medievali e manovali quotidianamente consumano qui le loro ore e i loro pasti e se alla fine del Duecento, secondo il poeta milanese Bonvesin de la Riva, erano oltre mille le taverne e le osterie che davano da bere e da mangiare ai lavoratori di questa città che sta perdendo i suoi connotati lombardi e i suoi luoghi per assumere improbabili tratti somatici , oggi che la fame è quotidiana come allora, cosa resta oltre l’amaro per riempire pancia e bocca… fortunatamente, anche se i prezzi sono davvero alti, qualche storica trattoria milanese e qualche pizzeria, per il resto e per stare al caldo il pasto te lo riscaldo, piatti precucinati, piatti preesistenti ed inesistenti da mettere sotto i denti, panini preriscaldati, prefarciti, primi precotti, caffè preallungati, cornetti precongelati, corna preventivate, risotti presigillati, piadine preimbottite e termosaldate, insalate prelavate, prelevate e preincellofanate, è un mondo difficile… sopravvive la Trattoria da Pino, storica bottiglieria dal 1968 a dar da mangiare a chi lavora, anche qui, necessariamente, cucinano “prima” ma, seppur con tutti i suoi limiti, questo è un luogo Panda, dove se arrivi prima del gong, come ho fatto io, ti offrono una sedia, un giornale, un sorriso e due parole di benvenuto, poi ti fanno accomodare e ti fanno scegliere il tavolo (da una cert’ora in poi, non c’è nemmeno il tavolo e la coda è inevitabile) sono piatti semplici, per persone semplici che dopo mezza giornata di lavoro hanno bisogno di mettere le gambe sotto il tavolo e rifocillarsi, sono preparazioni casalinghe ma non disperate, tutt’altro.
La Trattoria apre solo a pranzo da Lunedì a Sabato, è riferimento per quei lavoratori che, a mezzogiorno di cuoco, non potendo tornare nelle loro case di periferia per mangiare, vogliono trovare un’alternativa al panino ingiusto senza spendere molto, poterlo fare comodamente seduti in via Cerva non ha prezzo, o comunque, il prezzo è giusto, AUGH.
Trattoria da Pino, dal 1968, ingresso, con la carta delle vivande correttamente esposta
Trattoria da Pino a Milano, la sala da pranzo in rosso…
…e in bianco, o al pomodoro, o al ragù, una pastasciutta per chi lavora qui non manca mai, così come qualche scelta in bianco o rosso anche a calice
Trattoria da Pino, uno dei tavolini della zona bar all’ingresso, una scala a chiocciola conduce ai servizi igienici, immacolati, funzionali, numerosi ed inaspettati, una rarità, meditiamo… spesso sorvolo sul pit stop al volo, forse non dovrei
Trattoria da Pino, mezzogiorno meno uno, i tavoli ancora vuoti in attesa dei lavoratori
Trattoria da Pino, uno scorcio del locale
Trattoria da Pino, la carta delle vivande
Trattoria da Pino, la vista sul cortile interno di via Cerva
Trattoria da Pino, un assaggio di bollito con mostarda
Trattoria da Pino, il mio piatto unico, risotto alla parmigiana con pollo in casseruola, il risotto, indubbiamente, è stato portato quasi a cottura un po’ prima di mezzogiorno eppure, complice l’utilizzo del brodo del bollito, il risultato è più che accettabile, diciamo un valore limite del range ottimale, il pollo, morbido e succulento, ci stava bene e sono stato bene anch’io, molto, ma molto meglio, a parità di prezzo, che in uno di quei bar del centro dove ci si può solo specchiare e spintonare tra allodole.
Trattoria da Pino a Milano
Via Cerva 14
02 76000532
Aperto sempre, solo a pranzo.
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